In viaggio dagli Usa alla Grecia: la view di Exane

A cura di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas
La settimana scorsa ho viaggiato con David Finch del nostro Ideas Team, incontrando diversi clienti americani fra Mid-West e West Coast. Rispetto al nostro ultimo viaggio nella zona dello scorso ottobre, la view sull’Eurozona è nettamente cambiata. Mentre lo scorso ottobre solo pochi investitori condividevano il nostro ottimismo sul Vecchio Continente, la scorsa settimana la maggioranza degli investitori erano cautamente ottimisti sull’andamento dei mercati europei.
Un segnale evidente della ritrovata fiducia degli investitori è la costante riduzione del rischio sui mercati creditizi europei. Lo spread Itraxx-Europe è diminuito di 180bp dai massimi di luglio 2012, ed attualmente si attesta a 55 punti base, un livello che non era stato toccato da fine 2007. Inoltre, la situazione greca non ha, fino ad ora, avuto un impatto significativo sui mercati creditizi europei. Per questo motivo, il rimbalzo del credito dell’Eurozona si trova sulla buona strada ed, essendo la principale fonte di finanziamento in Eurozona, dovrebbe rendere la ripresa abbastanza solida. Anche se d’ora in poi sarà sempre più difficile che i dati economici dell’Eurozona superino le ottimistiche attese del consensus, tutti i leading indicators economici sono attualmente positivi.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che gli investitori americani sono ora maggiormente interessati a capire cosa potrebbe andare storto. Infatti, secondo un’indagine fra i gestori di fondi europei condotta da BoAM, nel corso dell’ultimo mese vi è stata una significativa riduzione della sovra-ponderazione dei titoli azionari dell’Eurozona (dal 60% al 46%), sebbene la maggior parte dei gestori continui ad avere una posizione long sull’equity europeo. I dubbi principali riguardano la politica, un fattore che potrebbe alimentare uno stress come già avvenuto nel 2011. Per questo motivo negli ultimi giorni, con il calo dei mercati azionari europei e con il rialzo registrato dai rendimenti dei titoli di Stato dei paesi periferici a causa dei timori di un Grexit, tutte le attenzioni sono state rivolte sulla spada di Damocle che pende sulla Grecia.
Tornerò in Grecia la prossima settimana per incontrare alcuni funzionari. La conclusione principale a cui sono giunto nel corso degli ultimi mesi, parlando con i funzionari europei, è che sussiste ancora un grande divario fra la posizione del governo greco e quella dei suoi partner europei. La soluzione a lungo termine proposta dalla Grecia si basa eccessivamente sulla capacità della BCE di stampare moneta, mentre i partner europei ritengono che la Grecia debba dimostrare già nel breve termine il suo impegno nell’attuazione di riforme.
Sebbene molte persone si focalizzino sulle posizioni della Germania, a volte sono i paesi periferici ad esser maggiormente contrari alle soluzioni proposte dal governo greco: questi paesi non capiscono perché la Grecia debba beneficiare di un trattamento di favore e ritengono che alcuni dei loro sforzi stiano cominciando a pagare. Di conseguenza, ritengo che sarà difficile giungere ad un accordo di lungo termine fra la Grecia ed i partner europei. Anche se esiste una soluzione per risolvere, nel breve termine, il problema del rifinanziamento, la situazione potrebbe rimanere instabile per anni. I prossimi passaggi chiave saranno la riunione a Bruxelles di questo fine settimana e la riunione dell’Eurogruppo di venerdì prossimo.
Sarà molto importante osservare se questa settimana proseguirà il contagio ai mercati obbligazionari di altri paesi periferici o se il contagio sarà limitato dagli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE. Questa è infatti la prima volta, da quando la BCE ha lanciato il suo QE, che si è osservato un contagio (sebbene limitato) ad altri mercati obbligazionari periferici. Ciò dimostra che, nonostante i legami economici e finanziari siano deboli, i mercati considererebbero il caso greco come un precedente per gli altri paesi dell’Eurozona. Anche se gli investitori statunitensi hanno mostrato scarso interesse per le elezioni nel Regno Unito e pochi timori per l’esito delle elezioni spagnole, il rischio principale all’interno dell’Eurozona rimane politico.
Per concludere, molti investitori americani condividono l’idea che gli economisti siano stati lenti nel rivedere le stime sulla crescita del PIL della zona e che la crescita degli EPS in Eurozona potrebbe procedere ad un ritmo superiore rispetto a quanto atteso dalla Ricerca sell side, che, inoltre, non ha tenuto conto dell’impatto del deprezzamento dell’Euro. Inoltre, gli investitori statunitensi rimangono cauti nel fare un confronto fra l’andamento attuale e quello pre-crisi dell’economia e del mercato. Un contesto caratterizzato da rendimenti vicini allo zero è un mondo totalmente nuovo che può distorcere le reazioni dell’economia ed il modo con cui vengono analizzate le valorizzazioni degli asset finanziari.

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