Obbligazioni high yield europee: ulteriori margini di rialzo secondo Pictet AM

di Roman Gaiser, Head of High Yield di Pictet AM

In un periodo caratterizzato da tassi di interesse bassissimi, gli investitori si sono riversati sulle obbligazioni high yield. Ora che i tassi probabilmente risaliranno, almeno negli Stati Uniti, molti si chiedono se sia giunto il momento di vendere, ma in un’ottica di lungo periodo il debito high yield europeo gode ancora di ottime prospettive.

Negli ultimi mesi abbiamo visto delle ondate di volatilità sui mercati obbligazionari, compreso il segmento high yield. È un buon momento per investire nell’asset class? Senza dubbio, la volatilità è molto intensa sul mercato nel suo insieme, non solo sulle piazze high yield. La recente inversione subita dai Bund tedeschi ci ha messo i bastoni fra le ruote e la Grecia, chiaramente, è un’altra fonte di instabilità. Non è certo facile prevedere come andranno le cose il mese prossimo e la volatilità sarà generalmente più intensa. Ma dal punto di vista fondamentale e tecnico, la situazione sembra buona. Un aspetto allettante del debito high yield europeo è una duration molto breve rispetto alle emissioni americane della stessa categoria e ad altri strumenti fixed income del vecchio continente. La duration media, pari a tre anni e mezzo, è meno della metà di quella dei Bund. Il significato di questo divario non dovrebbe sfuggire agli investitori. La duration è forse il rischio più grande in questa fase del ciclo economico. È quanto abbiamo visto a maggio e giugno, quando i rendimenti tedeschi hanno subito un brusco rialzo, mentre le obbligazioni high yield sono rimaste relativamente stabili. Un fenomeno ancora più evidente nel caso del debito high yield a breve scadenza, che presenta una duration media di un anno e mezzo. Da una prospettiva fondamentale, i risultati aziendali non sono certo brillanti. Ma agli investitori high yield non servono necessariamente utili in rapida crescita per assicurarsi cospicui guadagni. I profitti sono stabili anche grazie alla moderata ripresa dell’economia europea, che due anni fa era invece indiscutibilmente in recessione. Si tratta di un contesto più favorevole al debito high yield che al mercato azionario, che ha sempre bisogno di dati decisamente migliori. In borsa, le quotazioni di una società stabile sono destinate a scendere. In ambito high yield, invece, la cedola di un emittente stabile e solido sarà sempre interessante. Nel tempo le obbligazioni high yield offrono una performance migliore dei titoli azionari nel senso che generano un rendimento più alto per unità di volatilità. Il debito high yield batte anche i titoli di Stato nel lungo periodo. Perché? Perché comprende un importante elemento reddituale che compensa eventuali default. Ogni anno l’investitore riceve una cedola del 4-6% che bilancia almeno in parte le possibili perdite di capitale.

Guardando oltre la volatilità immediata riconducibile all’inasprimento della politica monetaria USA e alla crisi del debito greco, perché le prospettive a lungo termine sono ancora positive per l’high yield europeo? Il contesto europeo è caratterizzato attualmente da una moderata crescita e una scarsa inflazione, anche se recentemente la corsa dei prezzi è accelerata dal -0,3% al +0,3%. Una buona congiuntura per il debito high yield. Gli investitori high yield devono diffidare di una crescita eccessiva perché crea inflazione, i tassi salgono, le società tendono a essere più aggressive e così via. Meglio un’economia né troppo dinamica né troppo fiacca. Inoltre, Sul fronte corporate, molte società hanno rifinanziato passività a breve con obbligazioni a lunga scadenza. C’è chi si diverte a evocare lo spauracchio del “muro delle scadenze”, un’enorme ondata di rimborsi simultanei da cui potrebbero derivare casi di insolvenza. Non condivido questa visione. Secondo me non c’è nessun muro, semmai un’onda d’urto, come quando vai in barca: ce l’hai sempre tre metri davanti a te e non la raggiungi mai. Le aziende hanno approfittato dei bassi tassi d’interesse per allungare la scadenza dei propri debiti. Di conseguenza, non sono molti i titoli in scadenza quest’anno, il prossimo o nei prossimi tre anni. Inoltre, se guardiamo il Liquidity Stress Index di Moody’s, che misura la liquidità degli emittenti con i rating peggiori, vediamo che sono pochissime le società sotto pressione. Solitamente, ciò significa che i tassi di default saranno contenuti, perché le imprese diventano insolventi quando non hanno più liquidità.

Dato il supporto della modesta ripresa economica europea, ci sono settori più interessanti di altri? Quelli esposti alla ripresa europea, vale a dire legati ai consumi, come la distribuzione al dettaglio. Le vendite di auto sono in aumento. Con il calo della disoccupazione, si spende un po’ di più. Guardiamo con favore anche all’area dei servizi, dai servizi al consumo (come il noleggio auto) al gioco. Anche i servizi alle imprese vanno bene. Un altro settore interessante è quello delle telecomunicazioni: le aziende sono indubbiamente soggette a una forte concorrenza, ma è in atto un processo di consolidamento ad ampio raggio. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono cinque grandi operatori, in Europa 120 o giù di lì. Non dico che fra tre o cinque anni anche in Europa ci saranno cinque società di telecomunicazioni, ma l’attività di fusione è molto intensa. Per noi è un bene perché tendiamo a investire in piccole imprese che sono solitamente nel mirino delle grandi aziende e quando una società viene acquisita le sue obbligazioni ne beneficiano. Qualche anno fa, ad esempio, Ono si è vista aumentare il rating quando è stata rilevata da Vodafone.

Che cosa dire agli investitori attratti dai fondamentali del debito high yield ma ancora spaventati da un rischio di credito più elevato? Molte persone non si rendono conto che le aziende più note sono di fatto emittenti high yield. Spesso si pensa erroneamente che l’asset class sia popolata esclusivamente da piccole imprese con bilanci deboli, ma le società high yield operano nell’economia reale, si trovano ovunque e fanno parte della nostra vita quotidiana: l’auto di famiglia, il cibo che mettiamo in tavola, la linea aerea con cui viaggiamo. Molte compagnie – come British Airways, Air France e Lufthansa – sono emittenti sub investment grade, così come tante case automobilistiche, da Renault a Peugeot, da Fiat ad Aston Martin. Alcune di queste aziende sono state declassate durante la crisi finanziaria, ma molte altre fanno parte dell’universo high yield per scelta: preferiscono operare in leva perché è più remunerativo per gli azionisti se gli affari vanno bene. Dal punto di vista numerico, credo che il segmento high yield rappresenti dal 20 al 50% del totale degli emittenti corporate europei. Sul mercato USA, più maturo, la percentuale è molto più alta e una società su due è classificata high yield. L’Europa è chiaramente un po’ indietro, ma i trend recenti dimostrano che sta già recuperando terreno.

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