Risparmio gestito, la mattanza delle fee

Cresceranno ancora nelle dimensioni, ma perderanno una quota non trascurabile di profitti. Ecco lo scenario che si profila all’orizzonte per le società che in tutto il mondo operano nell’industria dell’asset management, dall’America all’Asia, passando per l’Europa. A dirlo è l’ultimo report sul settore elaborato come ogni anno dalla società di consulenza PwC, intitolato Asset & Wealth Management Revolution, Pressure on profitability.

OTTO ANNI IN DISCESA – L’industria del risparmio gestito, secondo gli analisti di PwC, sta vivendo una
 sorta di rivoluzione, a causa di un
 mix concomitante di fattori. Il primo è l’ascesa di prodotti low cost che hanno commissioni ridotte come gli Etf, i quali rosicchieranno altre quote di mercato  ai fondi comuni tradizionali. Il secondo fattore è l’arrivo di regolamentazioni sempre più stringenti come la Mifid 2, che pone l’accento sulla trasparenza dei costi dei prodotti. Infine, il terzo elemento da non trascurare è la distruption tecnologica, cioè l’effetto dirompente che l’innovazione legata all’avvento dell’era digitale porterà nei processi aziendali e nella distribuzione dei fondi. Considerato questo scenario, che in parte era stato già delineato nel report dello scorso anno, la novità dello studio del 2018 è soprattutto una: nell’edizione di quest’anno, PwC  fa una previsione puntuale fino al 2025 sull’andamento delle commissioni di gestione. E su questo fronte, a detta degli analisti, non sono certo in arrivo buone notizie per gli asset manager internazionali. La stima contenuta nel report è che i ricavi delle società di gestione tradizionali, se rapportati ai
 loro asset under management (aum), scenderanno dallo 0,40% del 2017 allo 0,31% entro il 2025. Si tratta di un calo di oltre il 20% che in primis è dovuto alla flessione delle fee sui fondi comuni.

Il calo delle commissioni, secondo PwC, sarà più intenso nei prossimi tre anni, cioè prima del 2021, per poi attenuarsi nel quadriennio successivo. A parte di dettagli, però, una cosa è certa: dopo un decennio di grande crescita, ora per gli asset manager internazionali non sembra aprirsi certamente una stagione di vacche grasse. Va notato, però, che questo trend al ribasso delle fee e dei ricavi non sarà uguale in tutti i principali mercati. Il calo sarà infatti più lento negli Stati Uniti dove le commissioni dei fondi comuni sono già ai livelli inferiori che nel resto del mondo. La flessione sarà invece più marcata in Europa, dove i costi dei fondi comuni attivi dovrebbero scendere di ben il 26% tra il 2017 e il 2025.

L’ESEMPIO INGLESE – Questo dato è in gran parte attribuibile agli effetti direttiva Mifid 2, e al crescente passaggio degli investitori ai prodotti low cost. Gli analisti di PwC prevedono che in tutto il Vecchio Continente si verifichi più o meno la stesso fenomeno accaduto in Gran Bretagna con l’introduzione della Retail Distribution Review (RDR), una normativa che ha contenuti simili alla Mifid 2 ma che è entrata in vigore nel Regno Unito cinque anni prima.

Tra il 2012 e il 2017, nell’industria britannica del risparmio gestito le commissioni di gestione sono calate complessivamente del 25%. Anche in Asia, però, lo scenario non sarà molto diverso rispetto all’Europa. Il report di PwC prevede infatti che sui mercati orientali e nell’area del Pacifico la media delle fee di gestione in rapporto agli asset under management subirà un calo del 24,6% tra il 2017 e il 2025, raggiungendo la soglia dello 0,43% nell’arco di 8 anni.

RIBASSI A 360° – Questo marcato trend al ribasso è dovuto in primis alla forte presenza nell’area asiatica di investitori istituzionali e di
 high net worth individual, che hanno un elevato potere contrattuale e stanno chiedendo sempre più prodotti a basso costo alle società di asset management. La flessione delle fee non è un fenomeno che riguarderà soltanto i fondi comuni a gestione attiva. Anche tra i fondi passivi e tra quelli con strategie alternative (hedge fund e private equity) ci sarà una pressione al ribasso sulle tariffe.

Gli analisti di PwC stimano per esempio che, sempre tra il 2017 e il 2025, le commissioni medie dei prodotti passivi 
(in rapporto al loro patrimonio globale) scenderanno del 20,7% , per raggiungere lo 0,12%. Un po’ meno marcato, ma comunque notevole, è il calo previsto per le commissioni medie di gestione degli hedge fund, che dovrebbero scendere del 15%entro il 2025, attestandosi all’1,16%. C’è infine l’attesa di un calo tra il 13% e  il 16% anche per le fee applicate ai fondi immobiliari e ai fondi di private equity. Il business dell’asset management, insomma, negli anni a venire diverrà indubbiamente meno profittevole che in passato. Come possono reagire le società di gestione di fronte a questa congiuntura sfavorevole? Una delle vie d’uscita è rappresentata dalla partenza di un ciclo di fusioni e acquisizioni, che consenta ai player del settore di ingrandirsi e realizzare maggiori economie di scala. Questo fenomeno si verificherà soprattutto a livello transnazionale, con molti gruppi oggi specializzati
in determinate aree geografiche (per esempio in Asia) che cercheranno sempre più di acquisire dimensioni globali. Inoltre, il report di PwC indica 4 risposte possibili delle società di gestione alle nuove sfide di mercato.

LE RISPOSTE POSSIBILI –La prima consiste nel puntare su un’offerta ad alto valore aggiunto.
Poi le sgr devono avere un posizionamento strategico ben definito, decidendo se operare sul mercato
come grandi player con economie di scala oppure come operatori di nicchia, specializzati in qualche area di business. La terza risposta consiste nell’esplorare tutte le opportunità dell’innovazione, con la diffusione nel settore di tecnologie come l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale. Infine, gli asset manager devono dotarsi di nuovi talenti professionali, visto che tra i giovani il settore del risparmio gestito da tempo non dimostra il giusto appeal per attirare le migliori energie e intelligenze presenti sul mercato del lavoro.

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