Gli effetti delle nuove misure monetarie della Bce

A cura di Marco Palacino, Managing Director per l’Italia di Bny Mellon Investment Management
Sin dal 21 gennaio, quando il Presidente Mario Draghi aveva annunciato una possibile revisione del piano di QE, il meeting odierno della BCE è stato al centro dell’attenzione degli investitori. Le aspettative dei mercati erano chiare: un taglio dei tassi di deposito di 10 punti base, un aumento del budget disponibile fino almeno a 70-75 miliardi di euro e, forse, un’estensione del programma a nuove tipologie di titoli obbligazionari.
Come abbiamo visto, stavolta Draghi non si è limitato ad assecondare le aspettative dei mercati, ma le ha superate. La reazione immediata è stata di euforia per le Borse, con un rialzo dei principali listini e un indebolimento dell’euro. Dopo poche ore, però, gli indici azionari sono tornati a perdere terreno e la valuta europea si è nuovamente rafforzata.
Questo andamento contrastante simboleggia bene  le contraddizioni insite nell’effetto delle politiche monetarie sui mercati. Da un lato, gli investitori gioiscono per l’immissione di liquidità che riduce i default aziendali e sostiene l’economia dell’Eurozona. Dall’altro, alla base delle decisioni della BCE vi sono pur sempre delle cattive notizie: ovvero che la ripresa non sia ancora sostenibile e non possa proseguire sulle proprie gambe, come invece sembra stia accadendo negli Stati Uniti.
Cosa ci aspettiamo, quindi? A nostro avviso, i rendimenti dei bund e degli altri titoli di Stato europei scenderanno, e così quelli del credito investment grade – peraltro già a livelli minimi. Le politiche sempre più accomodanti aiuteranno a contenere anche i rischi di default. Questi fattori potrebbero favorire un aumento della propensione al rischio nel breve-medio termine, con un maggior interesse degli investitori per high yield ed emergenti. Ci aspettiamo comunque che la volatilità resti elevata, come dimostrano gli sviluppi odierni dei mercati.
Poiché in questo scenario la parola d’ordine resta “selettività e prudenza”, riteniamo possa proseguire anche il trend positivo per il risparmio gestito in Italia, con flussi costanti di sottoscrizioni verso i fondi attivi – soprattutto alternativi e a ritorno assoluto.
L’estensione del QE non scongiura però i rischi per chi investe in titoli di Stato o credito, soprattutto nel lungo termine. Persistono infatti le sfide strutturali alla crescita economica, il problema dell’eccesso di indebitamento nell’Eurozona e gli effetti deflattivi dei bassi prezzi delle materie prime, petrolio in testa. E se la BCE si è ormai giocata la maggior parte dei propri assi, quali forze potranno nuovamente intervenire per placare la volatilità e i timori dei mercati dinanzi al prossimo rischio di shock finanziario o geopolitico?

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