Standard Life: Europa, patto di non-concorrenza

A cura di Stephanie Kelly, Strategy Analyst, Standard Life Investments
I trend nella produttività dell’Eurozona sono stati discontinui. A partire dalla crisi finanziaria del 2008-2009, l’Eurozona ha visto una ripresa moderata del 4% nella produttività totale dei fattori (Total factor productivity, TFP). Tuttavia c’è stata una significativa divergenza nella forza della produttività tra gli stati membri che non necessariamente replica le percezioni di una ripresa economica più generale. In particolare, mentre la produttività è crollata a livello globale durante la crisi, la gravità della situazione non è stata uguale per tutti i paesi, con Spagna e Portogallo a subire i cali minori in termini di TFP rispetto alla Germania o alla Francia.
È interessante notare come la crescita del TFP in Irlanda e Grecia abbia superato la media dell’Eurozona nell’intensificarsi della crisi finanziaria, mentre il divario è aumentato in seguito. L’Irlanda risalta con un TFP relativamente alto, mentre la Grecia ha sofferto un calo più profondo e prolungato, che solo negli ultimi due anni ha iniziato a correggersi. Mario Draghi ha più volte sottolineato l’importanza delle riforme strutturali per sostenere qualsiasi ripresa economica, anche sulla scia di una spinta ciclica. Le implicazioni delle riforma strutturali per la produttività sono chiare: consentendo alle imprese di funzionare in modo più efficiente, migliorando la flessibilità del mercato del lavoro e riducendo le barriere commerciali, le riforme strutturali spianano la strada a una crescita economica sostenibile.
La Germania è al 5° posto nella classifica basata sul World Economic Forum Global Competitiveness Indicator, e questa forza ha contribuito a sostenere l’attività economica negli ultimi anni. L’Italia, invece, secondo la medesima classifica si trova al 49° posto e la sua produttività totale dei fattori è peggiorata rispetto al 1995. La Grecia si trova in 85° posizione. Di conseguenza è chiaro che in alcune parti della zona euro ci sia molto più lavoro da fare. Tuttavia, alcune riforme possono essere dolorose nel breve termine e politicamente impopolari; il settore pubblico può trovarsi a soffrirne, dato che il governo può esercitare il controllo diretto su salari e privatizzazioni. Syriza è un caso interessante: il partito anti-austerity promette riforme strutturali per reprimere l’evasione fiscale endemica e contemporaneamente progetta di aumentare il salario minimo.
Se da un lato questo potrebbe fornire un vantaggio per la domanda, dall’altro potrebbe danneggiare la competitività se i salari aumentassero più rapidamente della produttività. Il costo del lavoro corretto per la produttività gioca un ruolo importante nel determinare la competitività di un paese; più il costo per lavoratore è elevato, più alti sono costi complessivi, e tutto influisce su prezzi e margini. La competitività è compromessa quando il costo del lavoro aumenta più rapidamente rispetto alla produttività. I programmi di riforma strutturale post-crisi nei paesi della zona euro più in difficoltà, hanno avuto un certo successo nel ridurre il costo unitario del lavoro. Con le riforme del lavoro nel settore pubblico, l’Irlanda ha tagliato € 3,6 miliardi sui salari dei dipendenti pubblici. La combinazione tra crescita salariale debole e aumento della produttività ha ridotto i costi del lavoro per unità nel Paese dell’8,8% tra il 2008 e il 2013. Anche Spagna e Portogallo hanno attuato riduzioni dei costi analoghe dopo la crisi.
Nel frattempo, i costi unitari del lavoro sono aumentati in Germania (+ 11,7%), Francia (+ 8%), e Italia (+ 7%) rispetto allo stesso periodo. Questi sono passi positivi verso il riequilibrio nella zona euro, ma ci vuole ancora un grande impegno per affrontare in modo adeguato i differenziali di competitività. Questo aggiunge un onere ulteriore a carico dei programmi di riforma strutturale per affrontare le grandi disparità in termini di produttività tra gli Stati membri. Nel lungo termine, questo è necessario per facilitare la crescita equilibrata e sostenibile nell’unione monetaria.

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