Mercati emergenti, 7 motivi per investirci

Di seguito un commento a cura di Pharus Sicav

La crisi sanitaria che ha investito il mondo da inizio anno si è diffusa dall’Asia orientale al mondo sviluppato, ma i Paesi attualmente più colpiti dal virus sono l’America Latina, il Medio Oriente e l’India. Vi sono però ragioni per essere cautamente ottimisti riguardo le prospettive dei mercati emergenti, anche se alcune di queste potrebbero essere difficili da vedere in questo momento a causa delle devastazioni della pandemia.

Prima però è opportuno ricordare che l’universo emergente non è omogeneo. Ad esempio, mentre le economie del Sud e del Centro America stanno ancora lottando contro la diffusione del coronavirus, i Paesi orientali come Cina, Taiwan e Corea del Sud si stanno distinguendo per la ripresa più pronunciata al mondo.

Alcune aree di frontiera pagheranno il crollo del turismo o l’interruzione delle rimesse in valuta da parte dei loro cittadini emigrati (ad esempio lo Sri Lanka), altri soffrono per i prezzi del petrolio e delle materie prime (la Nigeria). Ma molti Paesi si presentano, al contrario, nella migliore condizione per ripartire, favoriti da sistemi bancari più affidabili e da adeguate dotazioni di riserve valutarie. Le Filippine, ad esempio, hanno un basso debito con l’estero, buone riserve di dollari, basso deficit e buona liquidità nel sistema finanziario domestico. Anche il Vietnam è un Paese che ha gestito abbastanza bene l’emergenza Covid-19 ed è tornato alla piena ripresa delle attività.

Lo scenario dunque è in chiaroscuro, poiché in alcuni Paesi la malattia è ancora una serissima minaccia mentre altri, finanziariamente più fragili, potrebbero essere costretti a forme di ristrutturazione del debito. La selettività negli investimenti sarà perciò imprescindibile.

Il primo fattore positivo da sottolineare è l’ascesa delle megalopoli nei Paesi emergenti, la maggior parte concentrate nell’area Asia-Pacifico, con città sempre più grandi man-mano che popolazione e lavoro si spostano dalle zone rurali verso i centri abitati.

Il secondo, strettamente collegato al primo, è la crescita classe media, conseguenza diretta del processo di urbanizzazione, che sta cambiando le abitudini di consumo e stimolando la domanda di una gamma sempre più ampia di beni e servizi.

Un altro grande vantaggio per la crescita delle economie e dei mercati emergenti è l’adozione sempre più rapida di tecnologie innovative, le classiche tecnologie “disruptive” sempre più diffuse nelle società emergenti che si stanno adattando alla vita digitale più velocemente rispetto ai mercati sviluppati.

Guardando alla situazione più contingente, le economie emergenti hanno beneficiato del fatto di essere meno pesantemente ponderate verso i servizi: 54% contro il 72% delle economie sviluppate. I servizi infatti sono stati particolarmente colpiti dalle misure di salvaguardia della sanità pubblica, come il distanziamento sociale. Non va poi dimenticato che, soprattutto i Paesi asiatici, sono più abituati rispetto al resto del mondo a gestire emergenze sanitarie, virus e altre influenze molto aggressive e, di conseguenza, a ripartire.

Pertanto, mentre il calo della produzione ha raggiunto il minimo del 12% nelle economie sviluppate, le economie emergenti si sono contratte solo del 6%.

Inoltre, le risposte politiche alla crisi nelle economie emergenti sono state generalmente appropriate. I Paesi preparati, come la Tailandia, hanno offerto sostegno fiscale. Nel complesso, l’universo emergente ha affrontato questa crisi in maniera molto meno vulnerabile rispetto al 2008, quando si verificò la crisi finanziaria globale. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha fornito un sostegno considerevole, offrendo linee di credito flessibili che hanno permesso ai Paesi di contrarre prestiti a tassi ragionevoli senza condizioni onerose, aiutandoli a risolvere le questioni a breve termine.

E un certo numero di Paesi ha adottato un allentamento quantitativo, che ha permesso loro di evitare stop di mercato.

Infine, l’universo emergente dipende da una Cina forte: per quanto drammatico sia stato il crollo dell’economia cinese durante il peggio della crisi, la sua ripresa è stata altrettanto forte (il terzo trimestre dovrebbe chiudere con segno positivo) e lo sarà ulteriormente, supportata dalle misure del Governo per stimolare la crescita del credito.

La domanda cinese, unita a un dollaro più debole, dovrebbe rafforzare i prezzi delle materie prime, notizia positiva per molte economie emergenti particolarmente dipendenti dall’export di commodities. La domanda cinese di materie prime è particolarmente legata all’andamento del suo mercato immobiliare residenziale, dove si registrano segnali di crescente forza. Di conseguenza, si prevedono aumenti dei prezzi dei metalli di circa il 15-20% nei prossimi 12 mesi. A ben guardare neppure durante il lockdown si è verificato un sensibile calo delle importazioni anzi, i prezzi stracciati delle materie prime hanno favorito l’accumulo di scorte.

Nel frattempo, gli sviluppi nel commercio globale non sono così cupi come suggeriscono alcune previsioni e le acque sono nuovamente calme anche sul fronte della guerra commerciale tra Washington e Pechino.

Dunque il “denaro magico” di governi e banche centrali, la ripartenza della Cina e i prezzi delle materie prime sono fattori di stabilità e supporto alle economie emergenti.

A questi si aggiunge una crescita economica sempre più rapida, che si riflette anche sui mercati finanziari, come mostra l’esplosione dell’indice MSCI Emerging Markets per settore dal 2008 al 2019. Si prevede che nei prossimi 5 anni i mercati emergenti cresceranno con un ritmo circa 3 volte più veloce di quello dei mercati sviluppati, con la quota del PIL mondiale prodotto dai paesi emergenti, attualmente pari al 40,2%, destinata a crescere ancora.

Di fronte a questo scenario, a tassi d’interesse ai minimi ancora per molto tempo e una volta assicurata la necessaria selettività, bond e azioni emergenti costituiscono un’interessante leva di diversificazione per i portafogli di investimento.

Le obbligazioni emergenti, sia governative e sovranazionali (obbligazioni ad elevato rating e basso rischio di mercato emesse da istituzioni bancarie governate da diversi Paesi membri, come la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti e l’Inter-American Development Bank) che corporate, se denominate in valuta locale, permettono infatti di ottenere rendimenti e cedole più che positivi, rimanendo investiti nei rating migliori. Questo grazie a tassi di interesse e inflazione a livelli normalmente positivi.

Per la parte azionaria invece, soprattutto in ottica tattica, domina la Cina. In particolare, il Dragone rappresenta oggi il più grande mercato per l’e-commerce e può vantare alcuni dei più alti tassi di utilizzo dei servizi fintech per trasferire denaro, effettuare pagamenti e gestire risparmi e investimenti. Inoltre, Cina e Corea del Sud sono all’avanguardia per quanto riguarda l’innovazione, classificandosi tra i primi 5 paesi per le domande di brevetto.

Puntiamo sulle nuove tecnologie applicate anche all’economia reale – e-commerce, giochi e formazione online – con alcune posizioni in titoli industriali. Ad oggi, circa il 30% del nostro portafoglio è investito prevalentemente in titoli cinesi e indiani, ma abbiamo posizioni anche in Sud America, Sud Africa e Russia”, concludono i gestori del Multi Stars Sicav Emerging Market Local Currency.

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