A cura di Corrado Caironi, investment strategist di Ricerca & Finanza
Usa: ancora bene il lavoro. Negli Stati Uniti si sono susseguiti dati macroeconomici sicuramente positivi e sopra le attese; il primo ha riguardato il reddito disponibile con un aumento di +0,4% (indicatore Personal Income and Outlays); a seguire anche l’ISM Manufatturiero è tornato a crescere (52,8 rispetto al precedente 51,5); e a fine settimana, i dati che più hanno sorpreso gli operatori sono stati quello del mercato del lavoro, con 280.000 nuovi ingressi, e il rispettivo aumento delle retribuzioni. Le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale di spostare al 2016 l’inizio del rialzo dei tassi non sembra aver avuto grande risonanza nella Fed che continuerà a valutare i dati macro prima di ogni decisione come prospettato.
BCE positiva sui risultati. Nello stesso tempo il governatore della BCE Draghi ha promosso i risultati in miglioramento dell’area Euro e confermato la solidità degli interventi monetari; la Bundesbank ha alzato le stime di crescita per la Germania dall’1% al 1,7%, in linea con le previsione del governo tedesco all’1,8%. In questo clima di consolidamento del trend di crescita nelle due più importanti aree sviluppate a farne le spese sono stati soprattutto i titoli governativi tedeschi: il Bund in poche sedute si è riavvicinato al rendimento dell’1%. Rimane invece sul tappeto la vicenda prettamente politica della Grecia che tra strette di mano e dichiarazioni di insoddisfazione tra le parti non trova un punto di arrivo. A ben guardare sembra una ‘partita a scacchi’ che il primo ministro greco Tsipras e la cancelliera tedesca Merkel vogliono gestire in prima persona, ma su tavoli politici contrapposti; la ricerca di un mediatore autorevole per entrambe adesso diventa veramente difficile. Dopo i commenti sul terzo fallimento in un mese nel mercato azionario cinese che aveva scosso gli indici, lo Shanghai Composite torna sopra 5000 punti guardando ai prossimi tagli di interesse della PBoC, la banca centrale cinese. In questo clima di riflessione gli operatori sembrano tirare i remi in barca preparandosi per il periodo estivo.
Focus della settimana: L’attenzione negli Usa sarà rivolta alle vendite retail, nell’area Euro ai dati sulla produzione e in Cina ad una serie di dati che riguardano l’inflazione, la produzione industriale e le esportazioni.
Più spinta in Cina
Crescita a rilento? La Cina prosegue nel suo percorso di crescita economica, anche se il passo non è più quello precedente la crisi finanziaria ovvero superiore al 10% annuo, guardando con attenzione a possibili fattori destabilizzanti come il forte aumento dell’indebitamento privato, la sensibilità dei prezzi delle abitazioni e la conversione del debito delle amministrazioni locali in strumenti governabili dalle autorità centrali. Gli analisti restano fiduciosi sulle capacità del governo cinese di portare avanti sia le riforme di lungo termine che trovano al centro i servizi pubblici (sanità e pensioni, educazione, infrastrutture e efficientamento del sistema amministrativo) che il mantenimento del trend di crescita a breve fissato in un +7% per quest’anno attraverso incentivi fiscali e politica monetaria.
Hong Kong vs Shanghai Sul tema degli investimenti la preoccupazione maggiore è la possibile fuoriuscita di flussi dal paese; gli indici azionari di Shanghai sono raddoppiati negli ultimi dodici mesi anticipando gli interventi monetari e fiscali a supporto della crescita e cavalcando la riforma finanziaria che ha aperto le porte a nuovi investitori con la connessione dei mercati di Hong Kong e Shanghai. Gli analisti restano convinti che nonostante le valutazioni non siano appetibili come un anno addietro l’economia rimane impostata positivamente mentre le riforme governative saranno sempre più di supporto al mercato borsistico. L’esperienza dei gestori indica quindi un basso rischio di crollo del mercato finanziario, una maggiore attenzione alla rotazione settoriale e valutazioni che indicano una maggiore appetibilità alla azioni quotate nell’indice di Hong Kong.
Obbligazionario in RMB Nel mercato obbligazionario l’aumento di emissioni ‘corporate’ in valuta cinese è in continuo aumento, superando l’ammontare del debito governativo. Il forte aumento dell’indebitamento complessivo del paese si è riflesso nel mercato obbligazionario che è diventato il terzo mercato al mondo con oltre 6 trnUS$ di titoli negoziabili, solo dietro Usa e Giappone. Nonostante le dimensioni rimangono comunque evidenti limiti nella valutazione dei titoli per mancanza di informazioni dettagliate ed ufficiali; le autorità hanno iniziato ad aggiornare la regolamentazione, mentre la normativa sul fallimento, in una logica di protezione per gli investitori, è in piena evoluzione. Insomma il mercato offre un’ampia gamma di soluzioni con tassi relativi molto interessanti e duration limitate; inoltre le caratteristiche del mercato sembrano offrire una decorrelazione con i principali indici obbligazioni sviluppati: fattore interessante in una fase di possibile rialzo dei rendimenti che partirebbe dagli Usa.
Prospettive per l’economia USA
Stime fortemente errate. Ci sono almeno due aspetti che non convincono economisti e analisti finanziari riguardo ai dati recentemente pubblicati e provenienti dagli Stati Uniti ovvero, quello relativo al calo del GDP nel primo trimestre, e quello sulla Earning Season delle società quotate. Il primo riguarda il gap delle previsioni di fine anno sulla crescita economica statunitense che dopo il risultato deludente del primo trimestre, – 0,7%, sono passate per l’intero 2015 da + 3,3%, previsto nel dicembre scorso, agli attuali + 2,4%. Il secondo riguarda la profittabilità delle società che ha trovato un esito contrario: i profitti annunciati dalle società dell’indice S&P500 a fine trimestre sono stati del 6% superiori alle stime, un risultato così divergente non si riscontrava dal primo trimestre del 2012.
Petrolio nel mirino delle analisi Nella realtà uno dei temi che sembra aver distorto le previsioni sembra sia stato il forte calo dei prezzi energetici che dal lato della crescita domestica Usa prevedeva un aumento dei consumi, poi non avveratosi, e dall’altro il crollo dei profitti del settore energetico che comunque si è trasformato in un fattore positivo di utili in altri settori.
Consumi deludenti Partendo proprio dall’analisi del calo dei consumi rispetto ad attese di un aumento degli stessi, le analisi storiche mettono in luce che non esiste una relazione diretta ed immediata, nonostante l’attuale calo della benzina alla pompa statunitense sia stato molto ampio, oltre il 45% negli ultimi dodici mesi. Nel complesso gli analisti stimano che il risparmio di spesa da minor costo energetico per le famiglie Usa sia nell’ordine di circa 97 mld di dollari e che almeno la maggior parte fosse finalizzata dalle famiglie ad altri consumi. Nelle analisi, in sintesi, tale atteggiamento sembra giustificato da alcuni fattori comportamentali quali ad esempio: – la caduta del prezzo ha bisogno di essere consolidata in un tempo ragionevole perché venga recepita come strutturale nel bilancio familiare; – la percezione che la caduta del prezzo nasconda una crisi: la famiglia aumenta la sua quota di risparmio anziché aumentare la spesa in attesa di conferme sulla prospettive economiche; – l’aumento di spesa nei consumi è indirizzato sui beni che traggono maggior beneficio dal calo dell’energia e solo nel tempo si espande ad altri settori di consumo.
Attesa una spinta nel secondo semestre L’analisi che prende in considerazione eventi precedenti del tutto simili, con cadute di prezzo del petrolio almeno superiori del 30% (1986-88, 1990-91, 1997-98, 2001, 2008), proietterebbe il calo dei costi energetici di fine 2014 in un beneficio dei consumi reali nella seconda parte del 2015. La volatilità dei dati di fiducia a livello globale dimostra infatti quanto rimanga incerto il contesto economico internazionale con una chiara difficoltà degli economisti di produrre stime attendibili; al momento gli analisti finanziari cercano di tracciare le tendenze attraverso le esperienze precedenti, che nella logica degli operatori diventano comunque un buon riferimento per orientarsi nel movimento dei flussi di investimento.