Il dollaro sta guarendo

A cura di John J. Hardy, Head of Fx Strategy di Saxo Bank
Il dollaro ha tenuto i trader sulle montagne russe nelle ultime due settimane: la valuta è recentemente piombata ai suoi minimi livelli dall’inizio del 2015, prima di un’improvvisa e vigorosa ripresa alla fine della scorsa settimana. È sempre interessante quando un movimento così forte avviene in assenza di un chiaro supporto per il prezzo, come in questo caso. I dati degli Stati Uniti, dopotutto, non sono risultati particolarmente positivi e le probabilità di un prossimo innalzamento dei tassi Fed non accennano ad aumentare.
Quanto abbiamo visto la scorsa settimana potrebbe semplicemente derivare dall’esaurimento della forza principale che ultimamente ha mosso il mercato – l’indebolimento del dollaro USA, dovuto all’atteggiamento da colomba del FOMC durante la riunione di marzo (confermatosi anche alla seguente riunione di aprile), proprio mentre i mercati hanno preso atto che BCE e BoJ hanno ormai esaurito le potenzialità dei propri strumenti in termini di tassi negativi e QE.
Certamente, il dollaro USA potrebbe trovarsi sotto ulteriore pressione in caso di una recessione degli Stati Uniti, come temuto da alcuni. Ma con o senza una recessione, globale o americana che sia, risulta comunque difficile sostenere, ad esempio, che lo yen possa innalzarsi ancora molto dopo un recupero del 15% come quello registrato negli ultimi sei mesi contro il dollaro, se pensiamo che la BoJ continui ad acquistare titoli per un valore pari a circa il 15% del PIL annuale, anche senza un’ulteriore espansione delle sue politiche.
In accordo con un recente articolo di Bloomberg, notiamo come il Giappone presenti ormai una base monetaria pari al 96% di quella degli Stati Uniti in USD, nonostante la sua economia sia grande meno di un terzo di quella statunitense. Il grande rally dello Yen osservato dall’inizio dell’anno potrebbe semplicemente essere stato una grande correzione dovuta all’improvvisa inversione delle aspettative di un aumento dei tassi Fed. Allo stesso modo, potrebbe essere stata solo una grande attenzione per i cross valutari asiatici, dove lo yen così debole contrasta con uno scomodo renminbi legato al dollaro.
Venerdì è atteso un discorso di Kuroda, che potrebbe fornire qualche suggerimento riguardo le nuove misure di easing da parte della Bank of Japan. Come ho già scritto in passato, è più facile che queste nuove misure arrivino in Giappone dal lato fiscale, per dare una nuova dose di reale domanda all’economia. La BoJ potrebbe finalmente sorprendere, ufficializzando che non ci sia mai stata l’intenzione di vendere i titoli che ha acquistato sul mercato e rendendo ufficiale la monetizzazione del debito del Giappone. Ma, anche se Kuroda non dichiarasse nulla di interessante per i trader, la BoJ continuerà a stampare moneta, così come la BCE – mantenendo entrambe un ritmo record di stampa di moneta per il prossimo futuro. Intanto, la politica della Fed è stabile e potrebbe anche prevedere un paio di rialzi dei tassi nel corso dei prossimi 12 mesi.
EURUSD e USDJPY confermeranno molto presto che il dollaro USA si trova sui minimi. Successivamente quest’ultimo si rafforzerà, rimettendo nuovamente in difficoltà i mercati emergenti, specialmente il cambio USD/renminbi. Un dollaro più forte potrebbe eventualmente spingere la Fed a fare marcia indietro riguardo alle presunte intenzioni ad innalzare i tassi ma, per ora, anche grazie al notevole margine di manovra fornito dalla debolezza di USD all’inizio dell’anno, sembrerebbe che ormai la Fed non possa tirar fuori altre colombe dal proprio cappello, almeno rispetto alle altre principali banche centrali.

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