Un voto che fa il giro del mondo

A cura di Jeremy Lawson, Capo Economista, Standard Life Investments
La decisione degli elettori del Regno Unito di lasciare l’Unione europea con un margine del 52% contro 48% ha scioccato i mercati finanziari, che nei giorni precedenti al referendum puntavano invece sul remain. Venerdì 24 la sterlina è scesa dell’8% nei confronti del dollaro, raggiungendo il picco più basso da 31 anni a questa parte, e i mercati azionari globali sono scesi del 4,8% a causa di una fuga generalizzata verso gli asset più sicuri. All’inizio della scorsa settimana è continuata la svendita delle attività rischiose, dato che i mercati erano ancora alle prese con le ramificazioni politiche, economiche e finanziarie del voto britannico. In tempi come questi, pensiamo che sia importante per gli investitori avere un quadro analitico che li aiuti a separare i segnali rilevanti dai rumori di fondo successivi agli eventi politici.
La nostra analisi, ad esempio, prevede la scomposizione del rischio politico in fattori istituzionali e ciclici. I fattori istituzionali sono quelli che derivano dalla struttura delle istituzioni politiche di un paese; sono gli ingranaggi che determinano la stabilità del contesto politico nel caso di eventi ciclici o per i quali il fattore tempo è determinante come nel caso di elezioni e decisioni relative alla politica. Il rischio politico è solitamente più basso e stabile nei mercati sviluppati che nei mercati emergenti perché le istituzioni sottostanti sono di solito più strutturate, radicate e trasparenti.
La decisione britannica di lasciare l’UE va controcorrente perché costituisce un importante cambiamento istituzionale per il Regno Unito e i suoi partner commerciali, sia all’interno che all’esterno dell’UE. L’evidenza empirica suggerisce che all’aumentare dell’incertezza politica le imprese ritardano gli investimenti e i consumatori rimandano la spesa per prodotti più costosi, pesando sulla ripresa della crescita e delle attività economiche.
La gravità e la durata di questa resistenza dipenderanno dalla risposta dei policy maker globali. In primo luogo, la politica monetaria globale deve diventare più accomodante, a partire dall’azione aggressiva preventiva da parte della Banca d’Inghilterra. È’ inoltre necessario che la Bce adotti misure per rassicurare i mercati che le banche e le obbligazioni periferiche sono luoghi sicuri in cui investire e che la Fed eviti il rialzo dei tassi per il 2016.
Infine, la politica fiscale dovrà essere della partita, quando le misure di politica monetaria raggiungeranno il limite massimo in termini di estensione e benefici. Dovrebbe essere più semplice raggiungere questo cambiamento nel Regno Unito, dato che i politici riconoscono l’inutilità e i pericoli politici dell’austerità. Bruxelles, d’altro canto, dovrà diventare più tollerante verso gli scostamenti di bilancio per scongiurare rivolte anti-europeiste in altri paesi.

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