Presto l’attenzione potrebbe spostarsi dalla crisi greca alla crescita americana

a cura di Banca Intermobilare

Il principale driver dei mercati finanziari continua ad essere l’incerta evoluzione della crisi greca. In realtà, negli ultimi giorni la soluzione del compromesso, che abbiamo sempre ritenuto fosse quella che godeva di maggiori probabilità, sembra avere fatto progressi. Per certi versi proprio la negativa atmosfera creatasi al meeting di venerdì scorso a Riga, con il Ministro delle Finanze greco, Varoufakis, attaccato pesantemente dai colleghi dell’area Euro dopo il suo deludente intervento (l’olandese Dijsselbloem lo avrebbe definito dilettante e perditempo), sembra avere aperto la strada ad alcune mosse costruttive.

Tsipras, informato direttamente dal Presidente della Commissione, Juncker, del pessimo esito del meeting dell’Eurogruppo e sotto la crescente pressione degli impellenti impegni di pagamento della Grecia, avrebbe contattato direttamente la Merkel per la convocazione di un vertice europeo straordinario. Dopodiché, ieri lo stesso Tsipras ha modificato la composizione della squadra che sta portando avanti i negoziati con i creditori. In particolare, la squadra non sarà più guidata da Nikos Theocharakis, uomo di fiducia di Varoufakis, ma da George Chouliarakis, che aveva già partecipato ai precedenti negoziati condotti dal Governo Samaras. Inoltre, è stato creato un gruppo di lavoro sui negoziati nell’ambito del Governo di Atene coordinato dal Ministro per le Relazioni Esterne, un economista moderato.
Si tratta di passaggi che sono stati interpretati da un lato come una sorta di sfiducia e commissariamento per Varoufakis, dall’altro come il segnale di una maggiore disponibilità a trovare un compromesso sulle richieste dell’Europa in cambio delle nuove tranche di aiuti.

Al di là della questione greca da notare come sul fronte americano le deboli indicazioni che giungono dal lato macro sono state compensate dal buon news flow derivante dalla reporting season. Dopo che ha riportato circa il 40% delle società dell’S&P500 le indicazioni sul fronte degli utili sono piuttosto positive: oltre il 70% delle aziende ha superato le attese, con una sorpresa positiva media del 5%.
Per contro, i recenti dati macro si sono confermati poco brillanti (il PIL del 1Q in uscita domani ha una stima di consensus di +1%, ma diversi analisti hanno rivisto al ribasso le previsioni nelle ultime settimane). La situazione non è comunque di facile interpretazione, considerato che ancora una volta l’andamento dei primi mesi dell’anno è stato penalizzato dalle difficili condizioni meteo e resta da verificare se ormai non stia diventando una sorta di regola (non completamente decifrata) la debolezza dell’economia americana nel 1Q seguita da una riaccelerazione nei trimestri successivi. A questo proposito dal FOMC che si chiude domani potranno giungere indicazioni interessanti su quale sia il pensiero dei membri della FED sulle condizioni della ripresa americana.

Le Borse europee hanno approfittato della complicata fase della crisi greca per avviare un consolidamento fisiologico dell’importante movimento di inizio anno, mantenendo comunque un comportamento piuttosto costruttivo. Pur continuando a sposare, anche alla luce dei recenti sviluppi, un epilogo positivo, bisogna mettere in conto che nel breve la questione greca potrebbe ancora avere degli improvvisi momenti di tensione che andranno ad alimentare la volatilità dei mercati.
Resta il fatto che nel caso di scongiurata rottura con la Grecia (non crediamo sia necessario, e neanche possibile, che venga trovato un accordo di alto livello), gli investitori potranno tornare a focalizzarsi sulla estremamente supportiva politica monetaria della BCE e sulla favorevole fase ciclica dell’economia europea. Le Borse europee non sono più a buon mercato, ma come abbiamo già accennato in passato ci sono le condizioni affinché si portino in un territorio di sopravvalutazione (a livello assoluto, ma non in termini relativi rispetto al livello dei tassi), sull’esempio di quanto già verificatosi negli Stati Uniti.
Preso tempo sulla crisi greca, il principale elemento di attenzione tornerebbe ad essere lo stato di salute dell’economia americana e le conseguenti aspettative sulla politica monetaria della FED, ma in questo caso la conseguente eventuale volatilità dovrebbe pesare più su Wall Street che non sulle Borse europee.

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