Cina: ecco può ristabilire la fiducia degli investitori a seguito del sell-off

di Michael Lai, Investment Director di GAM

Le svendite sull’azionario cinese, iniziate attorno a metà giugno e rapidamente intensificatesi a inizio luglio, hanno messo in allarme gli investitori in tutto il mondo. Sebbene molto sia stato detto e scritto su questo tema, è utile considerare la prospettiva direttamente da Hong Kong.

A seguito del forte rimbalzo dei prezzi azionari ad aprile, l’euforia tra gli investitori locali cinesi è stata spenta dalla decisione del Consiglio di Stato riguardo all’eliminazione del rapporto prestiti/depositi per le banche, pari all’epoca al 75%. Questa scelta, seppur positiva per il settore bancario nel lungo termine, si è tradotta in un messaggio sbagliato per il mercato, che l’ha recepita come un segnale di pausa del processo di allentamento monetario. Queste notizie, apparentemente innocue, hanno scatenato una pressione alla vendita che, se combinata con la rapida crescita dei finanziamenti al margine negli ultimi sei mesi, si è tradotta in vendite obbligatorie, poiché sono scattate le cosiddette margin call. Il 28 giugno la Banca centrale cinese ha tagliato sia il coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) per le banche sia i tassi di interesse, in risposta proprio al forte sell-off dei mercati, ma le misure sono valse a poco in termini di miglioramento del sentimento.

Bisogna riconoscere che sarà sempre difficile proteggersi da decisioni politiche inattese. Le autorità cinesi e il Governo sono riusciti a raccontare una storia interessante, secondo la quale lo sviluppo del mercato dei capitali e la riforma del settore finanziario aiutavano la trasformazione strutturale dell’economia. Permettere la proliferazione di finanziamenti al margine, e poi, a seguito del sell-off, intervenire attivamente sui mercati sembravano segnali di panico e disperazione. In tal senso, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione di permettere a metà delle società quotate di sospendersi gli scambi, trasformando in pratica il mercato delle azioni A-shares in un mercato non investibile.

Le ultime misure non sono riuscite ad affrontare il problema principale, cioè l’eccesso di leva finanziaria. Piuttosto che vietare le vendite allo scoperto, avere un limite agli scambi giornalieri di +/- 10% e permettere alle società di sospendere gli scambi, le autorità dovrebbero rimuovere tutti i vincoli artificiali, permettendo al mercato di assestarsi in maniera naturale. Ciò comporterebbe inoltre: scoraggiare gli acquisti sul margine; obbligare le società che hanno sospeso gli scambi a tornare sul listino; avere una procedura di IPO più aperta e trasparente. L’obiettivo generale dovrebbe essere un minor intervento delle autorità regolamentari, anche perché, guardando al passato, è risaputo che questo tipo di comportamento è sempre destinato al fallimento. Ironia della sorte, questo implicherebbe anche permettere un maggior numero di IPO, creando un processo più trasparente per il mercato – dato che chiaramente la ragione per la quale i listini sono andati così bene è stata l’offerta limitata.

Molti investitori si sono amaramente ricordati nelle ultime settimane che la Cina è un mercato guidato dallo Stato. Tuttavia, ciò vuol dire che gli errori passati possono essere corretti, se le autorità attuano le misure giuste.

Le vendite obbligatorie legate al dispiegarsi dei finanziamenti al margine si sono sfortunatamente ripercosse su Hong Kong e sulle azioni H-shares. Ma Hong Kong ha un mercato più trasparente (pochissimi titoli sono sospesi e non ci sono limiti giornalieri ai prezzi), quindi i corsi azionari si muovono in base alla domanda e all’offerta. Prima del sell-off, quello di Hong Kong era un mercato poco costoso, se valutato in base a varie metriche, quindi gli ultimi eventi lo hanno reso persino più economico. L’attimo in cui la PBoC ha tagliato i tassi di interesse a fine giugno è stato l’attimo in cui si è compreso che le autorità avevano perso il controllo. Gli ultimi, drammatici cali del listino di Hong Kong rappresentano un’opportunità per iniziare con cautela a selezionare titoli, dove gli indicatori di forza relativa segnalano livelli di ipervenduto.

Nessuno può sapere quanto in basso si spingerà questo sell-off, ma l’esperienza suggerisce che comprare determinati titoli all’1x del loro valore contabile o a un rapporto P/E di 6x solitamente paga nel lungo termine.

Per gli investitori con un orizzonte temporale di medio o lungo termine, la volatilità non è un fattore negativo, se guidata da elementi tecnici, come la liquidazione forzata di posizioni comprate a leva col margine, e sta creando un punto di ingresso eccellente per entrare su titoli di società con modelli di business solidi.

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