Portafogli a rischio contenuto: una storia che parte da lontano

A cura di Ascanio Strinati, itConsilium

Correva il 2012, l’Italia viveva i tempi del super spread, e insieme a un pool di colleghi mi venne in mente di elaborare un portafoglio obbligazionario.
Perché proprio un portafoglio obbligazionario? Qual era la ratio, l’idea, sulla quale si basava la nostra iniziativa? Analizzata a posteriori la risposta è piuttosto semplice. Con tassi drogati dallo spread vi era un’occasione unica per rendere realmente allettante in termini di rendimento un tale servizio.

Ma questo rendimento da dove veniva? Semplice: il mercato stava prezzando l’ipotesi defaut per l’Italia e l’Euro. Noi, invece, molto sommessamente, dissentivamo. “Con Draghi al comando l’Euro non fallirà e non fallirà neppure il nostro bel paese”! Questo era il nostro pensiero (l’analisi magari fu un filino meno abborracciata).

“Occhio ragazzi, dobbiamo assolutamente cercare di comunicare ai nostri lettori che l’opportunità che cerchiamo di cavalcare non è assolutamente a rischio zero. Di fondo noi puntiamo sull’ipotesi che l’Italia non fallisca, che è comunque un grosso ‘Se’. Cerchiamo, quindi, di essere molto chiari con i nostri lettori”.
Così facemmo, sia in termini di grafica che di messaggi. Avemmo ragione ed il servizio diede a noi ed ai numerosi lettori delle belle soddisfazioni.
Ma perché questo lavacro della memoria? E soprattutto qual è l’insegnamento da trarne? La risposta alla prima domanda è che ultimamente sembra che il mercato prezzi il rischio in maniera erratica.

Alcuni esempi
Tutti i media parlano di bail-in, fallimenti bancari e pericolosità delle obbligazioni subordinate. Il risultato è un mercato che tratta alla stessa stregua, anche se fortunatamente non con gli stessi parametri, l’emissione di una banchetta di provincia e quella di uno dei principali gruppi bancari nazionali, espressione di uno dei territori più avanzati d’Europa. Voi avreste comprato? Noi lo abbiamo fatto!
Alzando invece lo sguardo dalle vicende di bassa macelleria finanziaria, prendiamo il caso del rialzo dei tassi in USA. Da sempre questa sarebbe una notizia bearish (ribassista). La scorsa settimana però quando un dato sull’occupazione ha allontanato il possibile rialzo a giugno i mercati sono sprofondati. La notizia si è poi rivelata meno “strutturale” di quanto inteso e ampie rassicurazioni sulla strategia di rialzo dei tassi sono giunte dalla presidente Yellen. I mercati hanno ringraziato prontamente.

Ma perché?
Semplice: il mercato ha bisogno di rassicurazioni e una strategia di rialzo dei tassi implica per la Fed, ossia uno dei principali artefici della politica monetaria mondiale, una visione positiva sull’economia.

Quindi mercati insicuri nel proprio compito principale: prezzare il rischio. Da qui la necessità di trovare dei precedenti o almeno dei termini di paragone.
Per rispondere invece al secondo interrogativo in grassetto occorre prima di tutto porsi qualche domanda più generale.

  • Rischio e rendimento
  • Esiste il controllo del rischio?
  • sono sempre direttamente proporzionali?
  • Quali sono i passi che si possono fare?
  • Ci sono soluzioni certe? (la risposta ovviamente è no, ma forse occorre approfondire)

Nei prossimi giorni risponderemo a queste domande.
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