J.P. Morgan Am: affidarsi ai professionisti per navigare i mercati a fine ciclo

In un contesto economico complesso, che si situa nelle fasi finali del ciclo e vede l’azione di numerose variabili, gli investitori hanno bisogno, ora più che mai, di affidarsi a professionisti. È una delle evidenze emerse nel corso dell’intervento di Massimo Greco, head of Europe Fund Business di J.P.Morgan Asset Management, nell’ambito dell’International Media Tour in corso a Londra. Dalla 2018 Income Barometer Survey è emerso infatti che l’approccio agli investimenti dei cittadini europei  è ancora molto limitato, con un’ampia diffusione del cash, nonostante i tassi siano ai minimi storici: l’87% degli italiani non possiede alcun prodotto di investimento, una percentuale solo lievemente più alta di quella di altri Paesi europei (82% in Uk,79% in Germania, 75% in Spagna). Questo essenzialmente perché manca l’educazione finanziaria: il 23% del campione, infatti, non comprende gli investimenti; il 22% ha paura delle fluttuazioni del mercato, il 17% non sa spiegare il perché della sua scelta e l’11% ammette di sentire la mancanza di una consulenza adeguata. “Non raccomandiamo ai singoli investitori di tentare di leggere l’andamento dei mercati, perché si tratterebbe di una modalità davvero inefficiente di investire”, ha sottolineato Greco. “Gli investitori hanno bisogno di un advice professionale e gli asset manager devono cercare di scegliere la migliore asset allocation possibile, per ottenere le migliori performance”. Per Greco “siamo nella fase finale del ciclo economico, e bisogna prepararsi all’eventualità di una correzione puntando su asset class più resilienti”.

USA ANCORA ALLA GUIDA – La fase finale del ciclo è stata anche al centro dell’intervento di John Bilton, head of multi asset solutions di J.P.Morgan Am. “Il contesto è estremamente complesso, l’attuale ciclo economico e di mercato è decisamente maturo e l’espansione nel mercato azionario sta continuando da molto tempo. Tuttavia, la crescita è ancora al di sopra del trend, nonostante alcune previsioni molto fosche. Non crediamo che la fine di questo ciclo sia imminente”. Per il gestore “le probabilità che si verifichi una recessione nei prossimi 12 mesi al momento sono di circa il 20%”. Le fasi recessive, ha spiegato Bilton, “di solito vengono causate da cambiamenti improvvisi negli indicatori economici ad alta frequenza. E quando la politica monetaria diventa più restrittiva, il sistema è meno capace di assorbire gli shock. Attualmente – ha proseguito il gestore  – la tendenza è verso una stretta, anche se la politica rimane in ogni caso piuttosto accomodante, anche negli Usa. L’attuale ciclo di rialzi della Fed, infatti, è il più lungo e il meno veloce (come ritmo di aumenti, ndr) che abbiamo mai visto”. Per questi motivi, nei prossimi mesi continueremo a vedere gli Stati Uniti che guidano la crescita globale. Sul fronte delle banche centrali, per Bilton la Fed dovrebbe adottare una posizione neutrale almeno fino alla metà del 2019, mentre la Bce potrebbe diventare più “hawkish” già entro la fine di quest’anno. Per quanto riguarda i bond, l’orientamento è di un sovrappeso sui Treasuries Usa, con i Bund tedeschi che prezzano una Bce ancora molto accomodante; sul fronte azionario, sono sempre i titoli Usa a guidare il gioco. “In un’economia a fine ciclo bisogna prestare attenzione alla liquidità. Fine ciclo non vuol dire non prendere rischi, ma conoscere quali sono i rischi”, ha commentato il gestore.

ETF: ARRIVANO GLI ACTIVE – Uno dei temi più caldi del momento è senz’altro la crescita inarrestabile dei fondi passivi, che è stata al centro dell’intervento di Bryon Lake, head of International Etfs di J.P.Morgan Am. I numeri sono impressionanti: il mercato globale degli Etf vale attualmente 5 trilioni di dollari, e dovrebbe arrivare a valerne 30 nel 2030, attraverso una crescita che passa dai 10 trilioni nel 2023 ai 20 milioni nel 2028. Sugli Etf, però, “c’è una serie di falsi miti che vorremmo sfatare”, ha spiegato Lake. “Primo: si dice che l’industria di questi prodotti è troppo grande. Falso: a livello globale vale infatti 5 trilioni di dollari, che è una cifra che equivale esattamente alla capitalizzazione di mercato dei titoli Faang (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, ndr). Il mercato degli Etf vale appena il 6% del mercato dei titoli azionari corporate”. Il secondo falso mito riguarda “il fatto che gli Etf soffrono durante le fasi negative di mercato. Invece, i dati dimostrano che anche quando il mercato è andato giù, gli afflussi verso questi prodotti hanno continuato a crescere”. Il terzo falso mito riguarda la preoccupazione che ormai sia “troppo tardi per entrare in questo mercato. Non è vero: siamo a 5 trilioni di dollari e dobbiamo arrivare a 30, ci sono quindi 25 trilioni di dollari per arrivare all’obiettivo!”, ha commentato Lake. Tra i principali driver di crescita dell’industria dei fondi passivi, il gestore ha citato in particolare “la crescita degli Etf sul reddito fisso – con gli investitori che trovano più conveniente ed efficace la scelta di prendere esposizione su un intero indice, piuttosto che su una singola security – e la crescita degli Active Etfs”. Questi ultimi rappresentano “la nuova frontiera degli investimenti passivi”: riuniscono in sé, infatti, le caratteristiche degli Etf, come trasparenza, varietà, efficienza, liquidità intraday, ai benefici di una gestione attiva, come la possibilità di sovraperformare il benchmark, di correggere le limitazioni legate agli indici e di mitigare i rischi di mercato. Un prodotto ibrido, che punta a combinare le migliori caratteristiche dei fondi attivi e di quelli passivi, a un costo solo leggermente superiore (25 bps) a quello degli Etf: su questa novità J.P.Morgan Am punta per sfruttare le potenzialità di un mercato in crescita vertiginosa.

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