Fed: per alzare i tassi serve il permesso del mercato?

A cura di Silvia La Verde, Analista Saxo Bank Italia
All’apertura della riunione del Federal Open Market Committee, la prima delle quattro annuali accompagnate dalla conferenza stampa di Janet Yellen per la presentazione delle proiezioni economiche della Fed, le probabilità implicite del mercato dei futures per il prossimo innalzamento dei tassi d’interesse rimangono al 5%, spostate piuttosto sui mesi estivi con un timido 52% per il mese di giugno (fino ad un mese fa appena al 6%).
È difficile un ritocco dei tassi per domani ma, quello che solitamente presenta un vantaggio per la Yellen, cioè la possibilità di poter calibrare le proprie parole dopo aver osservato qualche giorno di mercato post-BCE, questo mese dovrebbe aver reso evidente la necessità di sbilanciarsi riguardo il ciclo di rialzi, per preparare un mercato che sembra non volersi adeguare e che mantiene un proprio carattere di imprevedibilità. Un’ondata di volatilità per domani sera è probabilmente inevitabile. L’esperienza ci ha infatti mostrato come un impatto non indifferente sulle decisioni del FOMC sia presentato da quanto di più indipendente dai fondamentali macroeconomici, quale l’emotività dello stesso mercato, che spesso fatica a prezzare correttamente una prospettiva di lungo termine.
Il mercato dei Futures non è tuttavia l’unico a valutare le aspettative sulla politica monetaria americana. Dall’11 febbraio i segnali di un’economia USA che si prepara ad una lenta normalizzazione dei tassi d’interesse sono diversi: lo S&P 500 ha recuperato la perdita segnata da inizio anno chiudendo la scorsa settimana a 2020, mentre la volatilità implicita lentamente si riduce (l’Indice VIX è calato del 40% nell’ultimo mese fermandosi a 17, tornando da inizio marzo definitivamente sotto la soglia di 20, generalmente considerata il confine tra mercato rialzista e ribassista).
Nello stesso periodo i rendimenti sui Treasury notes a 2 anni sono saliti mentre il dollaro si indebolisce, non soltanto contro l’Euro: l’US Dollar Index ha perso il 2,19% dall’inizio dell’anno, tornando sotto la resistenza di 97. Inoltre, in vista di un secondo semestre già agitato, non da ultimo dalle elezioni, i tassi dovranno essere aggiustati almeno una volta entro l’estate. Intanto, le migliori condizioni macroeconomiche hanno spostato le previsioni dell’inflazione core mensile allo 0,2%, con una crescita annuale del livello dei prezzi (che migliora dallo scorso settembre) attesa ai livelli di gennaio al 2,2%. L’energia continua a pesare, abbassando le prospettive che, seppur in calo (-0,2% mensile), si mantengono annualmente allo 0,9%. Diversa la situazione dell’Eurozona che giovedì attende la conferma della stima preliminare dell’inflazione di febbraio a -0,2%, prevista tuttavia positiva allo 0,8% per la fine del 2016, e a +1,4% nel 2017.

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