Friedman (Gam): “Ancora interessati ad acquisizioni, ma senza fretta”

Siamo interessati a fare eventuali acquisizioni, ma solo se c’è l’opportunità di comprare un player più piccolo. E’ questa, in sintesi, la posizione espressa da Alexander S. Friedman (nella foto), ceo di Gam, gruppo di asset management con sede a Zurigo e presente da tempo in Italia. Intervenuto in una conferenza stampa a Milano, Friedman ha parlato anche degli assetti dell’industria europea del risparmio gestito. “Con l’arrivo di nuove normative e regolamenti è aumentato certamente il livello dei costi”, ha detto il manager, prevedendo che il ciclo di fusioni e acquisizioni degli ultimi anni non si arresterà, per il bisogno che molti player hanno di raggiungere dimensioni maggiori e realizzare economie di scala.

Tuttavia, Friedman ha rilevato che le aggregazioni che funzionano meglio sono quelle in cui gruppi più piccoli sono entrati nell’orbita di società più grandi, mentre le fusioni tra pari (come quelle tra Standard Life e Aberdeen o quella Tra Janus Capital ed Henderson Global Investors) hanno avuto un po’ di difficoltà a portare risultati nell’immediato. Tuttavia, pur essendo importanti le economie di scala, secondo il n. 1 di Gam “il raggiungimento di grandi dimensioni societarie non porta necessariamente benefici ai gruppi dell’asset management, né ai loro clienti”. Sul mercato, insomma, potranno sopravvivere player di medie dimensioni purché ben posizionati e con un giusto modello di business.

Friedman è giunto ieria Milano per presentare assieme a Riccardo Cervelli,  country head per l’Italia, di Gam i risultati di un sondaggio sul sentiment degli investitori professionali del nostro Paese nei confronti della gestione attiva rispetto a quella passiva. Il sondaggio è stato condotto per conto di Gam Investments dalla Finer fondata da Nicola Ronchetti, think tank specializzato nelle ricerche di mercato in ambito finanziario.

L’83% degli investitori professionali italiani, secondo il sondaggio, mostra una netta preferenza per le strategie attive pure o a predominanza attiva. Più in dettaglio la capacità di gestione del rischio e di protezione del portafoglio dei prodotti a gestione attiva sono considerate tra gli elementi di maggior valore per il 59% degli intervistati. Con questi presupposti, la maggioranza vuole continuare ad investire su prodotti attivi per la propria asset allocation (55%), mentre il 18% degli intervistati dichiara di essere intenzionata ad investire di più in prodotti attivi negli anni a venire.
I partecipanti al sondaggio concordano per il 57% nell’indicare le strategie attive come la giusta scelta di investimento particolarmente durante i periodi di volatilità del mercato, mentre il 29% afferma di preferire le strategie attive non direzionali indipendentemente dal contesto di mercato. Al verificarsi poi di uno scenario di crisi, il 69% investirebbe esclusivamente in strategie attive o a predominanza attiva.

“Solo l’investimento attivo permette una decorrelazione dai trend del mercato ed una gestione del rischio efficaci”, ha commentato Friedman, aggiungendo che, “dopo molti anni di costante crescita dei mercati, la volatilità è tornata, creando le migliori condizioni per la sovraperformance dei gestori attivi. L’investimento attivo fa parte del dna di GAM e, secondo i dati a marzo 2018, l’82% degli asset dei nostri fondi di investimento batte il benchmark a tre anni”.
“Stiamo riscontrando grande interesse da parte degli investitori per le soluzioni in grado di offrire nuove fonti di rendimento, decorrelate dai mercati tradizionali. Definiamo questi prodotti come i “New Actives”, ha aggiunto il n.1 di Gam. Si tratta di strategie che offrono canali alternativi di rendimento, come ad esempio i titoli insurance-linked o gli mbs (mortgage-backed securities), oppure di strategie azionarie attive che battono frequentemente i benchmark e di strategie quantitative sofisticate e diversificate”.

Cervellin, ha aggiunto: “I tempi stanno cambiando per gli investitori a livello globale. I mercati ora sono significativamente più volatili, e gli esperti di Gam vedono un potenziale ridotto per i tradizionali portafogli azionari e obbligazionari. È quindi un segnale molto incoraggiante che gli investitori italiani mostrino una chiara preferenza per le strategie attive”.

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