Il punto sui mercati di Banca Intermobiliare

a cura di Banca Intermobilare

Poche novità rispetto alla settimana scorsa e i mercati azionari sembrano approfittarne per “prendere fiato”.
Sul rallentamento delle Borse europee ha sicuramente inciso il pull-back che ha interessato il Dollaro dopo le parole della Yellen all’ultimo FOMC, ma non va comunque dimenticato che dopo il forte rialzo di inizio anno vi erano (e per certi versi permangono) le condizioni per una fase di consolidamento:
– gli indicatori tecnici avevano raggiungo livelli di ipercomprato piuttosto elevati;
– gli indici di sentiment erano piuttosto tirati;
– il rally di inizio anno si è concretizzato senza dare peso alle variabili esogene comunque presenti, in primo luogo la crisi greca.

Nel caso di Wall Street la fase di lateralizzazione sta durando da qualche mese e trova le sue motivazioni:
– in valutazioni piuttosto tirate che non lasciano particolare spazio per l’espansione dei multipli;
– in un momentum non favorevole sul fronte degli utili a causa del crollo del petrolio, del rafforzamento del Dollaro e di un avvio d’anno non particolarmente brillante dell’economia, complici le condizioni climatiche;
– nella fase transitoria della politica monetaria della FED.

Seppure per motivi differenti riteniamo, pertanto, che una fase di consolidamento, caratterizzata anche da una maggiore volatilità, possa essere considerata fisiologica sia sul mercato americano che su quelli europei (da monitorare con attenzione l’area 1970-2010 di S&P500, mentre sugli indici europei il primo livello d’attenzione è rappresentato dai minimi della scorsa settimana).
Tra l’altro, negli Stati Uniti sta per prendere il via la earning season relativa al 1° trimestre (il prossimo 8 aprile con i risultati di Alcoa) e, per quanto le stime siano state riviste significativamente al ribasso (-8% dall’inizio dell’anno), sembra difficile che vi possano essere grosse sorprese positive, soprattutto sul fronte delle indicazioni prospettiche.

Al di là di questa fase di breve termine, escludendo sorprese negative dalle variabili esogene (sul fronte Grecia restiamo dell’idea che per quanto il “sentiero” sia stretto prevarrà l’interesse comune del compromesso), riteniamo che permangono le condizioni per essere costruttivi sui mercati azionari.

Come confermano anche le recenti dichiarazioni del Governatore della PBoC, l’elemento centrale continua ad essere il ruolo di supporto delle politiche monetarie, con iniezioni di liquidità senza precedenti e con conseguenti rendimenti nulli o quasi sul comparto obbligazionario (considerate le grandezze in gioco la sola dinamica dei flussi può dare un significativo contributo alla performance dei mercati azionari).

Anche il rialzo dei tassi americani non dovrebbe dare troppo fastidio, perché, come ha di recente più volte ribadito la Yellen, avrà luogo con estrema cautela e continuerà ad essere “data dependent”, in sostanza si concretizzerà Seppure per motivi soltanto nel caso arrivino segnali di rialzo dell’inflazione, mantenendo opportunamente negativi i tassi reali.

Tenendo comunque presente che l’Europa rispetto agli Stati Uniti:
– mantiene ancora valutazioni più attraenti: se il gap si è ridotto sensibilmente sulle metriche tradizionali (vedi P/E forward), permane un significativo sconto se si guarda ai multipli mediati per il ciclo;
– si trova in una fase ciclica decisamente più favorevole: politica monetaria ancora fortemente espansiva della BCE associata ad un momentum sull’economia in progressivo miglioramento.

Alla luce delle condizioni venutesi a creare non si può escludere che nei prossimi mesi i mercati azionari europei si portino in un territorio di sopravvalutazione o quantomeno che vadano a scontare con ampio anticipo una ripresa economica la cui entità e sostenibilità in realtà sarà tutta da verificare, soprattutto per quanto riguarda i paesi periferici.

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