A maggio sarà bravo chi riuscirà a individuare le azioni che scenderanno meno

di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management

Comprare un titolo obbligazionario, con la certezza di perdere dei soldi a scadenza e quindi pagare per prestare il denaro a qualcuno, solo perchè si pensa di realizzare un capital gain, ovvero di rivendere ad un prezzo superiore (magari alla BCE) nel breve periodo cos’ha di tanto diverso dalla febbre che colpiva la moltitudine di investitori che si gettavano a capofitto negli acquisti di titoli sconosciuti solo perchè si diceva fossero legati al web ?

Se ricordate, concludevo il mio ultimo Punto mensile riportando le parole di un stimatissimo gestore inglese (Jonathan Ruffer) che notava una pericolosa correlazione fra tutte le asset class.Come non notare allora che anche il Dax scendeva pesantemente assieme al Bund, in particolare modo nella giornata di giovedi 30 aprile, dopo il pessimo dato sul Pil americano?
E cosa dire del dollaro   che contro l’euro è arrivato a perdere ben sette figure toccando un minimo intraday di 1,129 il primo maggio, seguendo quindi il ribasso dell’equity e dell’obbligazionario europeo?
Certo, se si guarda a tutta una serie di fattori presenti sul mercato, è difficile non farsi prendere da una certa preoccupazione, in particolare quando vedi che i soldi guadagnati dalle grandi aziende in questi anni vengono spesi per fare dei buy back azionari invece che in capex, che rappresenta il vero driver per la ripartenza dell’economia reale. Poi parli con alcuni analisti-economisti-gestori, che ti dicono che finalmente la combinazione  dei tre fattori  (deprezzamento dell’euro, crollo del prezzo del petrolio, QE ) abbia finalmente spinto gli utili in Europa nei primi tre mesi dell’anno, più di quanto fossero stati stimati.
E questo ultimo aspetto si rivela estremamente importante, in quanto per anni gli utili reali finali si rivelavano sempre inferiori alle stime iniziali.
La stessa cosa accade in Giappone, dove i tre fattori prima citati sono all’opera da più tempo e quindi vediamo i margini delle aziende salire più di quanto abbia fatto finora il mercato. Ma anche  negli Stati Uniti , alla fine gli utili per azione  del primo trimestre non sono stati poi così disastrosi nonostante il rialzo del dollaro abbia notevolmente preoccupato la governance delle imprese americane.
Qual’è dunque la verità? E’ solo make-up contabile quello che abbiamo visto nell’ultima earning season oppure stiamo effettivamente assistendo ad una strutturale crescita degli utili, che rende le valutazioni di Borsa più in linea con parametri oggettivi statistici ?
Probabilmente in medio stat virtus, ovvero bisogna prestare più attenzione alla qualità dei dati americani rispetto a quelli europei e giapponesi, dove la differenza di ciclo è evidente.
D’altro canto ahimè è tutto da dimostrare che i listini europei e nipponici possano essere in grado di reggere il colpo in caso di correzione dello Zio Sam.
Non dimentichiamoci poi del fattore stagionalità, visto che ci troviamo in maggio, senza che vi stia a ricordare il famoso (e ormai noioso) adagio.
Ma allora, dove possiamo  investire i nostri soldi vista la correlazione che si è creata tra mercato obbligazionario e azionario? Continuo a pensare che i fondi Long Short Market Neutral possano essere la risposta, anche se diventa fondamentale la capacità di analisi del gestore di individuare azioni che scenderanno meno (e delle quali sarà compratore) rispetto ad altre (delle quali sarà venditore).

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