A cura di Claudia Calich, M&G Investments
Il giudizio del consenso sulle prospettive per il debito dei Paesi Emergenti (EM) è ribassista. In molti ritengono che i rischi comportati da un rialzo dei tassi della Fed, dalla caduta dei prezzi delle materie prime, da una possibile uscita della Grecia dall’Eurozona e da un rallentamento della Cina rappresentino motivi validi per ridurre gli investimenti nell’asset class. Tuttavia esiste attualmente una solida tesi a favore del debito EM, per gli investitori disposti a guardare al segmento più da vicino.
In primo luogo, le situazioni geopolitiche sembrano essersi stabilizzate in diverse regioni del mondo. Il processo di ristrutturazione sovrano e societario in Ucraina, ad esempio, sembra già muoversi nella giusta direzione, con trattative ad esito positivo tra creditori e governo per estendere i termini di rimborso della banca statale Ukreximbank. In Brasile, Petrobras ha finalmente diffuso i suoi risultati finanziari, con diversi mesi di ritardo a causa del suo scandalo di corruzione, eliminando il rischio di un’accelerazione e di default tecnico sulle sue obbligazioni. In Tunisia e in Kenya, Paesi colpiti recentemente da attentati terroristici, le obbligazioni sono tornate ai livelli pre-attacco dopo un breve periodo di andamento sottoperformante. Potremmo sostenere che la riduzione di tali rischi di coda non sia ancora stata presa in considerazione nella valutazione del rischio da parte degli investitori per questi Paesi.
In secondo luogo, l’inflazione in alcuni dei maggiori Paesi Emergenti si trova attualmente in una fase più favorevole. Ciò offrirà alle banche centrali un’ulteriore flessibilità di politica monetaria, evitando loro di dover ricorrere a un rialzo dei tassi di interesse prima della Fed.
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