Paesi Emergenti, i fondamentali sono più solidi di quanto i mercati suggeriscono

di Kirstie Spence, gestore di Capital Group

I primi mesi del 2016 sono stati un periodo molto volatile per gli asset rischiosi. Dinanzi ad una reazione dei mercati così imprevedibile, la sensazione è quella di trovarsi nella congiuntura più volatile mai vista prima o che i rischi macroeconomici siano aumentati a livelli senza precedenti. Un gestore patrimoniale, tuttavia, deve indagare a fondo sulle dinamiche in atto e comprendere appieno i rischi idiosincratici e macroeconomici. Dall’analisi dei fondamentali dei Mercati Emergenti, potremo notare che, in realtà, le dinamiche in corso sono favorevoli. Molti Paesi registrano un tasso di crescita ragionevole, abbinato a un sano livello inflazionistico. Anche sul fronte delle riforme, sono stati realizzati alcuni passi in avanti.

In precedenti fasi di crisi nell’universo degli Emergenti, si sono spesso generate pressioni sul sistema, che hanno provocato un inasprimento degli ancoraggi valutari e di altri regimi di cambio fissi. Questa volta, dinanzi alla flessione dei prezzi delle materie prime, la crescita ha rallentato il suo ritmo e i tassi di cambio si sono svalutati. Se da un lato la debolezza dei tassi d’interesse ha rappresentato un problema per i detentori esteri di obbligazioni Emergenti in valuta locale, dall’altro ha svolto la funzione di riequilibrio per i Paesi Emergenti, soprattutto per quelli che esportano materie prime. Una valuta debole sostiene la crescita e può anche favorire il gettito fiscale. Questo dovrebbe consentire alle economie emergenti di evitare una crisi correlata dovuta al rallentamento della crescita. Inoltre, molti governi hanno affrontato la difficile situazione agendo in maniera responsabile sul versante fiscale, intervenendo sulle imposte e riducendo la spesa. Alcuni governi, inoltre, hanno sfruttato la debolezza dei prezzi delle materie prime per ridurre sovvenzioni fiscali.

Così facendo, hanno evitato di cadere in una spirale di indebitamento e nella trappola dei deficit gemelli. Le banche centrali di molti Paesi Emergenti, dal canto loro, sono state in grado di attuare misure anticicliche di allentamento per sostenere la crescita economica. Questa reazione proattiva è un ottimo segnale e dimostra che i Mercati Emergenti stanno maturando.

Considerando lo stato dei fondamentali e le valutazioni correnti, riteniamo che il debito Emergenti offra opportunità interessanti in un orizzonte di 2-3 anni. Nonostante sia sempre difficile comprendere quando le valutazioni hanno raggiunto il minimo, credo che le prospettive siano buone per quei Mercati Emergenti che possono fare affidamento su fondamentali migliori. Per contro, non investiamo in titoli ME di Paesi verso i quali nutriamo dei timori e che non offrono una contropartita adeguata rispetto al rischio dell’investimento.

A nostro avviso, attualmente, ci sono opportunità interessanti nel sud-est asiatico. I Paesi dell’area vantano prospettive di crescita migliori e mercati verosimilmente più stabili, e hanno anche fatto progressi sul versante delle riforme. Oltretutto, la regione non è penalizzata dai rischi di default che gravano sull’America Latina o dai problemi di indebitamento che riguardano invece l’Europa. Questi fattori hanno conferito al debito ME del sud-est asiatico una capacità di tenuta maggiore rispetto a molti altri Mercati Emergenti. Per quanto riguarda la nostra esposizione a questa regione, di norma preferiamo il debito in valuta locale piuttosto che in dollari USA, anche se, nel complesso, tendiamo a mantenere una posizione di sovrappeso sul biglietto verde. In genere, le obbligazioni in dollari USA sono maggiormente legate al credito (sostenibilità del debito) e, poiché la regione ha tendenzialmente una qualità più elevata, gli spread possono essere meno allettanti. In confronto, il debito in valuta locale è più dinamico, essendo influenzato da fattori quali inflazione, tassi e crescita. Considerando il fatto che i Mercati Emergenti sono in una fase storica di evoluzione, caratterizzata da un calo dell’inflazione e dal progredire delle riforme, tendiamo a considerare più interessanti i rendimenti delle obbligazioni in valuta locale, soprattutto perché molte di esse hanno ormai curve dei rendimenti completamente formate. Quando investiamo in obbligazioni denominate in divise locali, provvediamo sempre a gestire l’esposizione valutaria correlata, mediante una copertura o assumendo una posizione valutaria attiva.

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