Eurozona e finanziari proiettati verso l’outperformance

A cura di Credit Suisse
Dopo un rally di quasi il 10% dai minimi di febbraio, il mercato azionario globale ha fatto una breve pausa in vista della riunione della BCE di questa settimana. Il sentiment di mercato attenuato è dovuto al connubio tra una comunicazione cauta della BCE e il ricordo spiacevole dello scorso dicembre, quando la BCE ha deluso le forti aspettative. Il rimbalzo dei prezzi dell’energia ha portato Canada, Australia e mercati emergenti a un’outperformance, mentre il sentiment risk-off ha esercitato una pressione relativa su Giappone, Eurozona e Regno Unito. A livello settoriale i difensivi hanno ampiamente sovraperformato i ciclici.
Ribadiamo il nostro parere outperform sulle azioni dell’Eurozona. Le decisioni di allentamento della BCE dovrebbero rafforzare il sentiment del mercato, che si è mostrato fragile negli ultimi due mesi, e incentivare le attività aziendali nell’Eurozona. Non solo, il ritardo dell’impatto positivo di un euro indebolito, dallo scorso anno, sugli utili dell’Eurozona dovrebbe diventare pienamente visibile quest’anno. D’altra parte, prevediamo una sottoperformance delle azioni statunitensi con la divergenza tra politiche monetarie che continua a spiegare i suoi effetti.
Il settore finanziario, sul quale siamo diventati positivi rispetto alla scorsa settimana, potrebbe registrare un certo sollievo rispetto ai peggiori timori sulla redditività dopo che il Presidente della BCE Mario Draghi ha indicato un margine limitato per un ulteriore taglio dei tassi di interesse. L’underperformance del settore dall’inizio dell’anno è stata anch’essa in parte dovuta all’accentuata recessione globale e ai timori di tassi di interesse negativi – uno  scenario che reputiamo ancor più improbabile ora. La nuova serie di operazioni di rifinanziamento mirate a più lungo termine (TLTRO II) annunciata dalla BCE fornirà una liquidità a più lungo termine al sistema bancario dell’Eurozona e conferirà supporto al settore ai fini di un’outperformance.
Reddito fisso: crediti meno attraenti dopo il rally delle ultime settimane; minore potenziale al rialzo ora per i bond periferici Il recente rimbalzo dei prezzi delle commodity ha avuto un impatto significativo sui mercati del reddito fisso nelle ultime settimane. Sul fronte dei titoli di stato, i rendimenti benchmark sono aumentati sul tratto lungo in un contesto di aspettative superiori sull’inflazione, con le obbligazioni indicizzate all’inflazione in outperformance rispetto a quelle nominali. Nei crediti le obbligazioni high yield statunitensi hanno riportato una performance brillante, registrando rendimenti totali vicini al 6% nell’ultimo mese, determinati principalmente da una performance a due cifre per gli emittenti legati alle commodity.
Le obbligazioni in valuta locale e pregiata dei mercati emergenti sono risultate parimenti molto favorite. Mentre il nostro approccio ciclico verso le obbligazioni in valuta pregiata resta positivo, il segnale di valutazione positiva registrato a febbraio sta venendo meno con il progredire del rally. Ciò vale in particolare per il Brasile, dove gli spread risultano indietro rispetto al pricing in un rating di credito significativamente inferiore a quello che i fondamentali sovrani avrebbero suggerito, innescando un giudizio di investimento positivo. Unitamente a rinnovate incertezze politiche con il ritorno dei timori di un impeachment, la forte contrazione degli spread osservata nell’ultimo mese (oltre 100 punti base) potrebbe limitare ulteriormente l’outperformance andando avanti, a nostro avviso. Allo stesso modo, le valutazioni dei tassi brasiliani sono parimenti limitative di una continua outperformance sui mercati nazionali. Tuttavia l’America Latina dovrebbe essere meglio posizionata grazie a un quadro dell’inflazione che appare più benigno, con le obbligazioni locali colombiane che rappresentano il nostro investimento di punta nella regione.
Avendo favorito le obbligazioni periferiche europee rispetto ad altre obbligazioni UEM, consideriamo ora più limitato il loro potenziale di outperformance. Alle valutazioni attuali, una performance assoluta positiva dei Bund tedeschi  appare ancora meno probabile, con Draghi che sottolinea il ristretto margine di manovra per un ulteriore taglio dei tassi, mentre le opzioni non tradizionali potrebbero essere preferite in futuro. Con le TLTRO destinate a frenare l’offerta di obbligazioni bancarie senior, consideriamo ora i bond bancari senior non garantiti come un migliore strumento per assumere un’esposizione all’Europa periferica, rispetto ai bond sovrani in precedenza. Tuttavia, manteniamo il nostro approccio cauto sul debito bancario subordinato in Europa, con le misure annunciate dalla BCE che non allevieranno in maniera significativa le questioni legate alla futura redditività e, ancora più importante, ai relativi requisiti di capitale, a nostro parere.
Materie prime: Il rally dell’oro rappresenta più un’opportunità di vendita che di acquisto. L’oro ha registrato un rally notevole da inizio anno. Al momento della redazione, i prezzi dell’oro sono saliti di oltre il 17% da inizio anno, testando il livello di resistenza tecnica di USD 1265. A inizio anno, il mercato ha beneficiato dell’impennata dell’avversione al rischio globale e del sell-off sui mercati azionari globali. Essendo considerato come un investimento rifugio, l’oro ha attratto considerevoli afflussi durante il periodo. Tra febbraio inoltrato e inizio marzo, i mercati azionari globali si sono ripresi e la volatilità è scesa sui mercati finanziari. Tuttavia i prezzi dell’oro non solo sono rimasti a livelli elevati, ma hanno continuato a spingersi al rialzo. In questa fase i prezzi non sono stati guidati da flussi safe-haven, ma da tassi di interesse reali in calo negli USA. Considerato che i dati sull’inflazione negli USA sono al rialzo ma che il prossimo rialzo dei tassi della Fed è atteso probabilmente solo a giugno, i tassi reali sono scesi, rendendo più attraenti per gli investitori gli asset infruttiferi come l’oro.
La questione ora è cosa accadrà in seguito. Dopo i forti flussi in entrata degli ultimi due mesi, il posizionamento in oro appare sempre più tirato. Per attirare continui afflussi, dovremmo assistere o a una rinnovata impennata del rischio, a ulteriori cali dei tassi reali negli USA oppure a una persistente debolezza dell’USD. A nostro parere, non è probabile avvenga nulla di tutto ciò. Con i mercati che si sono stabilizzati, le banche centrali stanno all’erta per impedire un rinnovato deterioramento delle condizioni sui mercati finanziari. La riunione della BCE di questa settimana è  indicativa dei continui sforzi dei responsabili politici per promuovere la stabilità. Negli USA l’economia, e in particolare il mercato del lavoro, sta andando abbastanza bene e, con l’inflazione al rialzo, la Fed sembra destinata ad aumentare i tassi. Tuttavia, non è questo che si aspettano i mercati. Di conseguenza riteniamo ci sia un potenziale di repricing. Se l’economia continua a tenere bene, ciò deporrebbe piuttosto a favore di un rialzo dei tassi reali. E con la BCE che espande il suo programma di quantitative easing contestualmente all’inasprimento della Fed, è improbabile si registri una debolezza sostenuta dell’USD.
Data la dinamica tecnica in atto per l’oro, riteniamo sia troppo presto per diventare decisamente negativi. Ci atteniamo alle nostre previsioni neutrali per ora ma facciamo notare che i rischi al ribasso stanno aumentando per l’oro. In questo contesto, la vendita di parte del potenziale al rialzo per l’oro probabilmente vale di più dell’inseguire il rally al rialzo a questo punto.
Valute: EUR non riesce a sostenere la debolezza iniziale dopo la decisione della BCE – rimaniamo neutrali. Manteniamo le nostre prospettive neutrali per EUR/USD e USD/CHF, anche se la BCE ha sorpreso un poco sul fronte della generosità. Primo, una mossa di allentamento della BCE era più che prevista. Secondo, la riunione del FOMC rappresenta un altro importante rischio di evento che incombe sulla prossima settimana. Infine gli indicatori tecnici restano rialzisti per EUR/USD, segnalando nel complesso che EUR/USD dovrebbe continuare a trattare pressoché lateralmente. Questo range trade neutrale, ben all’interno dell’ampio intervallo 1.05–1.15, è in linea con il tipico consolidamento del dollaro USA post inasprimento della Fed e potrebbe persistere ancora per qualche tempo, con la Fed destinata a imprimere una direzione con le sue indicazioni politiche la prossima settimana.
EUR/CHF è stato soggetto inizialmente a una pressione al ribasso dopo la decisione della BCE ma sembra aver trovato riscontro in rinnovati interventi della BNS in campo valutario. Con l’ampia ripresa dell’EUR, EUR/CHF si è mosso al rialzo nuovamente al di sopra di 1.09. Le aspettative dei nostri economisti di una BNS destinata a tenere fermi i tassi alla sua riunione del 17 marzo 2016 dovrebbero lasciare gli spread dei tassi a breve termine a livelli ancora ristretti, offrendo così incentivi limitati per dei deflussi di capitali privi di copertura al di fuori della Svizzera. Manteniamo le nostre prospettive neutrali per EUR/CHF e venderemmo piuttosto il potenziale al rialzo tramite opzioni per gli investitori che detengono posizioni lunghe in EUR se EUR/CHF dovesse continuare a muoversi al rialzo.
Il recente rally delle monete dei mercati emergenti, guidato anche dal rimbalzo dei prezzi del petrolio, con buona probabilità è dovuto a un più ampio aggiustamento delle posizioni, alla liquidazione delle coperture e all’espressione di un sentiment positivo verso il rischio. Dato che non riscontriamo alcun importante miglioramento a livello di fondamentali nazionali, restiamo ampiamente cauti sulle monete dei mercati emergenti. La settimana scorsa abbiamo citato il potenziale di una deriva al ribasso di EUR/SEK, all’interno del suo ampio range 9.10–9.50, con una crescita solida in Svezia e una recente sorpresa al rialzo sul fronte dell’inflazione. Continuiamo ad attenerci a questo giudizio in attesa della prossima riunione ordinaria della Riksbank del 21 aprile e dei dati sull’inflazione CPI in Svezia il 15 marzo.
Da una prospettiva di valutazioni, la NOK è ancora più attraente della SEK nei confronti dell’EUR. Il recente rialzo del prezzo del petrolio va parimenti a sostegno della NOK. Mentre il rischio di un ulteriore allentamento della Norges Bank alla riunione del 17 marzo 2015 è alto, come si evince dal market pricing di un altro taglio dei tassi, qualsiasi debolezza della NOK legata all’allentamento della Norges Bank è destinata a essere di breve durata, alla luce di una sottovalutazione ancora forte.

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