Il campionato dei fondi comuni: il rischio assunto dai gestori dipende dalla classifica

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf

Ci troviamo ad inizio anno e nel mondo dei fondi comuni d’investimento è scattata la ricerca del miglior fondo 2015. Investitori e gestori danno un’attenzione particolare alle classifiche per scoprire come si sono comportati i fondi in termini di crescita delle masse in gestione e in termini di performance realizzate nell’anno appena terminato. Si guarda non solo alle classifiche globali ma anche alle classifiche di macro e micro categoria.
Abbiamo pertanto scelto di parlare questo mese di uno studio del 2003 dal titolo: “Mutual fund tournament: risk taking incentives induced by ranking objectives”, di Alexei Goriaev, Frédéric Paolomino e Andrea Prat. Vi presentiamo un breve riassunto che fornisca le principali caratteristiche invitando a leggere il paper originale per verifica e approfondimento.
La classifica dei fondi basata sulla performance è sicuramente un elemento importante tant’è che sia riviste finanziarie che siti internet del settore riportano e aggiornano costantemente queste classifiche. Spesso le stesse classifiche vengono utilizzate dagli stessi fondi per pubblicizzare la propria strategia, basti pensare, ad esempio, alle stelle Mornigstar.
Nel paper che vi proponiamo, vengono elencati, come è consuetudine, molteplici riferimenti alla letteratura per inquadrare l’argomento. Da un lato alcuni studi evidenziano come siano molteplici le variabili prese in considerazione da un investitore nella scelta di un fondo: la reputazione del gestore, la struttura commissionale, lo stile di gestione, la quantità di asset gestiti dal fondo, ecc. e si può ipotizzare come un investitore razionale selezioni il fondo considerando anche tutte queste variabili in modo da ottenere la miglior combinazione. Dall’altro per altri sembrerebbe che l’investitore alla fine scelga il fondo con il rendimento più alto o con il rendimento aggiustato per il rischio più elevato rispetto ai competitor di categoria. Altri studi, infine, affermano che sia più determinante il posizionamento in classifica dei fondi che il rendimento stesso per il flusso delle masse in entrata o uscita. Ciò vuol dire che un fondo può avere rendimenti assoluti negativi ma se risulta nella parte alta della classifica non subisce fenomeni di uscita di flussi di masse. Viceversa se un fondo vuole accrescere le proprie masse in gestione deve tenersi su posizioni alte in classifica. Questo presunto comportamento da parte degli investitori unito al fatto che la maggior parte dei fondi remunera i gestori con una percentuale della masse in gestione, porta, secondo gli autori, a far sì che i gestori siano sensibili alla classifica e che ciò li influenzi nella gestione del portafoglio.
Il paper ipotizza, infatti, che il mondo dei fondi comuni d’investimento possa essere visto, sia dal lato del gestore sia dal lato dell’investitore, come un campionato della durata di un anno. Ogni anno la gara riparte. Ogni fondo è in competizione con gli altri fondi della stessa categoria e ogni gestore aggiusta dinamicamente la propria strategia e quindi l’esposizione al rischio del portafoglio in funzione della posizione in classifica che occupa durante l’anno. L’obiettivo del paper, quindi, è dimostrare che l’obiettivo di classifica induce i gestori a modificare le proprie strategie d’investimento in termini di rischio.
L’ipotesi che guarda al mondo dei fondi comuni d’investimento come a un torneo o campionato tra fondi viene definita in letteratura “tournament hypotesis”. Secondo tale ipotesi il comportamento dei gestori durante l’anno è influenzato dai rendimenti passati tanto da modificare in funzione di questi la quantità di rischi assunti dal gestore e quindi dalla strategia.
A partire dallo studio fatto nel 1996 da Brown, Harlow e Starks (uno dei primi lavori a riguardo), numerosi studi empirici hanno indagato l’argomento e evidenziato come i fondi meno performanti nella prima parte dell’anno incrementano il rischio nella seconda parte dell’anno nel tentativo di rimontare i fondi più performanti alla fine dell’anno, viceversa i fondi meglio piazzati nella prima parte dell’anno tendono a contenere il rischio nel tentativo di non rovinare la performance ottenuta sino a quel momento. Gli autori seguono proprio questo filone e completano la carrellata nel mondo della letteratura fornendo tutta una serie di riferimenti a studi empirici riguardanti il mercato americano in un intervallo di tempo che spazia tra gli anni settanta e metà anni novanta.
Il modello, che loro propongono, può essere sintetizzato pertanto secondo i seguenti punti:

  • l’anno è suddiviso in due periodi, 1 e 2;
  • all’inizio di ogni periodo il gestore decide la strategia d’investimento;
  • alla fine del primo periodo ogni gestore vede le performance realizzate da lui e dagli altri competitor;
  • gli investitori usano la regola del più alto in classifica per valutare i gestori e allocare i capitali;
  • i gestori hanno come obiettivo quello di massimizzare la quantità di masse C che gestiscono alla fine del secondo periodo.

Nel caso di due soli gestori la formula risulterebbe:
Formula1
dove A sono le masse ad inizio anno, B o B/2 sono le nuove masse che arrivano se non si scende in classifica, R sono i rendimenti del fondo nel primo e nel secondo periodo, i e j sono i due gestori presenti nel mercato; il contenuto dei portafogli dei fondi non è osservabile; l’unica decisione strategica che può attuare un gestore è la scelta della varianza del portafoglio che in questo lavoro viene valutata attraverso al fattore beta di esposizione al rischio di mercato; i gestori hanno tutti lo stesso livello di bravura.
Gli autori assumono, inoltre, che i rendimenti dei fondi siano la funzione dell’esposizione al rischio di mercato. Il modello utilizzato è quello della seguente regressione.
Per il primo periodo ogni fondo segue un modello a beta costante, viceversa nel secondo periodo il beta cambia ed è funzione di una misura X che ha come obiettivo quello di catturare il posizionamento del fondo in classifica.
Nel paper vengono proposte 3 differenti misure per X:

  • la prima misura il rango occupato in classifica sulla base dei rendimenti,
  • la seconda misura la differenza di rendimento rispetto alla mediana di categoria,
  • la terza misura la probabilità per ciascun fondo di finire primo alla fine dell’anno.

 
Ogni anno, quindi, vengono calcolate le regressioni per il primo periodo e poi sulla base di queste stime vengono calcolati gli altri parametri tra cui per ciascun fondo. Un valore negativo e statisticamente significativo dà valore all’ipotesi iniziale per cui i gestori modificano la propria strategia in funzione della classifica.
Nel paper gli autori analizzano un campione di fondi americani dal 1976 al 1999 appoggiandosi al CRSP Survivor-Bias Free Mutual Fund Database. Si tratta quindi di 24 anni e quindi 24 cosidetti campionati. Il database parte da un totale di 271 fondi nel 1976 per arrivare a 3731 nel 1999.
I dati utilizzati per le analisi sono i prezzi mensili e le categorie considerate sono 5 in base alle categorizzazioni Morningstar: aggressive growth, growth, growth-and-income, equity-and-income, income. I risultati riportano una forte evidenza a favore di una relazione negativa () tra performance del fondo nella prima parte del periodo e seguente aumento del rischio sistematico. Questo vale sia in generale, senza distinzione tra le categorie, sia all’interno delle 5 categorie attraverso le quali gli autori hanno suddiviso il database iniziale.

  • I fondi con la più alta performance relativa all’interno della categoria a fine del primo periodo riducono la loro esposizione al rischio sistematico nella seconda parte dell’anno; viceversa quelli che stanno più indietro in classifica aumentano nella seconda parte dell’anno la loro esposizione. Questo fenomeno, secondo gli autori, sostiene la “tournament hypothesis” ed è molto robusto in quanto vale a prescindere dalle tre differenti misure di X attraverso le quali si misura la posizione in classifica ed è stabile nel tempo sia che si consideri la prima parte dell’anno di 6 mesi, sia che la si consideri di 9 mesi.

Verrebbe pertanto da postulare che chi volesse assumersi un rischio maggiore e provare ad ottenere un rendimento migliore nell’ultima parte dell’anno dovrebbe cercare di investire in quei fondi che all’interno della loro categoria siano stati più bassi in classifica nella prima parte dell’anno.
Letture suggerite per approfondimenti
Brown, Keith, Harlow, e Starks, 1996. Of tournaments and temptations: An analysis of managerial incentives in the mutual fund industry, Journal of Finance.
Chevalier and Ellison, 1997. Risk taking by mutual funds as a response to incentives, Journal of Political Economy.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!