Fed Usa, rialzi a settembre: la view di Credit Suisse

A cura di Björn Eberhardt, Head of Global Macro Research, Credit Suisse
La ripresa negli USA consente un rialzo da parte della Fed a settembre. Sembra che la ripresa dell’economia statunitense dalla debolezza del 1T 2015 si stia mettendo in moto, come si evince dal miglioramento dei dati di mercato del lavoro, settore residenziale, vendite retail e indagini commerciali. Anche gli indici relativi all’inflazione dei prezzi al consumo e dei salari segnalano che la lenta, ma costante normalizzazione delle condizioni economiche negli USA degli ultimi anni potrebbe giungere a una fase decisiva. La Fed statunitense ha tenuto conto di questi andamenti: lasciando ampiamente invariate le proprie previsioni economiche e sui tassi di riferimento in occasione della sua riunione di giugno, ha segnalato che un primo rialzo dei tassi potrebbe avvicinarsi, come da noi previsto, nel settembre 2015. Un elemento più importante è che l’eventuale ciclo di rialzi viene indicato come molto lento e graduale. Ciò dovrebbe consentire all’economia statunitense di continuare a espandersi a un ritmo moderato, leggermente al di sopra del tasso di crescita tendenziale sul lungo termine.
I dati europei ancora in rialzo. A farla da padrone nelle notizie dall’Eurozona è stato lo stallo, per cui non si vede ancora una soluzione (al momento della redazione), tra la Grecia e i suoi creditori. Il linguaggio usato è diventato più polemico, ma trovare un accordo su una soluzione è nell’interesse di entrambe le parti. Ciò rappresenta ancora il nostro scenario centrale. Il rischio è che le negoziazioni possano andare per le lunghe, oltre scadenze importanti come il 30 giugno. I mercati finanziari hanno già reagito negativamente, e i mercati azionari dell’Eurozona hanno evidenziato un ribasso. Invece i rendimenti dei titoli di stato di gran parte dei paesi dell’unione monetaria sono aumentati rispetto ad alcune settimane fa. Finora, i dati delle ricerche economiche hanno mediamente tenuto bene. Tuttavia un ulteriore aumento dell’incertezza correlata alla Grecia comporta il rischio di effetti negativi di contagio sul sentiment dei consumatori e commerciale.
L’economia britannica continua a crescere in modo solido, pur a un ritmo più lento rispetto a gran parte del 2014. Nel mentre il miglioramento sul mercato del lavoro ha generato nuovi segnali di un incremento della crescita dei salari, che hanno raggiunto un massimo in sei anni ad aprile. Comunque le prospettive nel breve termine per l’inflazione restano contenute, poiché gli effetti dei bassi prezzi del petrolio e l’accesa concorrenza nel settore retail mantengono bassa l’inflazione dei prezzi energetici e alimentari. Ciononostante, continuiamo a prevedere che la Bank of England procederà a dei rialzi a fine 2015. Infatti la crescita dei salari dovrebbe aumentare ulteriormente nei prossimi mesi e, con ogni probabilità, l’inflazione registrerà un significativo rialzo entro fine anno.
Prospettive ancora contenute sui principali mercati emergenti. Per i principali mercati emergenti, riteniamo che ci siano scarse ragioni per modificare le nostre prospettive prudenti. I dati economici dalla Cina mostrano segnali di stabilizzazione, ma il quadro resta eterogeneo. Pertanto ci attendiamo anche un ulteriore allentamento della politica monetaria. Per l’India, nonostante il miglioramento dei dati sull’attività nel 2T, continuiamo a presentare un certo scetticismo sulle prospettive di medio-lungo termine, poiché sembra stia venendo meno l’entusiasmo del governo per le riforme.
Anche un probabile rimbalzo dell’inflazione nei prossimi mesi, a nostro giudizio, dovrebbe far sì che la Reserve Bank of India non proceda a un ulteriore allentamento. Sembra che la contrazione dell’economia russa nel 1T si sia estesa al 2T. Lo shock commerciale derivante dalla flessione dei prezzi del petrolio richiede ora un riequilibrio dell’economia a un tasso di cambio reale più basso. Non essendoci ancora dei segnali di un miglioramento dei dati, prevediamo di assistere a dei segnali di miglioramento prima di fine anno. Di contro il Brasile, che analogamente deve fare i conti con l’impatto della flessione dei prezzi delle commodity, risente principalmente degli eccessivi sperperi fiscali. Ci potrebbe volere un periodo di tempo prolungato affinché si distendano.

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