Anasf, l’eredità (importante) di Maurizio Bufi

L’edizione di ConsulenTia del febbraio 2020 segna di fatto la fine del mandato di Maurizio Bufi alla presidenza di Anasf e, con essa, l’occasione di fare un bilancio di questi nove anni del suo mandato alla guida dell’associazione italiana dei consulenti finanziari. Una cosa va detta subito: al di là  degli indirizzi di politica associativa, che di volta in volta Anasf ha dato ai suoi organi, ed in primis al presidente, nel mandato di Bufi è stato costante l’impegno a dare visibilità, reputazione ed affidabilità ad una categoria, che ne aveva bisogno, perché ancora percepita nell’opinione pubblica in modo indistinto ed a volte problematico. Questo nonostante tutte le indagini di mercato di questi anni ci abbiano confermato come la relazione instaurata dai consulenti finanziari con i propri clienti sia stata improntata alla costruzione di un rapporto fiduciario professionale e di lungo periodo, certamente nelle migliori best practices che il mercato ha espresso.

Proprio su questo versante, quello dei rapporti esterni, l’associazione è cresciuta, nei confronti non solo dell’opinione pubblica (cosa di per sé non banale e duratura), quanto piuttosto verso i vari stakeholder di volta in volta affrontati, verso i quali Anasf si è proposta e con i quali si è confrontata. Questo vale per le autorità di settore, per il legislatore e

per il regolatore, per le altre associazioni di categoria e rappresentanza. Dal punto di vista dell’immagine “pubblica” la presidenza Bufi ha incassato il cambio di denominazione da “promotore” a “consulente”: un grande risultato, certo ancora interlocutorio, in quanto occorre riempirlo sempre più di contenuti. Di qui l’impegno Anasf nella formazione, nel tentativo di affermare il consulente come quell’operatore, che lungi dal rimuovere il proprio passato, vede l’evolversi della professione in un’ottica di sempre maggiore autonomia e consapevolezza del delicato ruolo che interpreta, all’interno di una cornice normativa e regolamentare relativa alle modalità di esercizio del servizio di consulenza e collocamento su cui si può ovviamente discutere.

In questo quadro, grande è stato l’impegno di questi nove anni nella difesa del modello di business dell’industria del risparmio gestito in Italia, attraverso le reti di consulenti finanziari, su cui Anasf si è molto spesa, nonostante
alcune proposte non siano state né accolte (coesistenza tra consulenza su base indipendente e non indipendente) né condivise (lo svolgimento della professione come persona giuridica). E naturalmente un cenno a parte merita l’idea di “ConsulenTia”, diventata l’evento più importante del settore. Tanta la strada da fare nei prossimi anni, a cominciare da un rapporto più adulto con gli intermediari e la loro associazione, il grande tema del ricambio generazionale, la sostenibilità di lungo periodo della professione, la concentrazione del mercato, l’educazione finanziaria degli italiani, la presenza in Ocf, la sfida della partecipazione alla gestione di Enasarco, nuovi rapporti contrattuali, e molto altro ancora.

Di certo, però, i traguardi raggiunti da Anasf nei nove anni di presidenza Bufi sono stati molti e tutti ragguardevoli. Un’eredità impegnativa per il suo successore.

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