I mercati emergenti non sono tutti uguali

Le pressioni valutarie e nel settore delle materie prime, il rallentamento nella crescita e le riforme strutturali hanno creato negli ultimi mesi una certa divergenza nelle varie aree dei mercati emergenti. Tutto ciò evidenzia come non tutti gli investimenti nei mercati emergenti siano uguali. Quattro esperti in materia hanno provato ad analizzare le evoluzioni del mondo emergente, approfondendo la situazione della Cina e dell’India e mettendo in evidenza le opportunità ed i rischi presenti a livello di mercati obbligazionari, azionari e valutari.

“I nostri esperti degli investimenti – sottolinea Antonio Bottillo, Country Head ed Executive Managing Director per l’Italia di Natixis Global AM – sottolineano come sia sempre più importante, anche sui mercati emergenti, attuare un’attenta selezione e ricerca delle varie opportunità. Nella costruzione di un portafoglio, quindi, è necessario affidarsi a uno specialista esperto che sappia valutare rischi e opportunità dei singoli mercati e che sia in grado di anticipare dei trend di lungo periodo. Un portafoglio deve, infatti, essere in grado di affrontare i movimenti di mercato di breve termine e deve permettere all’investitore di rimanere investito in modo da concentrarsi sui propri obiettivi futuri”.

Peter Marber, Head of Emerging Market Investments Loomis, Sayles & Company: E’ possibile individuare una molteplicità di micro tematiche a livello dei diversi mercati emergenti (ME), ma tre sono i macro-temi principali che attualmente influenzano i prezzi degli asset nei mercati emergenti : (1) il crollo dei prezzi delle materie prime, (2) il rafforzamento del dollaro statunitense, e (3) il quantitative easing europeo (QE). Il crollo dei prezzi delle materie prime ha contribuito alla riduzione dei volumi di scambio in dollari statunitensi. Tale situazione, a sua volta, ha determinato una naturale divergenza tra Paesi che ne hanno subìto le conseguenze negative (esportatori di petrolio come Russia, Venezuela, ecc.) e Paesi che hanno potuto beneficiarne (importatori come Cina, India, Filippine). Il crollo delle materie prime ha anche contribuito al rafforzamento del dollaro statunitense poiché a livello di commercio globale la domanda di valute emergenti è diminuita.. Il dollaro statunitense è ormai molto forte, con l’America che sembra essere alla vigilia di un aumento dei tassi d’interesse – il primo del decennio – mentre nella maggior parte delle altri grandi economie la crescita è ancora in fase di rallentamento e le politiche sono accomodanti. La divergenza rispetto all’area euro non potrebbe essere più marcata, in quanto quest’ultima ha appena annunciato l’avvio del QE. Ciò ha indotto molti investitori ad abbandonare l’euro, portandolo ad un ribasso epocale rispetto al dollaro statunitense. Inoltre, tale annuncio segue manovre simili in Giappone tese ad indebolire lo yen, contribuendo complessivamente a spingere il dollaro statunitense sempre più in alto. L’effetto netto di tali aggiustamenti è stato un aumento del premio per il rischio dei mercati emergenti specialmente per i paesi esportatori di petrolio. Il crollo del petrolio ha comportato un importante allargamento dello spread in Russia e una situazione da quasi-default in Venezuela. L’indebolimento delle valute emergenti ha anche portato all’allargamento dello spread nel debito espresso in dollari , specialmente per i paesi e le imprese che si sono probabilmente indebitate troppo in dollari statunitensi, poiché i propri obblighi sono aumentati in termini di valuta locale. A proposito di valute locali, il JPMorgan Government Bond Index-Emerging Markets (GBI-EM), il principale indice dei mercati emergenti, è crollato di circa il 15% in termini di dollari statunitensi negli ultimi due anni, con contestuale impatto sui rendimenti dei mercati emergenti azionari.

Opportunità in tassi d’interesse coperti rispetto ai tassi di cambio In tale contesto, spiccano due interessanti opportunità di investimento sui mercati emergenti, ossia i tassi di interesse coperti rispetto ai tassi di cambio (FX) e il credito con duration breve denominato in dollari statunitensi. I tassi di interesse locali in gran parte degli EM sono crollati, creando rally sui mercati obbligazionari in diverse aree emergenti. Inoltre, con l’allargamento dei credit spread emergenti, gli investitori che si sono concentrati sulle obbligazioni denominate in dollari statunitensi con scadenza inferiore a 6 anni hanno ottenuto rendimenti positivi stabili. Nell’ultimo anno, gli investitori nell’asset class credito emergente in hard currency di qualità BBB e BB potrebbero aver ottenuto circa il 4%–5%, con una volatilità contenuta Viste le attuali condizioni macro, entrambe le asset class potrebbero continuare ad offrire rendimenti positivi mentre i mercati globali si riaggiustano.

David Lafferty, Chief Market Strategist Natixis Global AM: Gli investimenti nei mercati emergenti sono cambiati radicalmente a partire dalla Grande Crisi Economica. Per gran parte degli anni 2000, la performance dei mercati emergenti nei vari paesi è stata spinta da fattori comuni, tra cui i tassi di crescita a doppia cifra o quasi-doppia cifra, il rafforzamento delle valute locali e l’aumento delle esportazioni – spesso coincidenti con la domanda di materie prime.

I Paesi emergenti non sono tutti uguali Oggi, tuttavia, tali fattori non dominano più lo scenario dei mercati emergenti . La crescita del prodotto interno lordo (PIL) prevista per i Paesi emergenti a livello complessivo è prossima al 4%–5%. La forte domanda di materie prime è crollata e gran parte delle valute emergenti sono sotto pressione a causa dell’aspettativa di una stretta sulla politica monetaria statunitense. In assenza di tali macro temi, ciascun paese effettua viene valutato sui propri fondamentali e non può essere considerato parte di una asset class omogenea. Possiamo quindi prevedere che la sorte di ciascun paese divergerà a causa di differenze in termini di tassi di interesse e inflazione, tassi di risparmio domestico, posizione delle partite correnti e dipendenza dalle commodity. A fronte di contesti divergenti, la capacità di selezione a livello di titolo, paese e valuta assumerà un ruolo fondamentale. Poiché ogni paese segue la propria strada, sarà sempre più difficile effettuare un outlook generale per tutti i “mercati emergenti” . La forza del dollaro statunitense ha fatto riecheggiare le crisi valutarie degli anni 80-90 poiché il debito denominato in dollari è più difficile da ripagare. Una valuta locale debole crea inflazione (ossia, le importazioni diventano più costose), e il contenimento della stessa tramite tassi più elevati ostacola la crescita. In ultimo, il crollo dei prezzi delle materie prime, specialmente per quanto riguarda il petrolio, potrebbe indebolire gravemente la crescita interna a causa di una riduzione delle esportazioni nei principali mercati emergenti tra cui Russia, Brasile, Venezuela, Medio Oriente e una parte dell’Africa.

Crescita a lungo termine, difficoltà sul breve termine Nonostante ciò, sia sul versante azioni che obbligazioni, continuiamo a vedere i Paesi emergenti come una asset class essenziale nel lungo termine. I tassi di crescita ciclici sono in qualche modo calati, ma a causa dei fattori demografici e di una popolazione più giovane, gran parte della crescita secolare a livello mondiale è tuttora individuabile proprio nei Paesi emergenti. Nel settore azionario, le valutazioni possono essere ingannevoli. I titoli emergenti mostrano un Rapporto Prezzo / Utili inferiore rispetto ad altri mercati, ma tale dato può essere alterato da singolari fattori di rischio e dalla presenza governativa all’interno del capitale delle imprese . Le obbligazioni emergenti continuano ad offrire rendimenti interessanti e la qualità del credito è in costante miglioramento. Sebbene il livello del debito sovrano sia aumentato, anche il PIL è aumentato, quindi il debito rimane gestibile. Inoltre, la forza del dollaro statunitense potrebbe non rivelarsi così temibile, per diversi motivi: 1) Il debito di molti Paesi emergenti ora è espresso anche in valuta locale, non solo in dollari US. 2) Una valuta locale più debole aumenta la crescita delle esportazioni. 3) la crescita del bacino di consumatori dei Paesi emergenti è destinata a contribuire all’economia interna, rendendola meno dipendente dal commercio e da finanziamenti esterni.

Messico e India tra i preferiti In termini di mercati specifici, guardiamo con favore al Messico e all’India. Il Messico sta diventando sempre più competitivo grazie a riforme strutturali nel settore dell’energia e dell’istruzione, e il costo di produzione sta diventando sempre più favorevole se rapportato al rialzo del costo del lavoro in Asia. Il Messico inoltre trae vantaggio dalla sua vicinanza all’economia USA in via di graduale miglioramento. Sebbene l’India abbia proceduto lentamente con le riforme, il nuovo governo guidato dal Primo Ministro Modi si è impegnato a sradicare la corruzione, a ridurre le sovvenzioni agricole e ad aprire le industrie alla concorrenza. Al contrario, la Russia appare molto più rischiosa visto il crollo dell’economia sotto il peso delle sanzioni globali e la caduta dei prezzi del petrolio. Ancora di più in un tale contesto di volatilità a livello di valute e materie prime, è particolarmente importante per gli investitori affidarsi a gestori esperti su questi mercati.

Kenneth Andrade, Chief Investment Officer IDFC AM: In India, le condizioni macroeconomiche sono notevolmente migliorate nel corso dell’ultimo anno. Il paese diventerà un mercato con un avanzo delle partite correnti nel corso di quest’anno solare. L’inflazione è sotto controllo e l’obiettivo del governo è di ridurre il deficit di bilancio per il prossimo anno, dopo esser riuscito già a contenerlo per l’esercizio in corso.. Il grande cambiamento dei prezzi delle materie prime ha favorito il paese. Tutto ciò è di buon auspicio per la sua salute finanziaria, consentendo all’India di pianificare una nuova fase di crescita. Le tendenze a lungo termine, ovvero i fattori demografici e una popolazione giovane, continuano a costituire elementi cruciali della crescita del paese. Sebbene tali tendenze siano positive, i mercati sembrano avere già scontato la probabile crescita. Pertanto, nel breve termine le valutazioni potrebbero mettere pressione sui mercati azionari. Pensiamo che non sia molto probabile che i titoli si ri-prezzino ulteriormente, dati i risultati dell’anno scorso. La crescita degli utili sarà probabilmente il fattore destinato a guidare i prezzi dei titoli, e la tendenza non è ben definita. L’aspetto positivo è che il tasso di crescita dell’economia ha toccato i minimi nel 2014 ed il movimento per i prossimi anni dovrebbe essere al rialzo. Una tendenza significativa nei prossimi anni sarà il deleverage del bilancio da parte delle imprese indiane con profitti in crescita e aumento dei flussi di cassa. Dall’altro lato, i consumatori tenderanno ad aumentare il proprio livello di indebitamento. Quest’ultima tendenza ha una natura molto strutturale e dovrebbe perdurare a lungo. In questo scenario, è probabile che gli investimenti saranno orientati ad un maggiore discrimine tra crescita e valore rispetto ad obiettivi di mera partecipazione e sfruttamento del gap di valore.

François Théret, Chief Investment Officer Natixis AM Asia: L’economia cinese sta rallentando, non c’è dubbio. Tutti gli indicatori mostrano un indebolimento degli investimenti e un calo degli investimenti diretti esteri (IDE). L’impulso alla crescita si era già affievolito nel quarto trimestre del 2014 e gli indicatori prevedevano il rischio di ulteriore downside. Da allora, la maggior parte degli indicatori, tra cui la produzione industriale e la crescita di importazioni ed esportazioni, hanno perso slancio.

Una politica sempre più accomodante prevista per aprile Il rallentamento economico giustifica l’aspettativa di un ulteriore allentamento della politica monetaria da parte della Banca Popolare Cinese al fine di sostenere la crescita. I dati di crescita del primo trimestre 2015 saranno annunciati il 15 aprile. Prevediamo che il governo cinese reagirà d’anticipo rispetto ai dati economici deludenti e taglierà nuovamente la riserva obbligatoria (RRR) e i tassi di interesse ai primi di aprile per aumentare la liquidità. Pochi investitori si focalizzano sulla crescita del prodotto interno lordo (PIL). Un gran numero di investitori ha un approccio ribassista in relazione alla crescita in Cina, pur mantenendosi positivo sulle azioni. Tutto è dovuto al supporto della politica in un mercato poco costoso. La domanda chiave non è tanto se il PIL della Cina crescerà del 7%, quanto se la Cina sarà in grado di superare il rallentamento strutturale tramite riforme concrete delle imprese statali (SOE), riforme finanziarie, fiscali e fondiarie al fine di costituire una nuova Cina.

Rischio deflazione in Asia Il rallentamento in Cina, la debolezza del commercio, l’eccesso di capacità produttiva e il crescente indebitamento a livello locale sono alcuni dei principali fattori che hanno contribuito ad una crescita deludente. La debolezza della domanda in Asia, unitamente ai prezzi più bassi dell’energia e delle commodity, renderanno concreto un rischio di deflazione. I policy-maker asiatici dovrebbero agire preventivamente per evitare che si allarghino le aspettative deflazionistiche. In tale contesto, appare comprensibile il recente taglio dei tassi di interesse nonostante le preoccupazioni sulla normalizzazione della politica della Fed. A fronte dell’attuale stato dell’economia globale che difficilmente rappresenterà un forte catalizzatore di crescita per le economie asiatiche, le dinamiche economiche potrebbero essere molto divergenti in base alla capacità del singolo paese di fornire stimoli per la crescita.

Il settore finanziario sarà in grado beneficiare di una politica monetaria accomodante Le società finanziarie sembrano essere tra i primi soggetti a beneficiare della politica monetaria accomodante recentemente annunciata in Cina. I mercati azionari di Cina e Hong Kong si sono ripresi dai minimi raggiunti, ma il processo di recupero delle valutazioni potrebbe proseguire per alcuni segmenti del mercato. Quanto alla selezione di titoli cinesi, sono preferite quelle società che beneficeranno dei temi a lungo termine quali la riforma delle imprese statali (SOE) e le riforme. Altrove in quell’area, i rischi legati ai programmi delle riforme del governo cinese restano elevati. Un cambiamento di governo è generalmente associato ad aspettative di crescita economica più rapida, che tende a causare la sovraperformance di titoli nazionali ciclici. Questo fenomeno è evidente in India ove, nonostante le valutazioni, crediamo che il tema degli investimenti strutturali resti intatta, sostenuta da dinamiche inflazionistiche e dal ciclo dei tassi che ritorna ad essere positivo. Analogamente, il risultato delle elezioni presidenziali indonesiane nel 2014 è positivo per la crescita a lungo termine del paese. Vediamo inoltre maggiori opportunità nei titoli di società a bassa e media capitalizzazione con esposizione alla crescita interna.

 

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