Rallenta la crescita nell’eurozona mentre soffiano venti deflazionistici

A cura di Saxo Bank
Il PMI manifatturiero si conferma per il mese di febbraio a 51,2, lievemente al di sopra dei 51 della scorsa settimana ma senza recuperare i livelli dei mesi precedenti. Le aspettative per la seconda lettura del PIL del Q4 rimangono intanto stabili a +0,3%, di cui soltanto +0,14% dovuto al settoreindustriale: la crescita implicita nel PMI composito di 52,7 sarebbe dello 0,324%.
Delle tre maggiori economie dell’Eurozona è l’Italia che rimane sui livelli più alti: il manifatturiero di 52,2 è rimasto sopra la media dell’area Euro durante l’ultimo anno, sebbene sia calato dai 53,2 di gennaio.
Nella media la Germania, il cui manifatturiero di questa mattina subisce tuttavia il peggior calo, raggiungendo la Francia a 50,5 (contro i 52,3 di gennaio). Il business sentiment tedesco ha deluso le aspettative settimana scorsa scendendo per il terzo mese consecutivo, seguendo la riduzione della produzione industriale dell’ultimo bimestre 2015.
Segnali positivi sono arrivati invece ieri dalle vendite al dettaglio di gennaio, cresciute dello 0,7% dopo un semestre di declino che aveva portato le attese a 0,1%. Debole invece la Francia che rimane ben al di sotto della media e per buona parte dell’anno in area negativa, restando anche questa mattina appena sopra il confine con 50,2.
Mentre il comparto industriale dell’Eurozona rallenta, la crescita nei servizi sembra mantenersi più solida e lontana dal rischio di contrazione: il PMI calato a 53 attende conferma con la seconda lettura di giovedì, mentre la Germania si distingue con un’aspettativa di 55,1. 
Intanto l’inflazione primaria è scesa ieri in area negativa per la prima volta dopo cinque mesi, col dato preliminare di febbraio a -0,2%, seguendo un gennaio già più debole del previsto. Sebbene spinta verso il basso dai prezzi dell’energia, non è il petrolio l’unico responsabile di quest’ondata deflattiva. Anche l’inflazione core, che esclude i comparti volatili di materie prime quali alimentari ed energia, è infatti calata a 0,7%, segnalando un problema più ampio e strutturale, combinato ad una debolezza della domanda, proprio in seguito allo 0,3% di gennaio (il più elevato da maggio) che manteneva la variazione annuale all’1%. L’Eurodollaro ha risposto con un -0,45% sulla giornata di ieri scambiando ora in area 1,0865.
Il deterioramento delle prospettive economiche dell’Eurozona e l’accelerazione delle forze deflazionistiche si fa sentire proprio a una settimana dalla riunione della Banca Centrale Europea e dalla sua nuova ondata di stimolo: per Draghi è ormai arrivato il momento di concretizzare il suo ‘whatever it takes’, pena il rischio di deludere i mercati.

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