Per capire le reali prospettive dell’azionario è fondamentale seguire la reporting season

a cura di Banca Intermobiliare

Dopo giornate di fortissima tensione, nelle quali l’ipotesi Grexit è diventata pericolosamente concreta (se non fosse stato per Draghi e Hollande ora staremmo probabilmente commentando una Grecia fuori dall’Euro), lunedì mattina al termine di un meeting di ben 17 ore è stata raggiunto un accordo per il nuovo piano di salvataggio.
Come avevamo ipotizzato la scorsa settimana il potere negoziale acquisito da Tsipras con il risultato del referendum ha avuto vita breve sotto la drammatica pressione dell’emergenza economico-finanziaria in cui ormai si trovava la Grecia e soprattutto il suo sistema bancario, messo in ginocchio dal ritiro dei capitali.
Tant’è che alla fine Tsipras si è trovato ad accettare un piano ben peggiore di quello bocciato solo domenica scorsa con il referendum.

In primo luogo, il nuovo accordo prevede che il piano di aiuti sia subordinato all’approvazione entro domani da parte del Parlamento greco delle riforme su Iva e pensioni.
Solo dopo il via libera a queste riforme si avvieranno i negoziati per predisporre il nuovo piano di aiuti che dovrebbe ammontare a 82-86 mld di euro (per le necessità finanziarie imminenti dovrebbe essere predisposto un prestito ponte).
Nei prossimi mesi dovranno essere implementate numerosi altri interventi, tra cui la riforma del Codice di procedura civile (entro il 22 luglio) e quella del mercato del lavoro, il tutto sotto la supervisione di Commissione UE, BCE e FMI (di fatto il ritorno della Troika).
Dovrà poi essere costituito un fondo indipendente in cui conferire gli asset da privatizzare per un valore teorico di 50 mld; il fondo avrà sede ad Atene (inizialmente era stato ipotizzato il Lussemburgo) e sarà gestito dalle autorità greche sotto la supervisione delle istituzioni europee.
L’accordo esclude esplicitamente un “haircut” del debito, mentre viene accennato alla possibilità che, se il programma sarà implementato con successo, possa essere valutato un allungamento delle scadenze e dei periodi di grazia sugli interessi.

La “palla” torna ora nel campo del Parlamento greco che dovrà approvare le riforme alle quali è condizionato il piano di salvataggio. Quello del Parlamento greco è un passaggio delicato e l’esperienza degli ultimi mesi insegna che non si può dare nulla per scontato, tuttavia, occorre evidenziare che: – il piano presentato da Tsipras all’Europa la settimana scorsa era stato votato da una larghissima maggioranza (251 su 300) nonostante la defezione di alcuni componenti di Syriza;
– considerata la situazione finanziaria del paese lo spazio di manovra del Parlamento è praticamente nullo;
– i Partiti di opposizione sono ben contenti di dare il loro apporto, tanto più in caso di forte dissenso all’interno di Syriza, in quanto questo indebolirebbe ulteriormente la posizione politica interna di Tsipras, che ha di fatto tradito il mandato popolare conferitogli con il risultato del referendum (da lui indetto e sul quale lui aveva sostenuto la posizione del no).

Il percorso della crisi greca resta estremamente delicato ed incerto, tuttavia, dopo l’intesa raggiunta l’attenzione del mercato dovrebbe tornare a spostarsi sugli aspetti macro.
Su questo fronte l’argomento centrale continua ad essere la politica monetaria della FED, tanto più in questa fase in cui il rendimento del decennale americano si è riportato in prossimità dei massimi relativi ed i futures sui FED funds sono tornati a scontare un rialzo dei tassi entro la fine dell’anno.
Un passaggio importante sarà l’audizione di metà anno della Yellen presso il Parlamento americano in programma questa settimana (mercoledì alla Camera e giovedì al Senato). Qualche anticipazione la si è avuta venerdì scorso con il suo intervento al US economic outlook in occasione del quale ha dichiarato che:
– si aspetta che sia appropriato un rialzo dei tassi verso la fine dell’anno;
– le prospettive dell’economia e dell’inflazione rimangono incerte e occorre monitorare attentamente l’evoluzione del mercato del lavoro.

Altro elemento di attenzione è sicuramente la Cina, tornata alla ribalta con la forte correzione della Borsa, arginata non senza qualche difficoltà dal Governo. L’elevata incidenza degli acquisti a debito potrà sicuramente ancora portare volatilità (e questo suggerisce prudenza), tuttavia, va considerato che:
– con le vendite delle ultime settimane vi è già stato una importante riduzione della leva;
– la capacità di intervento delle authority dovrebbe ridurre il rischio sistemico per il comparto finanziario;
– a livello di wealth effect negativo, solo una modesta parte del patrimonio dei cinesi è allocato in Borsa e quest’ultima anche dopo la correzione si mantiene al di sopra dei livelli di inizio anno.

Considerato che la crisi greca per qualche mese ha un percorso tracciato (anche se complicato) ed escludendo al momento una degenerazione della situazione cinese, manteniamo un atteggiamento complessivamente costruttivo sul comparto azionario. Il prossimo avvio del rialzo dei tassi da parte della FED potrebbe essere fonte di volatilità, ma non crediamo che sia destinato ad invertire il trend di medio termine delle Borse, anche perché la Yellen, come ha più volte lasciato intendere, adotterà un atteggiamento estremamente cauto nel suo percorso di rialzo. Per le reali prospettive dei mercati azionari sarà comunque di fondamentale importanza la crescita degli utili considerando che:
– Wall Street presenta valutazioni decisamente piene sui fondamentali, tanto più in un contesto di tassi in rialzo;
– l’Europa ha valutazioni sicuramente più attraenti, ma occorre valutare gli strascichi lasciati dalla difficile gestione della crisi greca, anche in termini di eventuale maggior premio per il rischio richiesto dagli investitori.
A questo riguardo potranno sicuramente giungere indicazioni preziose dalla reporting season che ha appena preso il via.

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