Europa: verso una ripresa più duratura?

A cura di James McCann, UK/Europe Economist, Standard Life Investments
L’economia dell’Eurozona ha iniziato il 2015 in grande stile, con una crescita a sorpresa sia per gli stati core sia per i membri periferici dell’Unione. Questo ha spinto verso l’alto le stime di crescita per il 2015 da 1,1% a 1,5%. Continuiamo a ritenere che la crescita si attesterà a +1,5%. Certo, i dati del primo trimestre suggeriscono un esordio robusto per l’anno e la prossima settimana verranno pubblicati i dati prelilminari sul PIL dell’Eurozona. Le stime iniziali per la Spagna, già diffuse, si attestano a +0,9% (trimestre su trimestre). Ma cosa si cela dietro l’accelerazione europea? E questa accelerazione potrà continuare?
Il crollo dei prezzi del petrolio ha naturalmente avuto un suo ruolo. L’eurozona beneficia indubbiamente dei bassi prezzi del petrolio, considerato che ne produce poco e ne importa molto. Questo ha aiutato a supportare margini e redditi reali. Le famiglie dell’eurozona, infatti, stanno godendo del loro primo incremento salariale dal 2009 ad oggi (vedi Chart 6). Detto questo, forse non c’è da sorprendersi se la fiducia dei consumatori si trova ai massimi degli ultimi otto anni e che le vendite al dettaglio siano salite del 2,6% anno su anno.
Questa realtà rassicura sul fatto che la regione non sta scivolando in deflazione. In una spirale deflazionistica conclamata, i consumatori ritardano gli acquisti in attesa di prezzi più bassi, rafforzando così la flessione del livello dei prezzi. Tuttavia, ciò non è avvenuto in Europa, dove i consumatori approfittando di prezzi dell’energia più convenienti hanno aumentato la spesa in altri settori. Non è stato solo il petrolio a spingere il miglioramento dell’attività economica, a contribuire è stata anche una politica monetaria molto più favorevole.
La BCE ha tagliato i tassi portandoli in territorio negativo, ha offerto liquidità mirata al settore bancario e intrapreso un programma di acquisti di asset a tempo indeterminato e su larga scala. Questi passi hanno contribuito a incrementare i prezzi degli asset e indebolito l’euro in modo significativo. L’indice PMI dell’Eurozona è in controtendenza rispetto all’andamento debole della produzione globale nel mese di aprile: la maggior parte degli Stati membri beneficiano di un aumento di ordini sul fronte delle esportazioni, nonostante uno scenario di crescita globale lenta.
Internamente, la trasmissione dello stimolo monetario della BCE, è stato amplificato dalla conclusione del Comprehensive Assessment (stress test + asset quality review) del settore bancario. Questo ha aiutato a ridurre la frammentazione finanziaria, con la caduta significativa dei tassi di interesse nei mercati periferici. Ad esempio i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie spagnole, sono scesi di quasi 100 punti base per tutte le scadenze nel corso dell’anno passato. Questo progresso è già stato riflesso dagli aggregati monetari.
Alla fine, l’allentamento di una stretta fiscale aggressiva e inutile è proseguito. Ci son segnali che indicano che il recente rialzo stia aiutando a consolidare una ripresa più duratura. I tassi di disoccupazione sono scesi da un picco di 12,1% a 11,3% e la regione ha creato 1,28 milioni di posti di lavoro nell’ultimo anno (vedi Chart 7). Nel contempo, gli investimenti hanno mostrato segni di vitalità, con gli investimenti fissi lordi in crescita dell’1% l’anno scorso, dopo due anni di declino.
Se da un lato queste tendenze sono incoraggianti, non dovrebbero tuttavia fornire motivo di compiacimento; il sostegno della politica monetaria ottenuto con fatica è una condizione necessaria per una ripresa duratura. E i politici dovrebbero cercare di completarlo con adeguate riforme strutturali a sostegno della crescita potenziale.

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