Oltre la Grecia: l’analisi di Gam del mercato azionario europeo

A cura di Niall Gallagher, gestore dei fondi GAM Star European Equity e GAM Star Continental European Equity
L’accordo è più vicino, ma non c’è ancora nulla di definitivo. L’ultima riunione dell’Eurogruppo ha aumentato la fiducia di coloro che credono in un’intesa tra la Grecia e i suoi creditori. È sempre più chiaro che nonostante la linea dura intrapresa da alcuni policy maker, c’è un vero desiderio di far rimanere la Grecia nell’Eurozona. Certo, è difficile capire se ciò sia dettato da motivi geopolitici o dalla paura di conseguenze imprevedibili di una situazione simile al periodo post-crisi Lehman. Ma sembrano comunque esserci davvero profonde differenze tra il comportamento dei ministri delle finanze e i loro leader, specialmente in Germania.
Draghi ha fatto chiaramente capire che la Bce non è l’organo deputato a prendere quella che è essenzialmente una decisione politica.
In passato, eravamo positivi su alcune banche greche sulla base della ripresa economica che stava prendendo forma a inizio 2014, data l’elevata redditività core di un sistema consolidato, con quattro banche principali e una posizione patrimoniale generale più solida dopo gli aumenti di capitale. Tuttavia, abbiamo deciso di vendere la nostra piccola posizione su una banca greca lo scorso febbraio dopo alcune visite ad Atene, quando ci hanno preoccupato gli sviluppi politici.
I passi indietro della condizione economica cominciati con l’elezione dell’attuale governo, con un ritorno alla recessione, ha fatto venire meno le ragioni a favore degli investimenti in titoli di banche elleniche, anche nel caso di una soluzione positiva della crisi. Pensiamo infatti che sarà necessario l’afflusso di ulteriore capitale azionario, che diluirà le quote in mano agli azionisti attuali; è inoltre rimasto poco valore nel comparto bancario del listino greco. Ci sono altri titoli greci che sono interessanti e che stanno scambiando a valutazioni attraenti, come Hellenic Telecom, ma non compreremo nulla in Grecia a meno che si arrivi a un patto di ferro tra la Grecia e i suoi creditori. Un patto che sia completo e al contempo sostenibile.
Le valutazioni sul mercato azionario europeo restano allettanti, ma è richiesta un’elevata selettività per massimizzare le opportunità esistenti. Altrove, nelle scorse settimane abbiamo avuto incontri positivi con i team del management di molte società che costituiscono le principali posizioni del fondo, inclusi Fresenius, Inditex, Wirecard, Roche, Novo Nordisk, Nos, Kone, Liberty Global, Euronext e Richemont. In particolare, la conglomerata tedesca del settore healthcare Fresenius continua a beneficiare delle conseguenze sui prezzi delle scarsità nei farmaci generici di classe IV nel mercato americano attraverso la sua società satellite Kabi, mentre il suo business ospedaliero in Germania sta godendo di trend positivi del volume di affari e della capacità di determinazione dei prezzi. La società di gestione dei sistemi di pagamento Wirecard continua a trarre vantaggio dalla crescita strutturale dei pagamenti elettronici rispetto a quelli in contanti, dalla crescita dell’e-commerce e dell’m-commerce, e ci sono nuovi interessanti sviluppi nella tecnologia di pagamento con smartphone.
In termini della più ampia struttura di portafoglio, i nostri fondi non hanno posizioni in società petrolifere integrate e in quelle società industriali che agiscono da fornitori per queste attività. Riteniamo che il mercato non abbia ancora pienamente prezzato il recente crollo del prezzo del petrolio nelle azioni di queste aziende e che quindi quest’ultime continuino a essere value destructive (cioè il ritorno sul capitale impiegato è inferiore al costo di capitale) e molto sopravvalutate. Guardando più a lungo termine, sono sempre più evidenti i segnali che testimoniano come i costanti declini nel costo dell’energia rinnovabile, come quella solare, e gli sviluppi nel campo degli accumulatori di energia potrebbero ridurre in maniera permanente la crescita della domanda di petrolio, gas e carbone a livello globale.
In pratica, l’energia rinnovabile sta diventando più economica e alla fine sarà più conveniente, rispetto alle tradizionali fonti di energia termiche, per la generazione di corrente elettrica e per il trasporto di superficie. Questo implica che le prospettive più a lungo termine per le società petrolifere integrate e del settore utility siano incerte, con una significativa possibilità che si ritrovino con una gran quantità di asset inutilizzabili. In quest’ottica, riteniamo che queste società, sia costose che distruttrici di valore sul breve, si trovino di fronte a una sfida strutturale sul lungo termine.
I nostri fondi hanno anche un’esposizione limitata al settore bancario europeo. Riconosciamo certamente che le banche trarranno beneficio dalla miglior situazione economica dell’Europa periferica e settentrionale, grazie a una riduzione degli accantonamenti per i rischi sui crediti, con alla fine un impulso positivo al credito che porterà a una crescita dei bilanci. Tutto questo è però più che controbilanciato dagli effetti negativi del Quantitative Easing e dai tassi di interesse a zero, che pesano sui margini al netto degli interessi e sulla crescita degli utili.
Il settore bancario come comparto sta solamente coprendo il suo costo del capitale azionario ed è valutato quindi a 1x rispetto al valore contabile, per questo non vediamo ragioni di investimento basate sul valore per questo settore, nonostante il fatto che alcuni singoli istituti di credito possano presentare prospettive di investimento interessanti. Vediamo molto più valore nei media locali (Mediaset Espana, Atresmedia, Nos), nelle agenzie per l’impiego (Adecco) e nel business dei materiali edili e di costruzione (Grafton, Kingspan, HeidelbergCement) dove crescita, ritorni e valutazioni sono molto più attraenti. Inoltre, in questi comparti, il mercato non sta ancora scontando nei corsi azionari la probabile crescita dei fatturati e la leva operativa derivanti da un miglioramento della domanda interna.

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