Oro, l’ombra del crimine sui lingotti fake

Lingotti di oro purissimo, ma con impresso il marchio falsificato di note raffinerie in giro per il mondo. Come riporta un articolo del Sole 24 Ore, la prima ad accorgersi di questi lingotti “fake” è stata Jp Morgan nel 2017, quando ha trovato nei suoi caveau due barre d’oro da un chilo con lo stesso numero di identificazione. Secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, anche se non confermato da Jp Morgan, dopo il primo rinvenimento sarebbero scattati controlli più approfonditi che avrebbero portato alla luce lingotti falsificati per un valore di 50 milioni di dollari. Siccome per realizzare lingotti di questo tipo ci vogliono strumenti sofisticati, il sospetto è che siano coinvolte organizzazioni criminali, tra riciclaggio di denaro sporco, evasione di sanzioni internazionali o estrazioni minerarie abusive.

La truffa non è sempre facile da scoprire: infatti, una volta che l’oro è entrato nel sistema bancario può giacere per anni nei caveau degli istituti per il giubilo di chi la fa franca. Ancora meglio, dal punto di vista dei malviventi, se il metallo prezioso viene fuso per realizzare gioielli facendo sparire ogni traccia del reato. Micheal Mesaric, ad della raffineria svizzera Valcambi interpellato dal Sole 24 Ore, sono state trovate almeno duemila kilobar contraffatte, anche se “in circolazione potrebbero essercene molte, molte di più”.

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