La Grande Incertezza

a cura di Deutsche AM

Il primo trimestre appena concluso è stato, contro ogni pronostico o desiderio, tra i più volatili della storia recente. Dopo una delle più cruente partenze d’anno di sempre sui mercati azionari, le ultime settimane hanno lasciato il posto a un buon rally nelle varie asset class rischiose. Eppure, nonostante il rimbalzo dei listini azionari da metà febbraio, gran parte degli indici resta in territorio negativo. L’EuroStoxx 50 ha chiuso il trimestre a -8%, il nostro Ftse/Mib e lo Shanghai composite chiudono a -15% mentre l’indice S&P500 ha chiuso il trimestre marginalmente positivo, a +0,8%, ma se consideriamo il movimento del dollaro – che ha registrato un arretramento del 5,5% rispetto alle altre valute da metà aprile – anche i principali indici azionari statunitensi sono in negativo per gli investitori europei.

Se dovessimo trovare una motivazione dietro questa ripresa – ancora non completa ma comunque notevole – delle asset class rischiose, la collocheremmo nella presa d’atto che i timori di un rallentamento globale sono diventati meno insistenti nelle ultime settimane. Come già a ottobre del 2014 e durante l’estate dello scorso anno, abbiamo vissuto momenti di “repricing” in negativo dei corsi azionari ed obbligazionari alla luce di rinnovati timori sulla crescita PIL globale.

Soltanto poco più di un mese fa, alcuni indicatori calcolavano al 50% la probabilità di una recessione negli Stati Uniti, e nessun rialzo tassi Fed fino al 2017: sembra storia remota, ma stiamo parlando di cinque settimane fa. Allo stesso tempo, i timori sul deprezzamento del Renminbi e sul forte calo delle riserve valutarie cinesi sono presto stati accantonati, grazie alle parole rassicuranti della Banca centrale cinese. In Eurozona, invece, è stata la BCE a calmare i movimenti di tensione sugli spread bancari. Infine, il prezzo del petrolio ha provato a trovare un assestamento, anche se nelle ultime sedute è tornato a indietreggiare.

Dopo un trimestre così particolare, cosa può attenderci nei tre mesi a seguire? Se il passato è prologo, come scriveva Shakespeare, di certo questo tipo di volatilità non ci lascerà a breve. Gli ingredienti che hanno perturbato lo scenario economico-finanziario nei primi mesi (Cina, petrolio, mercato del credito…) sono ancora suscettibili di ricadute, ed altre tematiche come la Brexit e la situazione in Grecia continueranno ad accompagnarci.

Tuttavia, non dobbiamo fare l’errore di Hegel quando venne informato della scoperta del settimo pianeta del Sistema solare, Urano, dopo che aveva teorizzato in una dissertazione che non potevano esserci più di sei pianeti: Hegel preferì ignorare Urano dicendo “se i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti”. Fortunatamente, i mercati finanziari non ragionano in questa maniera ed effettivamente gli ultimi dati dipingono un quadro ancora ingarbugliato, ma in miglioramento.

In Cina, i dati PMI manifatturieri sono tornati in territorio di espansione per la prima volta negli ultimi otto mesi, e lo stesso è avvenuto negli Stati Uniti, dove l’indice ISM manifatturiero è tornato sopra la soglia di espansione (50) per la prima volta da agosto scorso: un balzo imponente nel mese di marzo, da 49,5 a 51,8, confermando i vari indicatori regionali in crescita già nelle scorse settimane. I dettagli sono decisamente buoni, con i nuovi ordinativi ai massimi degli ultimi quindici mesi e con l’indice di produzione in rialzo da 52,8 a 55,3. Migliora anche la fiducia dei consumatori USA secondo l’University of Michigan, e migliorano le condizioni del mercato del lavoro, con un solido Employment Report che registra 215.000 nuovi occupati nel mese di marzo, un aumento dei salari (+2,3%/anno) ed un aumento del tasso di partecipazione a scapito di un aumento di 0,1% del tasso di disoccupazione (da 4,9% a 5%).

Anche in Eurozona i dati macroeconomici sono in miglioramento, e ci lasciano concludere che nel primo trimestre il PIL sia cresciuto dello 0,4% (nell’anno in corso ci attendiamo una crescita dell’1,5%). Ad attutire ulteriormente lo stress finanziario, dal primo aprile la BCE è passata ad acquistare 80 mld/mese, 20 miliardi in più rispetto all’ultimo anno.

Purtroppo però, in Eurozona le vicende politiche resteranno la vera variabile di disturbo: tre paesi periferici (Spagna, Portogallo e Irlanda) hanno governi di minoranza o sono privi di governo, mentre la Grecia è di nuovo al centro dei riflettori; la Brexit e l’accordo EU-Turchia sono altre due vicende da tenere sott’occhio.

Oltre alle vicende politiche, nelle prossime settimane torneranno ad essere importanti due fattori interconnessi: il prezzo del petrolio e l’andamento delle trimestrali. Il prossimo 19 aprile si dovrebbe tenere a Doha un summit di 12 Paesi produttori di petrolio (anche non membri OPEC): è interessante notare che l’Arabia Saudita ha per la prima volta riconosciuto il diritto dell’Iran a veder crescere la produzione. Il prezzo del petrolio è oggi vicino ai livelli dello scorso dicembre, e pur trovandoci a livelli che in passato hanno rappresentato un livello di ridiscesa, pensiamo che la logica dietro una stabilizzazione del greggio si farà via via più forte per diversi motivi. In primis, la produzione sta finalmente mostrando segnali di rallentamento anche in USA; la riunione del 19 aprile non può che migliorare questo punto. In secondo luogo, la domanda globale resta in buona forma.

Occhio ai fatti (ai dati), dunque: Janet Yellen, nel suo discorso all’Economic Club di New York la scorsa settimana ha fatto capire che il modo migliore per affrontare questi momenti di incertezza è quello di essere pronti ad agire, senza preclusioni mentali/operative.
Lo stesso ha detto Benoît Coeuré, membro del Comitato esecutivo BCE, il quale ha confermato che il cambio dell’euro a questi livelli non è di particolare preoccupazione. Ecco la tregua, dunque: un dollaro marginalmente più debole che non preoccupa più la BCE (per ora) e che dà un margine di miglioramento sia agli Stati Uniti sia in termini industriali (come stiamo appunto registrando) sia, si spera, negli utili finanziari. Sullo sfondo, continua una fragile ripresa dei Paesi emergenti.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!