Il ciclo rialzista del dollaro non è ancora finito

di P. O. Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas

I mercati azionari europei hanno registrato un ribasso la scorsa settimana sulla scia dell’apprezzamento dell’euro e del calo del petrolio. Ma i dati più importanti per gli economisti sono arrivati dagli Stati Uniti venerdì scorso: l’ISM Manufacturing si è attestato a 51,8, ben al di sopra delle aspettative di consensus. Dato che la componente relativa ai nuovi ordini ha superato i 58 pt, l‘ISM Manufacturing potrebbe addirittura toccare i 55 punti nei prossimi mesi. Questo conferma che siamo ormai lontani da uno scenario come quello del 2008. Secondo noi, il contesto attuale è simile a quello del 1998-1999, quando l’ISM Manufacturing aveva registrato un significativo rimbalzo dopo diversi mesi di contrazione e stress finanziario.

La seconda sorpresa dell’ISM è il rimbalzo della componente “Prices paid” a 51,5, cioè ad un livello sopra la soglia di 50 pt per la prima volta da ottobre 2014. Tale livello è coerente il calo delle pressioni deflazionistiche nei prossimi mesi, trend supportato dal fatto che anche il PMI Manufacturing Caxin e l’Official sono stati superiori alle aspettative a marzo in Cina. Qualora il prezzo del petrolio dovesse continuare a stabilizzarsi sopra i 30 USD, è possibile stimare un aumento delle aspettative inflazionistiche nei prossimi mesi.

Un’economia statunitense migliore delle aspettative significa avere un dollaro forte. L’ampiezza del deprezzamento del dollaro dall’inizio dell’anno ci ha colto di sorpresa e, a seguito di ciò, il nostro target di fine anno sulla parità euro-dollaro ci sembra meno probabile. Riteniamo, tuttavia, che il ciclo rialzista del dollaro non sia ancora finito. In effetti, se analizziamo i precedenti rally, il tasso di cambio effettivo reale del dollaro non ha ancora raggiunto i picchi registrati precedentemente (vedi grafico sottostante). E l’attuale ripresa dell’economia statunitense potrebbe essere il segnale che indica un ulteriore apprezzamento del dollaro, esattamente come è accaduto nel 1998-99 quando il rimbalzo dell’economia statunitense fu in linea con il rinnovato apprezzamento del dollaro.

Per concludere, le buone performance registrate dall’oro e dagli asset reali nel Q1 sono state coerenti con l’aumento della percezione del rischio recessione negli Stati Uniti. Tali performance sono anche state uno strumento per proteggersi dalla prossima mossa delle banche centrali per supportare l’economia cioè una politica di rilancio economico finanziata dalla creazione di moneta. È, tuttavia, chiaro che il ciclo economico americano sta raggiungendo la fase di maturità e continuiamo a pensare che gli Stati Uniti possano entrare in recessione nel secondo semestre del 2017. Nonostante ciò, i segnali che riceviamo sembrano indicare che i rischi di ribasso dell’economia globale siano limitati e che il settore manufacturing potrebbe registrare un miglioramento nei prossimi trimestri.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!