Millennials e “maturi” tra investimenti e nuove tecnologie

Questione di generazioni. Così si può riassumere il rapporto che hanno gli italiani con le nuove tecnologie anche quando si parla di investimenti. Gli investitori sopra i 40 anni infatti dichiarano una minor confidenza e apertura verso canali alternativi per investire legati a nuovi device e alle possibilità offerte dalla Rete rispetto ai Millennial.
È quanto emerge dai primi dati rilasciati dalla nuova edizione della Global Investment Survey – giunta al quarto anno – realizzata da Legg Mason Global Asset Management, uno dei principali gestori globali diversificati. L’indagine è stata realizzata in 19 paesi e ha raccolto i dati di oltre 5000 rispondenti, e per la prima volta ha voluto mettere a confronto i comportamenti di due macro-classi di età quelli tra i 40 e i 75 anni e i più giovani (18-39).
Ma vediamo nel dettaglio cosa evidenzia la ricerca. Solo il 13% degli investitori più maturi si dichiara propenso a fare investimenti tramite cellulare contro il 35% dei connazionali più giovani. Soltanto il 12% degli over 40 prende in considerazione l’ipotesi di investire mediante venditori online conosciuti – come ad esempio Amazon – rispetto al 30% dei Millennial italiani.
Ma le divergenze non finiscono qui: il 30% delle nuove generazioni di investitori è ben disposto a fare investimenti attraverso un’applicazione dedicata (come Schwab) mentre lo è solo il 10% degli investitori italiani più navigati.
Il 32% dei Millennial prenderebbe in considerazione la possibilità di servirsi di una piattaforma di consulenza automatizzata in rete per consigli di investimento rispetto ad appena il 10% degli over 40.
Il 27% dei Millennial italiani è disposto a fare investimenti avvalendosi di una piattaforma dedicata di social media contro l’8% degli investitori maturi.
Notevoli differenze si notano anche in relazione ad uno dei temi più caldi legato alle nuove tecnologie, quello dei robo-advisor. Mentre il 69% degli investitori over 40 si dichiara sereno nell’investire in base ai consigli ricevuti dal proprio consulente finanziario, solo il 35% lo sarebbe nel seguire quelli di un robo-advisor. Al contrario il 67% dei Millennial si sentirebbe sicuro affidandosi a consulenti non in carne ed ossa.
Esiste però un tratto comune tra i due gruppi di investitori, che caratterizza l’Italia rispetto agli altri paesi europei in cui l’indagine è stata svolta: il ruolo del promotore finanziario.
Più della metà degli investitori maturi (53%) si affida ad un promotore finanziario per i propri investimenti: si tratta della più alta percentuale registrata in Europa dopo il Belgio (59%). Decisamente lontani paesi come Germania (35%), Francia (36%) e Regno Unito (36%).
Anche per i Millennial il ruolo del promotore finanziario è sempre più rilevante: vi si affida il 70% dei rispondenti, la più alta percentuale in Europa dopo la Francia (73%).
“La nostra indagine registra come il ruolo del promotore finanziario stia diventando sempre più importante nel nostro paese” – dichiara Marco Negri, country head Italy per l’Italia. “La survey del 2015 evidenziava come vi si affidasse solo il 40% dei rispondenti, mentre ora lo sceglie più della metà degli stessi (53%). Il che testimonia come, indipendentemente dall’età, l’investitore italiano senta sempre più forte – in un contesto di mercato sempre più difficile da decifrare e in cui vengono a mancare i classici investimenti sicuri e redditizi – la necessità di affidarsi ad un esperto che possa dare consigli su misura rispetto alle esigenze e alla propensione al rischio di ognuno. Le nuove tecnologie saranno sempre più un ulteriore strumento a disposizione degli investitori che si affiancheranno ai canali e alle figure tradizionali ma non stupisce come a mostrarsi fin da subito più aperti e propensi all’utilizzo siano le generazioni più giovani, così come accade in altri campi” conclude Negri.

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