Cina, il rischio è che la PBoC possa svalutare il renminbi onshore

a cura di P. O. Beffy, Chief Economist, Exane Bnp Paribas

Dopo il difficile inizio d’anno per i mercati azionari mantenere un atteggiamento prudente è d’attualità. Nonostante ciò, la maggior parte degli investitori americani che abbiamo incontrato sulla East Cost ritengono che il sell-off osservato sui mercati azionari globali sia stato esagerato. Nel 2016, i loro timori si concentrano maggiormente sull’economia cinese, ed in particolare su un deprezzamento del renminbi più marcato del previsto. Come ho scritto in una recente e-mail, lo stress registrato nei mercati finanziari ad inizio anno è un riflesso di questi timori. Ho inoltre spiegato che il Renminbi non può rimanere stabile se la PBoC conduce una politica monetaria accomodante in un contesto che si caratterizza per una bolla del credito.

Ritengo inoltre che il sistema di doppio tasso di cambio in Cina rappresenti un fattore di debolezza per il Renminbi in questo momento. In effetti, vi sono due valute in Cina: il Renminbi offshore, cioè quello che si scambia all’estero e che è determinato dalla domanda e dall’offerta di asset finanziari cinesi, e il Renminbi onshore, che è maggiormente sotto il controllo della PBoC e registra oscillazioni di minore ampiezza. L’obiettivo principale di ogni sistema di cambio duale è quello di isolare la valuta locale, utilizzata nelle transazioni, dalla valuta di mercato che è maggiormente volatile poiché più esposta ai flussi di capitale. Abbiamo diversi esempi di un sistema di cambio duale nella storia: è stato utilizzato nel Regno Unito, in Belgio e più recentemente in Sud Africa  negli anni ‘60 e ‘70.

Cosa ci ha insegnato la storia? Se gli investitori si aspettano che il Renminbi sia molto più debole rispetto al dollaro, questi potrebbero generare dei profitti vendendo il Renminbi nel mercato onshore e dollaro sul mercato off-shore. In tal caso la PBoC potrebbe intervenire utilizzando le proprie riserve internazionali per prevenire, ad esempio, che il Renminbi onshore si deprezzi. Tuttavia se la banca centrale cinese non fosse pronta a spendere tutte le sue riserve di valuta estera, dovrà lasciare che il Renminbi onshore si deprezzi per ridurre lo spread fra le due valute. Si tratta quindi di una profezia auto-verificante.

Riteniamo che la PBoC manterrà il sistema di cambio duale. Il rischio è che la PBoC possa svalutare il renminbi onshore inaspettatamente per allentare la pressione sul bilancio, intensificando gli shock deflazionistici esportati dalla Cina verso l’economia globale.

Questo rischio potrebbe aumentare a causa del rialzo dei tassi della Fed che esercita pressioni ribassiste su tutte le altre valute rispetto al dollaro. Continuiamo a ritenere che il dollaro si apprezzerà molto di più di quanto il consensus si aspetti quest’anno (abbiamo un target EUR/USD a 0,95 per la fine dell’anno e ci aspettiamo un’ulteriore deprezzamento del 10% del tasso di cambio reale delle economie emergenti, Cina esclusa). Anche se il nostro livello di convinzione è minore, continuiamo ad aspettarci un aumento dei tassi a marzo e giugno mentre i mercati si attendono un unico rialzo quest’anno. Gli investitori USA non si aspettano che la Fed si muova così aggressivamente come i dot plot suggeriscono, ma la maggior parte si aspettano un rialzo dei tassi di interesse. Qualunque sia lo scenario, alcuni investitori americani hanno evidenziato che il trade-off fra rischio e rendimento favorisca puntare su una Fed più hawkish.

Il decoupling delle differenti politiche monetarie rispetto a quella della Fed sarà rinforzato dal fine-tuning delle altre banche centrali. La mossa largamente inaspettata dalla Banca del Giappone per introdurre un sistema di tassi di deposito negativi mostra come le banche centrali stiano tentando di rassicurare gli investitori sulla loro volontà di limitare il ritmo attuale di inasprimento delle condizioni finanziarie. E’ inoltre probabile che la Banca Centrale Europea proceda con un taglio del tasso dei depositi nel prossimo meeting.

Per concludere, le aspettative di inflazione sono calate fortemente da inizio anno. Questo scenario è coerente con il crollo del petrolio e con l’esportazione della deflazione a causa dell’eccessiva capacità di alcuni settori dell’economia cinese, verso i quali il resto del mondo è particolarmente esposto. Penso che le aspettative di inflazione potrebbero essere impattate maggiormente dai cambiamenti nel prezzo del petrolio che non dal fine tuning delle banche centrali nel breve periodo. La recente stabilizzazione dei prezzi del petrolio è quindi una buona notizia. Come ho scritto due settimane fa, il calo del petrolio è ormai unicamente una cattiva notizia per i mercati. La maggior parte degli investitori americani pensano che sia troppo rischioso scommettere su un ulteriore calo del petrolio a partire dai livelli attuali.

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