Il grande crollo dei gestori

Si è soliti ritenere che retailers ed automobiles dovranno affrontare i maggiori ostacoli per l’esistenza futura, a fronte dei cambiamenti nelle abitudini dei consumatori legate allo sviluppo del commercio online ed alla crescente diffusione dei servizi di car sharing, alla diminuzione del ruolo di status symbol rappresentato dall’auto, nonché dai costi in ricerca (conversione alla motorizzazione elettrica e maggiore riciclo dei materiali, ecc) che dovranno sostenere i produttori per ridurre l’impatto ambientale. Al contrario, nonostante le sfide imposte dall’aumento del peso delle strategie passive e dei servizi di robot advisor, al pari di una generale riduzione dei costi imposta dalle diverse normative, ritengo che non si sia adeguatamente riflettuto sull’entità dei cambiamenti che i gestori attivi dovranno affrontare.

Gestori, l’andamento azionario

Una parte rilevante dell’informativa finanziaria che giunge a consulenti e risparmiatori risulta veicolata dalle case di gestione, per questo probabilmente in molti non hanno avuto modo di riflettere sulle performance delle azioni dei fund manager. Nel grafico (fonte Thomson Reuters Eikon) ho indicato le società attive esclusivamente nel settore del risparmio gestito, quotate sul mercato azionario USA ma con una forte presenza in Europa, che hanno ottenuto le performance peggiori.

 

Società Colore grafico Performance

08-03-2018

08-03-2019

Price Earning Dividend Yield Price to Book
BlackRock Viola -22,70% 15,92 3,12 2,06
Franklin Resources Blu -13,46% 10,87 3,33 1,64
Invesco Verde -44,03% 8,67 6,43 0,86
Janus Henderson Arancione -31,74% 9,08 6,11 0,96
Legg Mason Bianco -30,73% 10,25 4,92 0,65
S&P 500 Giallo +0,81% 19,25 2,52 3,01
Dati fonte Thomson Reuters Eikon aggiornati all’08-03-2019, 11.00 Cet. Le performance sono in usd. Valori di PE, DY e PB LTM. Per Legg Mason è stato riportato il valore di PE NTM.

 

Invesco e Janus hanno preferito non commentare i risultati dei propri titoli azionari. “L’andamento negativo del settore è riconducibile da un lato ai cattivi risultati dei mercati finanziari, che per la prima volta dagli anni ‘70 hanno registrato rendimenti negativi praticamente su tutte le asset class, e dall’altro alle pressioni competitive accentuatesi per via della MiFID 2 che ha aumentato l’attenzione sulla trasparenza e sui costi ed ha causato una diffusione di strategie passive”, chiarisce Alessandro Guzzini, CEO di Finlabo Sim.

Gestori, le sfide del settore

In Europa l’introduzione della normativa MiFID 2 comporterà una totale trasparenza dei costi pagati dal sottoscrittore di un fondo, “ciò implicherà l’evidenza di un livello di TER mediamente intorno al 2% che il sottoscrittore deve sostenere prima di cominciare ad avere un ritorno positivo sul suo investimento, ritengo pertanto che si potrà verificare un livellamento verso il basso di tali costi (ossia ricavi per le società di asset management) ed una sorta di selezione naturale verso quelle case in grado di garantire rendimenti superiori alla media”, spiega Andrea Scauri, gestore azionario Italia di Lemanik Asset Management. “Le recenti novità regolamentari, su tutte la MiFID 2, stanno agendo in maniera significativa sul settore del Fund Management”, conferma Alessandro Falconi, Wealth Management Expert di Capgemini Business Unit Italy. “Da un lato, con l’aumento della trasparenza sui costi, agiscono al ribasso sul pricing e spingono verso la creazione di nuovi sistemi commissionali, dall’altro costringono l’industria ad una fase di aggregazione, anche a causa del peso dei costi di compliance sui piccoli Asset Manager. Continuerà la tendenza alla polarizzazione tra fondi a gestione attiva (a cui è richiesta una maggiore specializzazione) e passiva, adesso visti come complementari nell’asset allocation di portafoglio, mentre acquisirà sempre maggiore forza il trend di investimenti sostenibili, che crescono a ritmi del 12-15% ogni anno spinti dal forte interesse delle generazioni più giovani”.  Altra forza dirompente nel settore del Fund Management è rappresentata dalla tecnologia, “vista come abilitante alla riduzione dei costi e all’aumento dell’efficienza degli Asset Manager, ma anche associata alla nascita di nuovi canali distributivi, che aprono le porte anche a player non finanziari, come le BigTech. Il più grande fondo monetario al mondo è Yu’e Bao, legato al colosso cinese Alibaba”, conclude Falconi.

Le occasione d’acquisto

“L’industria, sotto pressione dal punto di vista della contrazione dei margini, avrà necessità di consolidarsi per implementare sinergie di costo e di prodotto in modo da difendere la propria redditività”, conclude Scauri. “Crediamo che il ribasso generalizzato abbia creato delle opportunità di investimento per via delle valutazioni molto attraenti raggiunte da diverse società che hanno saputo creare un vantaggio competitivo nel canale distributivo o nella qualità della gestione”, prosegue Guzzini. “Citerei Anima Holding, che ha chiuso il 2018 con raccolta ed utili in salita grazie alla partnership con Poste Italiane e alla continua attività di M&A. Il titolo ha un price earning di 8 ed un dividend yield superiore al 5%. Il buon andamento dei mercati in questo inizio d’anno dovrebbe consentire alla società di aumentare AUM ed utili”, continua Guzzini. “Riteniamo interessante Man Group, società inglese leader nel comparto degli hedge funds. Ha chiuso l’anno con una raccolta stabile e utili in calo per il minor apporto delle performance fees, stimiamo tuttavia che sia ben posizionata in un segmento di mercato relativamente protetto dalla concorrenza degli ETF, a fronte di basse valutazioni (PE pari a 10, DY sopra il 5%) ed in vista di una ripresa delle performance fees”, conclude Guzzini.

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