Se da un lato la Fed, e i Mercati Emergenti, potrebbero trarre un vantaggio da un indebolimento del dollaro sempre più marcato, dall’altro lato ci potremmo interrogare sulla sostenibilità dell’attuale posizionamento da colomba scelto dalla Fed. E’ importante sottolineare che, in un mondo che procede a ritmo lento, i cambiamenti sono via via più importanti ma, dal nostro punto di vista, gli Stati Uniti si muoveranno in direzione di un ulteriore restringimento, elemento che potrebbe significare che il recente indebolimento della divisa americana rappresenti un fenomeno temporaneo.
Il Giappone non può sopportare un ulteriore rafforzamento significativo dello yen e, dinanzi al calo della fiducia verso l’Abenomics e alla diminuzione delle aspettative d’inflazione, sta crescendo la pressione per avere una reazione. E’ necessaria una riflessione sulle cosiddette tre frecce della politica economica di Abe – stimolo monetario, stimolo fiscale e riforme strutturali. La prossima fase di sperimentazione comincerà verosimilmente nei prossimi trimestri. L’espansione monetaria attraverso il finanziamento non è un asso nella manica, ma resta un’opzione per i legislatori giapponesi e anche a livello globale. Anche le idee più d’avanguardia sono ormai oggetto di un dibattito più approfondito ed è probabile che i legislatori più audaci faranno ricorso all’adozione di nuovi, più arditi metodi per impressionare i mercati e stimolare le aspettative di crescita e inflazione.
L’imprevedibilità degli effetti della politica rende difficile orientarsi sui mercati nel breve periodo, ma rimane importante concentrarsi sui fondamentali. L’economia globale resta fragile e lontana dalla normalità e di conseguenza i rischi abbondano. Dalla nostra prospettiva, strutturalmente, il deterioramento della produttività resta una fonte di preoccupazione, così come la stagnazione della crescita degli utili societari sottostanti che si accompagna all’apparente picco raggiunto dalla profittabilità delle società negli Stati Uniti e che rappresentano un ostacolo per il mercato azionario globale. Questo, in aggiunta alle valutazioni – che consideriamo ragionevoli ma non particolarmente interessanti – ci porta a mantenere un approccio di lungo-periodo prudente sulla previsione dei rendimenti del mercato azionario statunitense.
Come reagisce BMO alla sfida? Pillole di asset allocation. In tale contesto siamo positivi sull’azionario giapponese (dato che la popolarità dell’Abenomics sta scemando e che si continuano a registrare crescite nei profitti) e sull’Europa ex-UK, dove riscontriamo bilanci societari ricchi di liquidità e il protrarsi delle politiche accomodanti della BCE. Per quanto riguarda i mercati azionari Emergenti, registriamo un miglioramento del sentiment e, allo stesso tempo, un affievolimento dei timori legati alla crescita economica in Cina. I listini azionari dei mercati Emergenti presentano al momento delle valutazioni interessanti, ma una debole ripresa sul fronte delle esportazioni e un tasso di crescita fiacco rappresentano ancora degli ostacoli per la crescita degli utili.
Guardando all’asset class obbligazionaria, siamo positivi sui titoli Investment Grade europei grazie alla politica monetaria della BCE e alla forte domanda di emissioni espresse in Euro. Anche sui titoli di Stato dei Paesi Emergenti abbiamo una view positiva, supportata dalla ripresa del ciclo industriale e dalla stabilizzazione del prezzo delle materie prime