Elogio della bellezza in tempi di incertezza e volatilità

a cura di DeAWM

Nella sua Storia della Bellezza, Umberto Eco prova a fare chiarezza sul tema: «Bello è un aggettivo che usiamo per indicare qualcosa che ci piace. Sembra che ciò che è bello sia uguale a ciò che è buono: se però giudichiamo in base alla nostra esperienza quotidiana, noi tendiamo a definire come buono ciò che non solo ci piace, ma che vorremmo avere anche per noi. Se riflettiamo sull’atteggiamento di distacco che ci permette di definire come bello un bene che non suscita il nostro desiderio, comprendiamo che noi parliamo di Bellezza quando godiamo di qualcosa per quello che è, indipendentemente dal fatto che lo possediamo».

Come leggere il taglio del tasso di deposito della Banca del Giappone (BoJ) che ha portato, nonostante tutti gli accorgimenti per evitare di penalizzare il sistema finanziario, un rafforzamento dello Yen ed un calo delle azioni bancarie – vale a dire l’esatto contrario dell’intento originario? Il nostro modo di leggere è duplice: da un lato, il sistema ideato contiene dei vizi di forma che in pratica non rendono effettivo il taglio del tasso, rendendo quindi poco credibile la mossa della BoJ. Dall’altro lato, agire in attacco, con una manovra a sorpresa, in un contesto di debolezza generale, non può che creare ulteriore debolezze nei Paesi emergenti, portando un ulteriore restringimento delle condizioni finanziarie, e volatilità.

Questo vuol forse dire che le Banche centrali hanno esaurito il loro potenziale e che dunque non ci aspettiamo nulla di buono dalla riunione BCE del 10 marzo? Tutt’altro. Anzi, dopo tutto ciò che di buono, di brutto e di cattivo c’è nell’attuale contesto globale, c’è anche qualcosa di Bello: è un dato di fatto che le ultime mosse hanno ulteriormente messo sotto pressione il settore finanziario. Ed è per questo che la scorsa settimana i messaggi che sono arrivati dai discorsi della BCE (Draghi, il vice Constâncio, il presidente del Consiglio di vigilanza del meccanismo di vigilanza unico europeo Nouy) pongono maggiore enfasi alle condizioni finanziarie. Secondo questi commenti, e secondo le minute dell’ultimo Consiglio direttivo, pubblicate la scorsa settimana, la BCE sta tenendo conto, nel lavoro di preparazione ad un’eventuale estensione del programma QE da discutere il 10 marzo, sia degli effetti negativi che un ulteriore taglio al tasso di deposito porterebbe al sistema finanziario, sia dell’effetto controproducente di un euro troppo debole rispetto alla domanda dei Paesi emergenti.

Secondo i nostri economisti, è possibile creare un sistema di tassi di deposito a due scaglioni specularmente opposto a quello della BoJ, che porterebbe un effetto tollerabile sul sistema finanziario. Questo potrebbe essere associato ad una rivisitazione della grandezza e composizione del programma QE, come più volte ripetuto da Draghi. Ma il punto più importante non è cosa verrà deciso, ma il fatto che la BCE, come la Fed e la Banca centrale cinese, stanno capendo che, in questo contesto di bassa inflazione, rischi sistemici e fragilità crescente, è più importante che mai essere pronti a coordinare maggiormente le manovre monetarie tra banche centrali, e spronare i rispettivi governi a lavorare più con le politiche fiscali: questo auspicio è evidente anche dai commenti dell’OCSE, che lancia un monito sull’andamento economico globale e sugli effetti negativi delle guerre valutarie sul commercio globale.

Una crescente vigilanza, oltre ad essere evidente nelle minute BCE, è anche ben esplicitata nelle minute Fed, anch’esse pubblicate la scorsa settimana: l’approccio cauto non ha invertito assolutamente la possibilità di ulteriori aumenti futuri sui tassi, ma prende atto che l’attuale politica monetaria statunitense è più in grado di affrontare shock positivi che negativi.

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