Scontro tra titani

di Chris Iggo, cio Fixed Income di Axa IM

Gli avvenimenti politici possono influenzare molto i mercati. Più avanti nel corso dell’anno ci attendono il referendum nel Regno Unito, nuove elezioni in Spagna e le elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

Eppure i mercati sono abbastanza tranquilli in questo momento, dopo due mesi di robuste performance. Potrebbe essere il momento di ridurre un po’ il rischio e ripensare alle valutazioni con più attenzione, soprattutto alla luce degli eventi che dovremo affrontare.

Per quanto concerne il referendum nel Regno Unito, non riesco proprio a immaginare una reazione positiva da parte dei mercati qualora vincessero coloro che vogliono lasciare l’Unione Europea. In caso contrario, il vero beneficiario sarà la sterlina che ha risentito molto dei timori sulla Brexit. Per chi crede che il Regno Unito resterà nell’Unione e che Londra è l’ombelico del mondo (calcio a parte), è ora di comprare sterline.

Di ritorno da uno dei miei viaggi d’affari, l’altro giorno all’aeroporto di Londra Heathrow pensavo alle possibili ripercussioni e alle numerose incertezze che potrebbero manifestarsi nel caso in cui il Regno Unito sceglierà di lasciare l’Unione Europea col referendum del 23 giugno. Abbiamo lasciato Stoccolma alle 21.20, il volo era pieno e non solo di uomini d’affari. Londra attira molte persone provenienti dal resto d’Europa, per affari, divertimento, shopping, sport e cultura. Sarà sempre così, al di fuori o all’interno dell’UE, ma non posso fare a meno di pensare che l’economia europea in generale sarebbe più forte se il Regno Unito restasse nell’Unione, con Londra come una delle città più importanti della regione.

Se il Regno Unito lascerà l’UE, nessuno sa quale potrebbe essere l’impatto effettivo sugli scambi e sui rapporti d’affari, sul fronte dei regolamenti internazionali, ma anche dei rapporti culturali e sociali del Paese con il continente. Molti stanno pensando a come coprire il rischio di una possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ma credo che si perda di vista il vero problema: un voto favorevole all’uscita dall’Unione provocherebbe un impatto globale sui mercati finanziari.

Persino qualche funzionario della Federal Reserve ha dichiarato che nella decisione di alzare o meno i tassi di interesse bisogna considerare che l’incontro della banca centrale americana avverrà il 15 giugno, a ridosso del referendum sulla Brexit. Le incertezze sugli accordi commerciali, sui flussi di investimento e sulle norme finanziarie potrebbero danneggiare sia il Regno Unito sia i suoi principali partner commerciali.

Nel contesto attuale di mercato, sono un po’ preoccupato che il rialzo degli strumenti più esposti al rischio iniziato dall’11 febbraio possa vacillare nelle prossime settimane, soprattutto nell’incertezza dell’esito del voto. I mercati azionari e obbligazionari hanno riportato ottime performance da febbraio, il segmento high yield negli Stati Uniti ha prodotto un rendimento complessivo del 12,5%, mentre gli indici azionari S&P 500 e DAX hanno guadagnato il 13,3%.

Nello scenario macroeconomico abbiamo assistito al rialzo del prezzo del petrolio e delle materie prime, all’indebolimento del dollaro e a un nuovo allentamento da parte delle banche centrali (anche se la Banca del Giappone di fatto non ha rispettato le attese il mese scorso, mentre la Federal Reserve è sempre in procinto di alzare i tassi). Non è cambiato invece il quadro generale per la crescita, mentre gli utili del 1° trimestre sono tutt’altro che disastrosi, non ci sono molti segnali che indicano un’accelerazione degli utili in futuro. I mercati azionari negli Stati Uniti scambiano su PE intorno a x14-15, mentre i mercati europei vanno a rilento a causa degli ostacoli strutturali per la crescita derivanti dalla politica fiscale e dal sistema bancario.

Nel confronto tra utili e rendimenti obbligazionari, le azioni offrono ancora più valore rispetto alle obbligazioni high grade. D’altra parte, il segmento high yield è più in linea col mercato azionario. Le obbligazioni investment grade e i titoli di stato faticano: le valutazioni risentono del Quantitative Easing e dei tassi di interesse sullo zero se non negativi. Questo implica inoltre che le obbligazioni high grade non rappresentano una copertura contro la possibile ondata di avversione al rischio provocata dal referendum nel Regno Unito, dalle rinnovate preoccupazioni sul piano di aiuti in Grecia, oltre alle prospettive di una maggiore chiusura degli Stati Uniti dopo le elezioni di novembre.

Esaminiamo i titoli del Tesoro USA trentennali. Il titolo di riferimento in questo momento ha un rendimento del 2,6%. Ma con una duration di circa 20 anni possiamo prevedere una certa volatilità del rendimento complessivo con questi strumenti in portafoglio. Dall’inizio dell’anno, il rendimento complessivo dei Treasury a lunga scadenza è oltre il 9,0%, in linea con un calo dei tassi di 40 p.b. circa. Dobbiamo considerare il vantaggio della diversificazione derivante dalla presenza in un portafoglio obbligazionario di strumenti a lungo termine. Dato che i rendimenti investment grade sono bassi e in molti casi i rendimenti dei titoli di stato europei sono negativi, è difficile che il mercato high grade riesca a compensare le caratteristiche più in linea con l’azionario del segmento high yield o del debito dei mercati emergenti. Ma i titoli del Tesoro trentennali offrono comunque una fonte di diversificazione.

Negli ultimi 3 anni abbiamo registrato una correlazione negativa tra il rendimento complessivo dell’indice dei Treasury a lunga scadenza e l’indice high yield negli Stati Uniti e una correlazione negativa tra il rendimento dei Treasury trentennali e gli spread high yield. Occorre mettere un attimo da parte il livello dei rendimenti quando si pensa a questo tipo di costruzione del portafoglio. Il rendimento attuale delle obbligazioni a lungo termine è del 2,6%, ovvero solo 40 p.b. più alto del minimo storico. Tuttavia, tornando su tali livelli, il prezzo aumenterebbe dell’8% circa, che equivarrebbe a un ampliamento di 200 p.b. degli spread high yield. Pertanto, in uno scenario in cui l’aumento dei rendimenti obbligazionari dipende dall’esposizione sugli spread di credito più interessanti, una posizione sulla duration nell’ambito di una struttura Barbell appare convincente.

Non è esattamente un portafoglio “controllato a distanza” e le dimensioni della copertura dipendono dalle prospettive sui tassi di interesse e dal possibile impatto sui rendimenti a lungo termine derivante da un rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, ma è interessante avere una forma di copertura contro la debolezza del credito. In questo momento non è chiaro se la Federal Reserve alzerà i tassi a giugno e certamente, finché la crescita del PIL nominale non migliora su scala globale, è prevedibile che i tassi resteranno bassi a lungo. Una prospettiva più ribassista sui tassi derivante da un miglioramento della crescita e delle prospettive inflazionistiche potrebbe portare a ridurre la copertura sulla duration in un portafoglio obbligazionario misto.

Il momento sembra ancora propizio per le obbligazioni dei mercati emergenti grazie al rimbalzo dei prezzi delle materie prime, all’indebolimento del dollaro e all’approccio più prudente della Federal Reserve. Gli spread sul debito dei mercati emergenti in valuta forte sono circa 400 punti base più alti rispetto ai Treasury, e finora i rendimenti sono stati robusti, intorno al 6% per i titoli sovrani. Recentemente ho avuto l’opportunità di recarmi in Sud America: l’atmosfera nel mondo bancario sembra positiva nonostante la crisi politica in Brasile.

Mi trovavo là quando l’Argentina è rientrata nei mercati obbligazionari internazionali dopo 14 anni e mi ha colpito l’approccio positivo con cui è stata accolta l’asta obbligazionaria e in genere il processo di riforme in corso nel paese. La presidenza Macri potrebbe essere un catalizzatore positivo anche per il Brasile che uscirà dalla presidenza Rousseff e dovrà affrontare riforme strutturali e il problema della corruzione che hanno messo in ginocchio l’economia brasiliana. Ora che anche il sentiment verso la Cina si è stabilizzato, nonostante i timori del rischio di insolvenza sul mercato obbligazionario onshore, i mercati emergenti registrano un rinnovato afflusso di investimenti. Considerata l’esposizione sul dollaro del mercato del debito in valuta forte e lo spread interessante, non ci sorprende che qualche investitore abbia iniziato a incrementare nuovamente le posizioni in questa categoria d’investimento.

Avvicinandoci all’estate, credo che sui mercati del reddito fisso occorra ridurre un po’ il rischio nel segmento high yield, considerata la robusta performance degli ultimi due mesi, incrementando l’esposizione nel debito dei mercati emergenti per un po’ e conservando in portafoglio obbligazioni indicizzate all’inflazione, con una duration più lunga sul rischio negli Stati Uniti come copertura.

Il rischio di credito non sembra particolarmente alto, a parte nel settore dell’energia, ma ci saranno ondate di avversione al rischio e volatilità in vista del voto nel Regno Unito e dell’incontro della Federal Reserve. Con questo non voglio dire che valga il detto “vendi a maggio e parti”, ma suggerirei un po’ più di cautela nei portafogli a reddito fisso, viste le robuste performance del credito nella prima parte dell’anno.

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