Wall Street vicino ai massimi ma è difficile una rottura al rialzo

a cura di Banca Intermobiliare

Il deciso e direzionale movimento al rialzo, che ha interessato Wall Street dai minimi di febbraio, ha ormai praticamente portato gli indici in prossimità dei massimi assoluti (alla chiusura di venerdì scorso l’S&P500 si collocava a meno di un 3% dal record storico di 2134 fatto segnare nel maggio 2015).

Allo stato attuale delle cose facciamo però fatica a trovare le condizioni per una importante rottura al rialzo da parte della Borsa americana, sia che si faccia riferimento ad un’analisi top down (scenario macro) sia che si facciano considerazioni bottom-up (andamento aziendale e valutazioni).

Sul fronte macro, tra i driver alla base del recupero di Wall Street vi sono da un lato il miglioramento dei dati economici che ha allontanato i timori di un deciso rallentamento dell’economia, dall’altro l’atteggiamento più accomodante della FED le cui previsioni di rialzo dei tassi si sono maggiormente allineate alle stime di mercato.

Tuttavia, occorre tenere presente che, se giungeranno ulteriori conferme positive sul fronte dell’economia, in tempi abbastanza stretti potrebbe tornare di attualità il tema del rialzo dei tassi e su questo fronte il mercato incorpora probabilmente aspettative un po’ troppo accomodanti; a nostro giudizio la probabilità di un rialzo dei tassi a giugno è superiore al 25% circa incorporato in questo momento dai futures sui tassi.

Con riferimento all’analisi bottom-up, riteniamo che le attuali valutazioni (P/E forward prossimo a 17x per l’S&P500) rappresentino un limite allo spazio di apprezzamento di Wall Street.

Pur tenendo conto del fatto che la dispersione di valutazione tra i vari settori è estremamente ampia ed il multiplo medio del mercato è spinto verso l’alto da settori come i Consumer Staples, l’Energy, l’e-Commerce e l’Internet media, lo spazio di espansione dei multipli valutativi del mercato nel suo insieme ci sembra piuttosto limitato, anche perché i margini reddituali delle società americane si collocano ormai da molti mesi su livelli record e questo limita il tasso di crescita degli utili. Semmai c’è lo spazio per un ampio processo di rotazione settoriale, a cui più volte ci ha abituato negli ultimi anni un mercato diversificato come quello americano.

E’ vero che i multipli superiori rispetto alla media storica potrebbero trovare una giustificazione nei tassi di interessi su livelli storicamente contenuti, ma non va dimenticato che questo è anche conseguenza di un ritmo di espansione dell’economia strutturalmente più basso rispetto al passato.

Con riferimento agli aspetti micro, la reporting season sul 1Q che prenderà sostanzialmente il via lunedì prossimo con i risultati di Alcoa rappresenta l’occasione per avere un aggiornamento sull’andamento delle aziende, dopo una fase in cui l’attenzione è stata focalizzata soprattutto sulle indicazioni macro e sulle decisioni di politica monetaria: al momento le aspettative sono piuttosto basse con gli utili delle società americane attesi in calo dell’8% su base annua, appesantiti dal comparto bancario e da quello energy.

Con Wall Street che si colloca nella parte alta di quello che potrebbe essere un potenziale trading range, la cautela diventa d’obbligo anche sulle Borse europee, tanto più che queste ultime stanno evidenziando una chiara debolezza relativa.

I più volte citati elementi di appeal delle Borse europee (fase favorevole del ciclo e della politica monetaria a cui si aggiungono valutazioni più attraenti), sono in questa fase sopraffatti dai fattori negativi.

In primo luogo, i numerosi rischi geopolitici, che partono dalla Brexit, passando per l’ascesa dei Partiti populisti, fino ad arrivare al complesso e discutibile sistema di definizione delle regole a livello comunitario, come dimostra la disastrosa gestione da parte delle autorità del processo di rafforzamento/ristrutturazione del sistema bancario italiano.

Inoltre, come ha dimostrato l’esperienza degli ultimi anni, l’evoluzione delle Borse europee risente in misura non secondaria della componente valutaria (date le caratteristiche dell’economia) e in questo senso nelle ultime settimane sta probabilmente pesando una politica della BCE non più focalizzata sulla svalutazione dell’Euro.

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