L’asset allocation mensile di Pictet Am

A cura di Pictet AM

Riduciamo a neutrale l’esposizione al mercato azionario e aumentiamo il peso della liquidità poiché la crescita economica è lenta e le previsioni riguardo alla politica monetaria USA restano incerte. Passiamo alla neutralità sui mercati azionari emergenti, considerato che la ripresa economica cinese sembra perdere slancio. Manteniamo un orientamento ciclico tramite le sovraponderazioni dei settori dei materiali e dei beni voluttuari. Restiamo sovraesposti a titoli di Stato e high yield statunitensi.

Peso azionario ridotto a neutrale visto l’aumento dei rischi.

A livello globale è in atto un rallentamento economico, in un periodo caratterizzato dall’instabilità politica in Europa e dai crescenti dubbi riguardo alle politiche monetarie di Stati Uniti e Cina. Tra i rischi che gli investitori devono affrontare segnaliamo il possibile inasprimento estivo dei tassi negli USA, la decelerazione economica cinese e il referendum del Regno Unito sulla Brexit. In tale contesto di volatilità, siamo passati dalla sovraponderazione a un’esposizione azionaria neutrale e abbiamo assunto una posizione di sovrappeso sulla liquidità. Passiamo dalla neutralità al sovrappeso dell’oro, un asset difensivo che tende ad andare bene in periodi di volatilità.

Manteniamo la sottoponderazione delle obbligazioni

Secondo i nostri indicatori del ciclo economico la crescita statunitense sta rallentando a causa dell’apprezzamento del dollaro, un freno alle esportazioni. Le vendite al dettaglio hanno registrato un rimbalzo ad aprile e anche il mercato residenziale è in ripresa: a maggio le vendite di nuove case hanno evidenziato il maggior rialzo mensile dal 1992. Prevediamo che i consumi si confermeranno il primo motore dell’espansione economica nei prossimi mesi, poiché i bassi prezzi dell’energia e il consolidamento del mercato del lavoro dovrebbero accrescere il potere di acquisto delle famiglie. Con questo non intendiamo dire che il rialzo dei tassi USA di quest’estate si verificherà sicuramente. Il verbale della riunione della Fed di aprile mostra che la maggior parte dei funzionari ritiene opportuno inasprire i tassi a giugno se i dati continueranno a indicare un miglioramento della crescita nel secondo trimestre. Tuttavia anche se la banca centrale è evidentemente propensa ad aumentare i tassi in tempi brevi, le tempistiche precise dipenderanno dalle pressioni inflazionistiche sul mercato del lavoro. L’eurozona sta attraversano un periodo di modesta ripresa economica grazie agli stimoli monetari della BCE. La Germania si dimostra particolarmente robusta e nel primo trimestre ha più che raddoppiato il tasso di crescita grazie a livelli minimi di disoccupazione, tassi di interesse bassi e stipendi più alti, con un conseguente aumento della spesa delle famiglie. La previsione per gli altri Paesi dell’area euro è più incerta poiché la domanda estera resterà probabilmente modesta e i sondaggi fra consumatori e imprese indicano che la spesa personale e l’attività industriale potrebbero rallentare.

Nel corso del mese la crescita economica del Giappone è peggiorata ulteriormente a causa della domanda interna ed estera, entrambe scarse. Mentre la terza economia mondiale è riuscita a evitare la recessione nel primo trimestre, la previsione per gli investimenti tecnici e la spesa al consumo è scoraggiante, malgrado gli sforzi della BoJ di stimolare la crescita attraverso tassi di interesse negativi e ampi programmi di acquisto di asset. Il primo ministro Shinzo Abe ha annunciato un budget supplementare per aiutare la ricostruzione dopo il recente terremoto. Riteniamo tuttavia che al Giappone serva una politica coordinata di stimoli fiscali e monetari per far ripartire l’economia, dato che misure poco incisive rischiano invece di destabilizzarla. In Cina l’attività economia è in calo dopo un buon periodo tra gennaio e marzo. Ad aprile la crescita del credito ha rallentato in seguito agli sforzi delle autorità di evitare una bolla alla luce dell’espansione record delle attività di prestito, mentre la spesa al consumo e la produzione industriale sono cresciute a un ritmo più lento. Nel resto dei mercati emergenti la crescita migliora, nel complesso. Le minori pressioni inflazionistiche potrebbero spingere alcune banche centrali a invertire la politica monetaria restrittiva o tagliare i tassi di interesse per sostenere la propria economia. I nostri indicatori di liquidità, positivi negli ultimi tre mesi, sono entrati in territorio neutrale.

A livello globale il drenaggio di liquidità è stato causato dalle maggiori aspettative di un rialzo dei tassi da parte della Fed nei prossimi mesi, dall’aumento costante delle pressioni inflazionistiche negli USA e dai controlli più severi della Cina al fine di limitare i deflussi di capitale. In base ai nostri segnali di valutazione i titoli azionari si confermano più interessanti di quelli obbligazionari.

Rimane però un’ampia dispersione regionale e settoriale. I titoli USA sono onerosi rispetto alle controparti dei Paesi sviluppati ed emergenti. Il rapporto prezzo/ utili dei titoli USA a 12 mesi si attesta a 17, un 20% oltre il dato suggerito dal nostro modello di fair value. Inoltre, il divario tra la redditività delle società statunitensi ed europee ha raggiunto i massimi mai registrati. A nostro parere questo significa che il ciclo degli utili aziendali USA è in fase di sviluppo e che i profitti delle società europee potrebbero presto recuperare terreno.

Se nel complesso la crescita degli utili societari resta scarsa, i risultati aziendali trimestrali hanno ampiamente superato le aspettative in gran parte del mondo, a eccezione del Giappone. I nostri indicatori tecnici suggeriscono di assumere un posizionamento neutrale sulle asset class più rischiose. I titoli ciclici non sono riusciti a proseguire il recente rally; questo dimostra che le azioni non convincono gli investitori. Nel frattempo, il rapporto put/call (volume di opzioni put diviso volume di opzioni call) mostra un aumento della domanda di strumenti di protezione a fronte della flessione dei mercati. Un altro motivo per rimanere cauti sulle azioni è rappresentato dai fattori stagionali: è dimostrato che le asset class rischiose raramente registrano buone performance nei mesi estivi.

Siamo passati alla neutralità sui mercati emergenti e confermiamo il sovrappeso di Europa e Giappone Per quanto riguarda l’allocazione azionaria regionale abbiamo ridotto a neutrale l’esposizione ai mercati emergenti per via dei timori circa la breve durata della recente ripresa dell’economia cinese. I nostri indicatori anticipatori mostrano una decelerazione dell’economia in Cina (si veda grafico), un dato decisamente allarmante se si pensa che il rallentamento si verifica in un momento in cui le autorità stanno drenando parte della liquidità offerta nei mesi scorsi. In aprile i tassi di crescita annui di vendite al dettaglio e produzione industriale hanno subito una netta flessione, passando rispettivamente dal 9,7% al 9,3% e dal 6,8% al 6%. Anche gli investimenti nel settore manifatturiero sono diminuiti e attualmente crescono a un ritmo del 6% annuo. Ci sono anche altre ragioni per cui investire nell’azionario emergente non è più così vantaggioso. L’attrattiva dell’asset class era dovuta alla debolezza del dollaro USA, che sostiene le commodity e contribuisce a ridurre i costi di servizio del debito per le società, nonché alle valutazioni allettanti. Nonostante le piazze emergenti appaiano ancora convenienti rispetto ad altri mercati azionari – in base al rapporto prezzo/utili i titoli presentano uno sconto del 25% rispetto all’indice MSCI World – le speculazioni circa un inasprimento dei tassi da parte della Fed già il mese prossimo hanno causato un apprezzamento del dollaro. Al contempo, i recenti cambiamenti nel posizionamento degli investitori suggeriscono che le possibilità di ulteriori guadagni sulle piazze emergenti sono limitate. Il rally dell’ultimo periodo è stato accompagnato da un’impennata delle sottoscrizioni da parte di investitori esteri: solo il mese scorso si sono registrati flussi in entrata per USD 26 miliardi. È improbabile che in estate l’afflusso di capitali si mantenga su questi livelli.

Tra le aree avanzate, Europa e Giappone si confermano i nostri mercati azionari preferiti dato che in entrambe le regioni la politica monetaria ultraaccomodante dovrebbe sostenere la congiuntura e gli utili aziendali. In base ai nostri indicatori, nel prossimo futuro in Europa la crescita potrebbe rallentare; tuttavia, i dati si sono mantenuti nel complesso incoraggianti. Il Citigroup Economic Surprise Index per l’Europa, che misura di quanto i dati abbiano superato le aspettative di consensus, è tornato in territorio positivo per la prima volta da gennaio. Per contro, negli Stati Uniti tale parametro si trova ai minimi da fine febbraio. Nonostante una crescita degli utili modesta a livello globale, una serie di fattori fa sì che le aziende europee e giapponesi siano meglio posizionate per beneficiare di una ripresa dei profitti. In queste due regioni le pressioni sui margini sono meno accentuate che negli USA, dove i margini sono a livelli record. Ormai da diversi anni gli utili delle società dell’Area Euro sono inferiori a quelli delle controparti statunitensi, per cui è altamente probabile che le aziende della regione riescano a recuperare terreno. Dal 2008, Infatti, le società europee hanno conseguito utili del 60% inferiori a quelli delle aziende USA in valuta locale.

In Giappone, la riforma delle società sta dando buoni frutti: 282 società quotate sulla borsa di Tokyo hanno annunciato piani per il riacquisto di azioni da 36 mi l iardi di dollari totali. A nostro parere tale trend dovrebbe continuare, a vantaggio degli azionisti. Nelle ultime settimane le piazze giapponesi ed europee hanno sottoperformato quelle statunitensi e attualmente presentano valutazioni molto scontate. A livello settoriale, continuiamo a preferire i titoli ciclici e convenienti come quelli delle società attive nel campo dei beni voluttuari e della tecnologia, che dovrebbero beneficiare di un aumento della spesa al consumo. Anche le società del settore delle telecomunicazioni si distinguono per valutazioni molto interessanti. Il settore, inoltre, trarrà probabilmente vantaggio dal consolidamento e dall’attenuazione delle pressioni normative. I beni di prima necessità, per contro, presentano valutazioni onerose e le società esposte ai mercati emergenti potrebbero essere penalizzate dal rallentamento congiunturale nella regione. Anche le utility sono poco interessanti; oltre a essere soggetti a una maggiore regolamentazione, infatti, questi titoli difensivi, con caratteristiche simili alle obbligazioni, tendono a risentire in maniera eccessiva dell’aumento dei tassi di interesse.

Manteniamo la sovraesposizione ai titoli di Stato USA
E’ bastato poco perché le obbligazioni dei Paesi avanzati iniziassero a scontare un inasprimento dei tassi USA in estate e dopo la pubblicazione del verbale della riunione di aprile della Fed i contratti futures statunitensi riflettono una probabilità di rialzo di oltre il 50%. Secondo noi, tuttavia, la probabilità di un aumento dei tassi nei prossimi due mesi è leggermente inferiore a quanto indicato dai rendimenti dei bond USA. In giugno la Fed dovrebbe mantenere un atteggiamento attendista in vista del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’UE, mentre i dati economici statunitensi – migliorati dall’ultimo rialzo dei tassi in dicembre ma ancora non del tutto convincenti – non giustificano un inasprimento della politica monetaria nell’immediato. Per tale ragione, abbiamo deciso di incrementare la duration del nostro portafoglio fixed income, ampliando l’esposizione alle obbligazioni governative statunitensi a lunga scadenza, i cui rendimenti, a nostro parere, sono saliti a livelli eccessivi. Confermiamo la sovraesposizione ai buoni del Tesoro USA e il sottopeso dei titoli di Stato dell’eurozona. Il divario tra i rendimenti delle due asset class, pari a circa 170 punti base – meno di 20pb dal picco raggiunto nel maggio dello scorso anno – è difficile da giustificare visto che al momento l’espansione delle economie di eurozona e Stati Uniti procede a un ritmo praticamente analogo in termini nominali. Sul mercato corporate, ci sembra che il debito statunitense investment grade inizi a beneficiare di alcuni fattori tecnici e stagionali. La storia dimostra che nei mesi estivi l’asset class tende ad andare meglio rispetto ai titoli più rischiosi e gli indicatori da noi monitorati suggeriscono che quest’anno non farà eccezione. Di conseguenza, abbiamo alzato a neutrale l’esposizione alle obbligazioni investment grade e ridotto il sovrappeso del debito high yield USA. Anche i bond emergenti in dollari sono interessanti. Da un punto di vista tecnico, il quadro è particolarmente positivo dato che di recente il volume di rimborsi e pagamenti di cedole ha superato quello delle nuove emissioni di debito emergente. Da aprile, l’offerta netta di titoli di Stato dei Paesi in via di sviluppo è negativa. Per di più, gli spread offerti dai bond emergenti in dollari si aggirano intorno ai 420pb, circa 60pb al di sopra della media quinquennale. Manteniamo invece un posizionamento neutrale sul debito emergente in valuta locale. Nonostante l’asset class offra rendimenti nettamente maggiori rispetto ai titoli dei Paesi avanzati, crediamo che le valute emergenti potrebbero essere soggette a nuova volatilità in vista delle prossime due riunioni per la fissazione dei tassi negli USA.

 
 
 

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