Eurogruppo, nulla di fatto. S&P500, segnali rialzisti

Premettiamo da subito che non andremo a dilungarci più di tanto sulla questione che da’ il titolo al contributo di questa mattina. Tante, tantissime sono state le parole spese a riguardo e i ragionamenti avanzati in merito talvolta perfino sterili salvo ritrovarci ancora in balia di news che non arrivano se non in relazione ad accordi che appaiono sempre più lontani e parti contraenti in vero e proprio clima da rissa. Ancora ieri l’Eurogruppo, che pareva potesse essere un appuntamento risolutore, ha avuto come esito un gigantesco “nulla di fatto” il quale ha confermato la posizione perentoria del Fondo Monetario Internazionale – il quale ha reiterato con veemenza che la scadenza del pagamento da 1,6 miliardi di euro entro la fine di giugno è inderogabile – l’intransigenza dei ministri dell’Eurozona rispetto ad un memorandum obbligatorio al quale la Grecia dovrebbe sottostare, e la tenacia de ministro ellenico Varoufakis che non vuole vedere il suo paese ancora una volta cadere sotto i colpi di un’inconcepibile e deleteria austerità utile solo ai creditori internazionali quanto potenzialmente devastante per la popolazione greca.
Dal punto di vista del riflesso sui mercati finanziari, nostro focus principale, è verosimile che la giornata di oggi non si rivelerà granchè significativa per sviluppi della vicenda dal momento che per lunedì prossimo è stato convocato l’ennesimo vertice straordinario che dunque costituirà un’ulteriore tappa (probabilmente tutt’altro che decisiva) di quest’annosa quanto stucchevole vicenda il cui finale resta sempre più incerto. Per inciso, ma andiamo più a sensazione che su elementi vicini all’incontrovertibilità, riteniamo che la forza negoziale degli organismi internazionali e il loro potere di ricatto finiranno per avere la meglio rispetto alla debole rappresentanza greca, e che quindi una sorta di accordo (con eventuali “maschere” di rinvio e proroga) si troverà entro la fine del mese.
Naturalmente, dal nostro canto, continueremo a seguire i mercati finanziari da un’ottica esclusivamente tecnica, come peraltro hanno dimostrato questi ultimi giorni, andando a seguire perciò le dinamiche sul fronte Usa e come hanno influenzato e stanno agendo sullo sviluppo dei prezzi, e quelle selle singole banche centrali che continuano ad essere le dichiarate e autoreferenziali protagoniste della scena in questo momento storico. I riflessi di quanto emerso mercoledì sera da Washington, dove si è riunuti il FOMC e dal quale ha parlato il Governatore Janet Yellen, li abbiamo commentati ieri e ne abbiamo visti gli effetti sui mercati: il dollaro è stato ampiamente venduto nella mattinata, dopo l’importante fiammata di sell off già proprio accesasi mercoledì sera stesso, sulla scorta delle “rassicurazioni” di un orizzonte ancora di politiche accomodanti per il 2016 nonostante il probabile ritocco dei Funds Rate entro la fine di quest’anno, il quale però appare quasi come una sorta di “contentino” ai mercati piuttosto che l’inizio di un vero e proprio cammino di politiche monetarie restrittive d’oltreoceano.
La credibilità delle banche centrali è, come mai, in questo momento storico piuttosto vacillante, e basti citare il caso sesquipedale della SNB piuttosto che quello più recente delle dichiarazioni a sorpresa di Kuroda della Bank of Japan per non avere tema di smentita; la stessa Federal Reserve non ha brillato per chiarezza e trasparenza, nè con Bernanke nè finora con Yellen e un clamoroso dietrofont sul rialzo dei tassi, che ha alimentato peraltro il rafforzamento del dollaro Americano da un anno a questa parte, svilirebbe ulteriormente l’affidabilità dell’istituto centrale americano il quale ha fatto intendere che le sue manovre resteranno “data dependent” e che l’enfasi sulla dinamica dei tassi è perfino esagerata. In tal accezione, i dati sull’Inflazione USA di ieri che hanno evidenziato un lieve calo rispetto alle attese (+0,1%vs +0,2%exp mensile, +1,7% vs +1,8%exp su base annuale) si inseriscono perfettamente nell’atteggiamento prudente della Fed. Per oggi gli appuntamenti macro non appaiono di rilievo marcato, se non in relazione al Canada del quale verranno pubblicati Inflazione e Vendite al Dettaglio alle 14.30.
Da seguire i rialzi dei listini azionari, con l’S&P500 che ha fornito un forte segnale long con la rottura delle resistenze sopra 2.107 punti prima e 2.115 poi, e che potrebbe essere designato per il raggiungimento di nuovi massimi, in una giornata che risulta particolare per la concomitanza delle scadenze dei derivati e che quindi vedrà lo slittamento dei volume sui contratti con scadenza settembre e possibili forti incrementi di volatilità in particolare dal pomeriggio. Sul valutario, con la tenuta sostanziale di area 11.740 del Dollar Index, è verosimile aspettarsi delle correzioni a ricopertura da parte del biglietto verde che potrebbe andare a riguadagnare terreno in particolare contro le commodities currencies, poi contro euro e yen e in ultimo contro sterlina.
Eur/Usd Il daily ci ha mostrato dei tentative di rialzo del cambio, in buona parte riassorbiti durante la giornata di ieri, mettendo in luce il fallimento del raggiungimento di nuovi massimi sopra l’area di 1,1465. In atto dunque correzioni significative che vedono nell’area che passa tra 1,1325 e 1,1340 i punti di maggior rilievo e quindi suscettibili di ripartenze long. Ripartenze long che, se gestite con prudenza, possono essere cavalcate a partire dal ritorno sopra area 1,1385 verso poi le aree di Massimo sopra evidenziate. I superamenti al ribasso di 1,1325 possono indurre ad aggressive posizioni di vendita in direzione 1,1290, punto quest’ultimo più rilevante per very break ribassisti verso I livelli di 1,1240 e 1,12.
Usd/Jpy Il daily ha mostrato precisione quasi millimetrica nel respingimento del prezzo in area 122,50, livello di demarcazione importante e che rappresentava il punto di maggiore resistenza poi violato a fine Maggio verso i massimi relativi a 126. In questi minuti il prezzo si trova al cospetto di importanti resistenze in area 123,15 che tecnicamente rappresenta una zona di vendita che però è andata a “sporcarsi” dal punto di vista delle confluenze grafiche. Possibile perciò che il mercato tenti timidi allunghi anche verso 123,35 prima di ripartenze al ribasso che potranno essere intraprese in maniera conservativa con rotture sotto 122,85 in direzione dei minimi a 122,45. Da quell momento stop in pari e attesa di breakout verso area 122 in primo luogo. Meno preciso l’eventuale scenario rialzista da poter seguire sopra 123,35 per obiettivi a 123,60 prima e 123,80 poi. Da quest’ultimo dipendono le vere riprese long del cambio.
Gbp/Usd Come avevamo descritto ad inizio di settimana, forte segnale long del cable addirittura su base weekly e che ha manifestato dunque tutta la sua validità. Il megasupporto è ora rappresentato da area 1,5800/20. Da lì le indicazioni long apparirebbero davvero rilevanti rispetto invece ad un grafico orario che ci mostra ancora la tenuta di confluenze grafiche in zona pivot daily a 1,5870. Lo strappo di volatilità da questi livelli però potrà essere indicativo sull’opportunità di acquisti che potrebbero perciò essere “rimandati” sopra 1,5895 con primo vicino obiettivo sui massimi a 1,5930 e 1,60 target ideale. Piuttosto complesso un eventuale scenario short che dipende dal cedimento dell’area inizialmente citata in favore dei precisi punti a 1,5750.
Aud/Usd  Clamorose le salite di ieri viste sull’australiano, se però non si tiene conto dei riassorbimenti in chiusura che hanno svilito il segnale long sopra 0,7815. Solo ritorni sopra questo livello possono restituire linfa al movimento bullish che è emblema ancora della scarsa pulizia tecnica di questo cambio. Le aree di arresto della potente discesa notturna potrebbero essere quelle attorno 0,7750 per correzioni a 0,7780 che rappresenterebbero però nuovi punti di vendita per ritorno sul supporto e break dei minimi in direzione 0,7715. Attenderemo ritorni sopra 0,7795 per acquisti in direzione 0,7815 e stop in pari per allunghi verso i massimi di ieri.
di Matteo  Paganini, analista di Fxcm

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