Il segreto dei fondi hedge

A cura di Exante

Nell’articolo “Il mistero dei fondi comuni di garanzia” abbiamo visto due stratagemmi che vengono usati dai fondi a capitale variabile: il valore del rendimento relativo e il legame a un indice di borsa. Il primo trucco toglie la responsabilità di risultati assoluti negativi della fine dell’anno, il secondo quella di una scelta sfortunata dei componenti del portafoglio. In ambedue i casi è il mercato che si rivela colpevole.

Ci ricordiamo che la popolarità dei fondi di investimento a capitale variabile si può spiegare, in primo luogo, col grande rendimento storico degli indici di borsa rispetto ai portafogli “artificiali” dei fondi gestiti; in secondo luogo, con la regolamentazione esagerata dei fondi a capitale variabile effettuata dalla legislazione americana: a partire dal controllo totale tramite consigli di sorveglianza ai divieti diretti delle vendite corte di azioni e strumenti del mercato a termine (futures, opzioni, ecc.).

Risulta evidente che restrizioni così rigorose hanno subito fatto cercare dei meccanismi alternativi all’investire passivo comune, senza gli svantaggi del controllo eccessivo da parte degli organi regolatori e senza restrizioni della scelta degli strumenti.

Così è venuta l’idea di creare i cosidetti fondi hedge che si sono subito diffusi tra le poche persone più ricche della società americana, rimanendo a lungo inaccessibili alla gente comune, dati i requisiti finanziari impegnativi per gli investitori : l’investimento minimo richiesto, ad esempio, parte da un mezzo milione di dollari.

Il termine “Hedge-fund” (in origine “Hedged Fund”) è stato introdotto da Alfred Jones per indicare il suo proprio fondo finanziario nel 1949. La parola “Hedge” in inglese indica una siepe o una fila di arbusti che separano i campi seminati per proteggerli dal vento. La metafora chiave del termine è la “protezione”, così l’hedge-fund è un fondo monetario chiamato a proteggere gli investimenti già disponibili.

La difficoltà della loro comprensione si manifesta nel momento in cui confrontiamo l’attività reale dei fondi hedge con la metafora della “protezione”. Il fatto è che per una persona comune la protezione viene associata con qualcosa di protettivo, trattenitivo, conservativo, moderato, privo di rischio. Mentre il comportamento finanziario dei fondi hedge sembra estremamente agressivo, rischioso, sembra una speculazione sfrenata.

La dissonanza cognitiva è culminata nell’autunno del 2008, quando le autorità americane e europee hanno unanimamente accusato i fondi hedge del crollo mondiale dei mercati valori e della catastrofe finanziaria subita dal mercato dei titoli ipotecari derivati.

Il risultato di questa nuova accusa si trova nella nuova legislazione (si tratta della legge Dodd-Frank del 2010 negli USA e della simile Direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi nell’UE) che ha fatto ottenere la registrazione giuridica ai fondi hedge maggiori sul territorio del paese in cui operavano (non in off-shore come erano abituati), li ha obbligati a fornire i resoconti regolari sulle posizioni aperte, ecc.

Comunque sia, anche dopo il 2008 i fondi hedge restano le strutture più aggressive, rischiose e regolamentate dell’investire passivo comune nel mondo. Perciò per una persona impreparata è quasi impossibile capire dove in questa struttura nasconda la “siepe protettiva”.

In questo articolo vorremmo chiarire gli aspetti incomprensibili delle strategie “protettive” dei fondi hedge, e anche spiegare in quale modo l’aggressività della politica dell’investire si combina perfettamente con il compito principale che affrontano i gestori dei fondi hedge cioè la protezione degli investimenti degli azionisti.

Si dice che il primo fondo hedge sia stato fondato del 1929 da Benjamin Graham, quel Graham che insieme a David Dodd ha pubblicato il librone da 800 pagine dal titolo “Security Analysis” (Analisi degli strumenti finanziari) (1934), che anche oggi è considerato la bibbia dell’investitore finanziario.

Graham era un investitore molto prudente, che era assolutamente contro l’idea della speculazione. Non è sorprendente che la sua creazione – Graham-Newman Partnership – rappresentasse davvero la filosofia della protezione di investimenti, su cui è basato il fondo hedge.

Di quale protezione si tratta? In primo luogo, delle azioni sul mercato occupato degli “orsi”. Il tallone di Achille dei fondi comuni di investimento è la loro unidirezionalità. In altre parole, i fondi di investimento a capitale variabile hanno diritto di acquistare le azioni solo “long”. La vendita allo scoperto (Short Sale), il modo più semplice e accessibile di non soltanto non perdere ai crolli di borsa, ma anche di guadagnarci, per i fondi comuni di investimento è vietata. Ma non per i fondi hedge.

Perciò la prima cosa di cui si sono occupati negli anni ’50-60 i meccanismi dell’investire comune alternativo, spuntati dappertutto, è stata la vendita dei titoli allo scoperto.

Nel 1973 è stato fondato il CBOE (Chicago Board Options Exchange), che ha aperto la nuova era del trading finanziario; sono cominciate le compravendite delle opzioni standardizzate, che, come si sa, oltre alle possibilità di speculazione estremamente redditizia, hanno scoperto possibilità mai viste dell’hedging di investimenti a spese minimali.

I fondi hedge hanno seguito con entusiasmo l’iniziativa, e le opzioni call e put si sono classificate prime tra gli strumenti della protezione del capitale, investito prima nei titoli rischiosi (in primo luogo, azioni comuni delle società pubbliche).

Gli anni ’80 sono stati il decennio della crescita attiva dei fondi hedge e della loro specializzazione ristretta. La ricerca dei nuovi strumenti di investimento è stato dovuto al fiasco delle “soluzioni lineari”, a causa delle quali durante le crisi del 1969 e 1973 sono falliti centinaia di fondi hedge, che puntavano sul movimento unidirezionale del mercato (non importa quale: una crescita o un calo).

Le fantasie dei gestori di fondi hedge si sono rivelate senza limiti. Ai derivati di primo livello (futures, opzioni) sono seguiti i derivati di secondo e terzo livello, l’attivo di base dei quali non erano semplici azioni, indici, obbligazioni municipali/corporative e contratti ipotecari, ma strutture sintetiche, tipo MBS, create da pool ipotecari, stratificati secondo il rischio e la liquidità, CDO (Collaterilized Debt Obligations), obbligazioni multilevel, garantiti dal pegno, e CDS, Credit-Default Swaps, che hanno accelerato il crollo finanziario nel 2008.

Simultaneamente i fondi hedge venivano battuti sul territorio che esula dal paradigma lineare di borsa (crescita/calo dei titoli nel mercato).

  • Le nuove direzioni per i fondi hedge sono state gli investimenti basati sulle aspettative dei cambiamenti macro globali (Global Macro Hedge Funds)…
  • … nonché gli investimenti basati sulla ricerca di opportunità di investimento: prevedibili acquisizioni, ricapitalizzazioni, sottovalutazioni e sopravvalutazioni delle società, aspettative trimestrali e così via. (Event Driven Hedge Funds).
  • Si diffondono soprattutto i fondi hedge di arbitraggio, che guadagnano grazie alla divergenza del costo dello stesso attivo in diversi mercati (Arbitrage Hedge Funds).
  • Infine, sono diversi i fondi hedge che usano il trading algoritmico (in primo luogo, HFT, High Frequency Trading, transazioni ad alta frequenza).

È evidente che l’idea della “protezione” diretta degli investimenti originari dai quali sono cresciuti fondi hedge è già sparita nella ricerca delle opportunità, delle nuove forme alternative di guadagno nei mercati finanziari. Però c’è un momento sostanziale che sfugge allo sguardo superficiale della società. Quella che sembra una speculazione spericolata in realtà è l’opposto.

Il profitto alternativo non è il profitto altamente rischioso, ma, anche se sembra paradossale, è l’assenza quasi completa del rischio nell’investire. L’illusione del rischio avviene perché l’attività del fondo hedge, che protegge agressivamente (e in modo molteplice) i propri investimenti, risulta inevitabilmente nelle perdite dei contraenti! In altre parole, l’aggressione del fondo risulta nell’assenza del rischio per se stesso, mentre eleva il rischio del contraente fino alla perdita garantita. Così appaiono gli spauracchi della società per i fondi hedge: “speculazione efferata”, “rischio sfrenato” e così via, che risultano nell’irrigidimento corrispondente del controllo statale.

Lo stato ha ragione, perché il rischio è davvero sfrenato. Il rischio di quelli che sono dall’altro lato delle barricate dei fondi hedge. Così come anche gli investimenti dell’investitore “tradizionale” contro la sua volontà si trasformano grazie ai fondi hedge nella speculazione efferata.

Prossimamente dedicheremo un articolo al tema della reazione sociale all’attività dei fondi, in particolare, HFT. Nel quadro dell’apologia dei fondi hedge non si vedono problemi di “rischio” e di “speculazione”: i gestori dei fondi hedge vivono una dolce vita.

Abbiamo già menzionato le alte barriere all’ingresso per partecipare agli investimenti dei fondi hedge: oltre al capitale minimo da investire dai 500 mila al milione di dollari (dipende dal fondo) si richiede anche la certificazione Accredited Investor che varia da uno stato all’altro. Per esempio, negli USA “l’investitore accreditato” deve avere a disposizione attivi per non meno di un milione di dollari e di un reddito non inferiore a 200 mila per ogni anno degli ultimi due anni.

Allora, esiste una possibilità per i comuni mortali di partecipare agli investimenti di un fondo hedge? Certamente, esiste. Sarebbe sorprendente se qualcosa mancasse nel mercato finanziario. È possibile partecipare a un fondo hedge: acquistando e vendendo le azioni dei cosiddetti Listed Hedge Funds, ovvero i “fondi hedge quotati”.

 

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