Obbligazioni, ecco tutti i rischi dell’attuale fase di mercato

a cura del Team Asset Allocation di MoneyFarm

Il mercato delle obbligazioni è da anni al centro dell’attenzione degli investitori globali. La crisi economica e bancaria, il rischio di deflazione a livello globale sono stati accompagnati da cali dei tassi di interesse in tutte le aree valutarie dei paesi sviluppati. Interventi di quantitative easing negli Stati Uniti, in Giappone, Regno Unito e infine in Eurozona hanno contribuito ad un ulteriore calo dei tassi, volto a stimolare la crescita, il credito e aiutare la gestione del debito per governi molto indebitati.
I tassi di interesse sono scesi trascinando in basso anche gli spreads offerti da governi periferici, obbligazioni societarie e rendimenti offerti dai mercati emergenti, che hanno beneficiato indirettamente dei tassi bassi sui paesi sviluppati.

Vediamo allora nella tabella dove stanno ora i rendimenti offerti dai principali mercati obbligazionari globali, divisi per scadenza, emittenti e merito creditizio. Per alcuni mercati utilizziamo benchmark di riferimento che presentano dati di sintesi dei titoli che li compongono. I mercati vengono presentati per area geografica e per scadenza.

Alcune considerazioni sono presto fatte. Sui mercati governativi “sviluppati” a livello globale i rendimenti sono quasi sempre al di sotto dei target di inflazione di lungo periodo delle rispettive banche centrali o, in assenza di target, all’inflazione media storicamente registrata negli ultimi anni. Una parte importante di titoli di stato presenta rendimenti nominali negativi: esiste quindi una comunità di investitori disposta a pagare per investire in titoli di stato pur di non avere depositi dormienti su conti bancari o perché pensa che i tassi diventeranno ancora più negativi, sperando così di rivendere a prezzi ancora più alti i titoli.

I rendimenti offerti dai mercati corporate, investment grade e ad alto rischio di credito, sono bassi, ma principalmente per via del fatto che i tassi governativi sottostanti sono tali.
La parte di spread non è eccessivamente bassa se confrontata con i livelli raggiunti nel periodo 2005-2007. Il mercato corporate negli Stati Uniti presenta spreads più alti rispetto a quello dell’Eurozona: il motivo è principalmente la difficoltà del settore petrolifero (che pesa molto più negli high yield USA rispetto alla UE) e una durata media finanziaria maggiore per il mercato corporate americano investment grade rispetto a quello europeo.
I rendimenti offerti da governi e società nei paesi emergenti sono nettamente maggiori. Nel caso di titoli in valute locali va considerata anche la rischiosità delle valute.

Nel caso dei governativi emessi in valuta forte si nota la lunga scadenza dei titoli presenti nei benchmark: in questi anni di tassi bassi e appetito per il rischio, gli emittenti hanno approfittato del contesto di mercato per allungare le scadenze del proprio debito.
Sintetizzando, dal punto di vista dei debitori, i mercati offrono una buona opportunità per finanziarsi a tassi bassi o rinnovare vecchio debito in scadenza. Dal punto di vista dei creditori, investire in modo statico sui mercati obbligazionari significa con molta probabilità nei prossimi anni portare a casa rendimenti negativi, al netto di tasse, bolli, commissioni.
Rendimenti maggiori si trovano prendendo rischi di credito o di valuta. Questi rischi sono al momento remunerati decentemente, ma nulla di più.

Difficilmente queste condizioni cambieranno di molto nel breve termine: la BCE e la Bank of Japan sono ancora in piena fase espansiva dei propri bilanci. Gli ultimi dati macro negli Stati Uniti sembrano nuovamente rallentare, se non posticipare, il percorso di normalizzazione dei tassi americani. Tempi “normali” sono ancora lontani.

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