Da qualche settimana a questa parte, va crescendo di tono il dibattito riguardo all’efficacia delle politiche monetarie non ortodosse da anni implementate per sostenere la crescita congiunturale e scongiurare un pernicioso avvitamento deflazionistico. Eppure, come ha ricordato la scorsa settimana il vice della BCE Vítor Constâncio, l’arsenale a disposizione delle banche centrali è tutt’altro che vicino all’esaurimento. Cerchiamo di analizzare le opzioni a disposizione.
Soltanto fino a due anni fa – ancora di questi tempi – sembrava impossibile che la BCE lanciasse un programma di QE. Il programma è stato poi avviato, come tutti sappiamo. Fino a due mesi fa, pochi avrebbero scommesso che la BCE avrebbe inserito nel novero degli acquisti QE anche le obbligazioni corporate: eppure, da questo giugno questa finora improbabile opzione diventerà realtà. Cosa vuol dire tutto questo? Semplicemente, a nostro avviso, che le banche centrali sono ben lontane da aver esaurito le proprie cartucce. Detto questo, ovviamente, cosa eventualmente decideranno di fare dipenderà dall’andamento della congiuntura: avere la possibilità di utilizzare strumenti “non convenzionali” non implica il loro utilizzo a breve, ovviamente.
In questo approfondimento, vogliamo parlare di finanziamento monetario, a volte definito “Helicopter money“, la politica più espansiva e controversa a disposizione delle banche centrali, non prima di aver affrontato le altre opzioni a disposizione in tema di strumenti monetari non ortodossi.
Sono quattro le opzioni disponibili:
1 QE abbinato allo stimolo fiscale. Questa è la misura meno aggressiva o – in altri termini – meno “unconventional“. Di fatto è ciò a cui assistiamo da anni, ovvero le banche centrali acquistano titoli governativi in modo da comprimere verso il basso la curva dei rendimenti e – conseguentemente – rendendo il servizio del debito meno oneroso, consentono ai governi di allentare la pressione fiscale. Si tratta di un supporto revocabile in ogni momento e,in tal caso, l’attivo e il passivo delle banhe centrali aumenta parallelamente.
2 Trasferimento di liquidità ai governi. Simile all’opzione 1 ma il debito governativo non redimibile e l’espanzione della base monetaria è permanente. Si tratta di un vero e proprio cash transfer dalla banca centrale al governo a fronte dell’emissione di perpetuity bonds a tasso nullo. Di conseguenza, la banca centrale registra una perdita contabile a fronte di un tasso nullo e se i tassi dovessero aumentare dovrà riconoscerne uno positivo sui depositi delle riserve in eccesso delle banche.
3 Haircut sul debito governativo in bilancio alle banche centrali. In tal caso, la banca centrale cancella il debito detenuto in un’operazione di one-off contabile che ha il vantaggio, come in taluni casi del passato, di non scatenare il credit event legato ai CDS e ciò quindi non determina alcun vantaggio per i creditori del settore privato. Contabilmente, la banca centrale registra una perdita netta.
4 Cash transfer ai risparmiatori/operatori (Helicopter money). La forma più radicale di intervento monetario; ovvero si tratta di un vero e proprio accredito di liquidità sui conti correnti di imprese e famiglie. La liquidità in tale forma costituirebbe una passività per il bilancio dell’istituto di emissione e ove non bilanciata da acquisto di asset, comporterebbe – contabilmente – un impatto sul capitale della banca centrale.
Storicamente, vi sono stati diversi episodi di cd.”monetary financing“, in particolar modo durante i periodi post bellici che rendevano assai difficili le politiche di imposizione fiscale, vedi ad esempio la fase di iperinflazione negli anni 20 in Germania; anche gli USA hanno sperimentato qualcosa di simile durante gli ultimi accadimenti post II Guerra Mondiale che culminarono con l’accordo Truman-Fed per porre un freno alla spirale inflazionistica che raggiunse il 21% nel 1951 in funzione dell’allargamento pressoché incontrollato della base monetaria.
Monetizzazione del debito o helicopter money sono definizioni non a tutti gli osservatori più oltranzisti gradite per far riferimento, appunto, al monetary financing che – quindi – non rappresenta una assoluta novità ma una concreta eventualità, recentissimamente analizzata da tre economisti di Deutsche Bank, i quali in un approfondito paper ne hanno tratteggiato i caratteri portanti ed evidenziato le implicazioni economiche ad ampio raggio.
Le implicazioni per i mercati finanziari:
Mercato obbligazionario: I tassi di mercato dovrebbero aumentare con un movimento di bear steepening; il mercato ove ritenesse la manovra sufficientemente efficace e l’azione della banca centrale incisiva porterebbe in alto la curva dei tassi.
Di fatto, la prevedibilità dell’azione della banca centrale aumenterebbe a vantaggio della diminuzione della volatilità così come il credit risk si contratterebbe via migliori condizioni monetarie e maggior capacità di onorare il debito.
Mercato azionario: In presumibile rialzo ma condizionato dall’equilibrio tra aumento delle aspettative di crescita e più alti tassi ai quali parametrare il livello futuro degli utili.
Mercato dei cambi: Ad un iniziale indebolimento, dovrebbe far seguito un recupero del corso della divisa; anche in quest’ambito, la direzione del cambio dipenderà dall’andamento dei tassi reali, principali attori in tal senso.
Se l’esperienza giapponese di parziale esaurimento dell’efficacia della politica monetaria, significa che i tempi sono maturi per ulteriori interventi che riprendano ed attuino quanto sopra, è qualcosa che vedremo anche in relazione al dibattito politici che ne seguira’.
Per la cronaca, lo statuto della BCE non vieta esplicitamente il “monetary financing”…