Rovelli (BlackRock): “La volatilità ha ripristinato valore sulle azioni europee e sui bond high yield”

“Negli Usa, in Europa, in Giappone e nei Mercati Emergenti i cicli economici, di policy e di mercato non sono allineati ed è difficile trovare nel contesto attuale trovare reddito. Tuttavia, considerando il nostro portafoglio bilanciato tipico (basato al 30% sull’indice azionario Msci World Eur, al 60% sull’obbligazionario Barclays Global Aggregate Usd Hedged, al 5% sul Barclays Us High Yield e al 5% sul Jp Morgan Embi Global Div Eur H entrambi questi ultimi due obbligazionari) la performance annualizzata a tre anni (rolling) media relativa agli ultimi 15 anni è pari al 5 per cento”. Questo l’esordio di Bruno Rovelli, chief investment strategist di BlackRock Italia alla presentazione del Market Outlook 2016 della casa di investimento, che spiega: “di fronte a un’elevata volatilità dei mercati, anche un portafoglio relativamente semplice e da non toccare per lungo tempo risulta mediamente performante”.

Al momento – contina Rovelli – il settore manifatturiero e i Paesi emergenti rappresentano i punti deboli del ciclo globale, mentre il comparto dei servizi e i Paesi sviluppati sono decisamente più solidi. Il problema degli emergenti, in particolare, è rappresentato dalla rapida accumulazione di debito privato, specialmente nel settore corporate. Le economie emergenti avrebbero perciò bisogno di politiche monetarie più accomodanti, un’esigenza difficile da soddisfare in una fase, come quella attuale, in cui il dollaro è forte e la Fed prospetta restingimenti.

In questo contesto poi – sostiene lo strategist – la discesa del prezzo del petrolio ha avuto effetti ambigui e quelli positivi appaiono predominanti solo in ottica di medio periodo. Nel dettaglio, per quanto riguarda gli effetti positivi della correzione del greggio ci sono: – il beneficio sul ciclo economico globale (attraverso la domanda deei consumi) sia dei Paesi emergenti che sviluppati – la posizione fiscale di quei Paesi che sussidiano il prezzo dell’oil – la struttura dei costi delle aziende manifatturiere – la disponibilità delle banche centrali ad adottare politiche monetarie più espansive. Mentre per quanto riguarda gli effetti negativi ci sono: – il peso sulla spesa per investimenti del settore energy – gli utili del comparto energetico e dei settori correlati – il rischio di credito di questi comparti – l’accumulazione di surplis finanziari poi investitio nei mercati dei Paesi sviluppati.

“Di fronte a questo quadro – afferma Rovelli – si prospetta una crescita debole nel 2016, con rischi di downside sugli emergenti. Ma una recessione globale non è certo lo scenario di riferimento. Tantopiù che le valutazioni sono oggi per molti settori decisamente più attraenti rispetto a 12 mesi fa”.

Gli spread di credito – avverte poi lo strategist – sono in allargamento da quasi 18 mesi, ma il deterioramento nei fondamentali sembra essere leggermente più lento e, a livello globale, gli spread nel debito emergente sono alti rispetto alla storia e le valute si sono indebolite in modo significativo. Nel mondo azionario il problema invece è che in aggregato gli utili non stanno crescendo, pur considerando differenze a livello regionale. Comunque, la volatilità degli ultimi mesi ha ripristinato valore su alcune asset class come le azioni europee e, in parte, le obbligazioni high yield“.

“Alla luce di tutto ciò – conclude Rovelli – dobbiamo continuare a bilanciare l’esposizione ad asset rischiosi, con strategie di investimento meno esposte alla direzionalità dei mercati”.

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