Focus sugli Emergenti: come stanno i Bric?

A cura di Raiffeisen Capital Management
I mercati azionari dei paesi emergenti si sono stabilizzati a febbraio e da metà mese avevano iniziato una netta ripresa che si è notevolmente rafforzata durante i primi giorni di marzo. Un aiuto è giunto sia dall’aumento dei prezzi delle materie prime sia dalla crescente convinzione degli operatori di mercato che la banca centrale USA probabilmente per ora si asterrà da ulteriori rialzi dei tassi d’interesse. Quest’ultima potrebbe, tuttavia, rivelarsi anche una interpretazione errata, perché i recenti dati congiunturali negli USA stanno più che altro aumentando la pressione sulla banca centrale per alzare i tassi d’interesse. Contrariamente ai mercati azionari sviluppati, almeno a febbraio l’MSCI Emerging Markets non aveva più fatto segnare nuovi minimi, ma è rimasto decisamente sopra i corsi minimi di gennaio. Questo riflette l’eventuale inizio di una forza relativa dei mercati dei paesi emergenti e ciò a sua volta sarebbe un segno molto positivo per le prossime settimane e mesi.
L’atteggiamento degli investitori internazionali nei confronti dei mercati emergenti è stato molto negativo all’inizio dell’anno, e anche questo aumenta le possibilità di una forte ripresa dei corsi – almeno nel breve periodo. Il diffuso scetticismo e il marcato pessimismo della maggior parte degli investitori hanno, inoltre, significativamente contribuito affinché le valutazioni delle azioni degli Emerging Markets siano così interessanti come in pochi altri momenti negli ultimi due, tre decenni. Il loro rapporto medio prezzo-utile degli ultimi 10 anni è di circa 10-11. Negli ultimi 25 anni è sceso sotto quota 10 solo sei volte e in ognuno di questi casi nei cinque anni successivi avevano fatto seguito marcati rialzi dei corsi di ben oltre il 100% cumulativamente.
Naturalmente da ciò non si possono dedurre previsioni future, dato che l’economia mondiale e il contesto finanziario negli ultimi decenni hanno subito notevoli cambiamenti. Illustra comunque che le azioni dei paesi emergenti potrebbero avere un potenziale in termini di quotazioni abbastanza elevato, se la situazione fondamentale e la percezione degli investitori dovessero cambiare in positivo. La parola chiave è naturalmente “quando”.
Oggi come oggi, le possibilità di un tale miglioramento nei prossimi trimestri sono abbastanza buone. Se, tuttavia, l’economia mondiale dovesse, contrariamente alle aspettative, rallentare ancora significativamente e addirittura scivolare in una recessione, sarà molto difficile un rialzo dei corsi azionari nei paesi emergenti. Comunque, è possibile che anche in tal caso tengano meglio, in termini relativi, dei mercati sviluppati, nettamente più cari. Dopo oltre cinque anni di performance inferiori alla media sarebbe senz’altro giunto il momento di una riscossa.
Le basse valutazioni azionarie in molti paesi emergenti rispecchiano naturalmente la redditività in calo delle imprese in tali paesi e il tasso di crescita ridotto. Allo stesso tempo, riflettono, però, anche aspettative molto negative. Scontano un’ulteriore riduzione della crescita e degli utili e potenziali nuovi problemi provenienti da/in Cina, così come nuove svalutazioni valutarie. Proprio riguardo a queste ultime è, però, già successo molto negli ultimi anni e dal punto di vista odierno dovremmo aver superato la stragrande maggioranza dei riallineamenti valutari.
Di conseguenza, i saldi delle partite correnti di numerosi paesi emergenti sono già notevolmente migliorati. In breve, le azioni EM potrebbero avere un andamento molto positivo nei prossimi 5-10 anni in base alle valutazioni favorevoli che hanno ottenuto nel frattempo. Tuttavia, in base a questa informazione non è possibile fare alcuna previsione per i prossimi mesi e naturalmente sono sempre possibili nuove battute d’arresto.
Cina. Al momento in Cina tutti gli sguardi sono rivolti alla riunione dell’Assemblea Nazionale del Popolo attualmente in corso. Il premier Li Keqiang ha indicato un obiettivo di crescita del 6,5-7% per quest‘anno. Il focus nei prossimi anni sarà posto tra l’altro su innovazione, rafforzamento dei settori tecnologici chiave, tecnologie verdi e altre aperture graduali dell’economia e dei mercati finanziari. L’obiettivo è di fare dello yuan una delle valute di riserva più importanti a livello mondiale. Il governo cinese riconosce che le sfide per l’economia cinese aumentano, tuttavia, non prevede ancora nessuna grave recessione economica e rimane convinto di avere sostanzialmente tutto sotto controllo.
È stato inoltre nuovamente negata con vigore la necessità di una forte svalutazione dello yuan. Per ora non sono state annunciate nuove misure di ampia portata a sostegno della congiuntura e queste non sono nemmeno previste. La banca centrale ha, però, tagliato di nuovo le riserve minime obbligatorie per le banche. Rimane da vedere quanto velocemente e in quale misura il governo cinese riuscirà effettivamente a procedere con le riforme pianificate. L’agenzia di rating Moody’s ha enormi dubbi proprio a questo riguardo e per questo ha tagliato l’outlook della Cina a “negativo”.
Un primo vero test potrebbero essere le previste chiusure delle sovracapacità nella produzione di acciaio, carbonio e cemento. Diverse migliaia di posti di lavoro andrebbero così persi e il tema importante è se e dove possa essere creato un corrispondente numero di nuovi posti di lavoro. Perché senza alternative di lavoro si rischiano gravi disordini e tensioni sociali che il governo di Pechino vorrebbe naturalmente evitare a tutti i costi. A questo proposito è di poco aiuto l’andamento dell’inflazione, perché mentre i prezzi di produzione continuano il loro trend deflazionistico, aumentano significativamente i prezzi dei generi alimentari.
Le recenti cifre relative alle esportazioni e importazioni sono state sorprendentemente deboli con forti cali percentuali a due cifre. Visto che queste cifre hanno subito, però, notevoli distorsioni a causa di effetti speciali e del netto calo dei prezzi delle materie prime, non dovrebbero essere ancora sopravvalutate ed è opportuno aspettare i dati dei mesi prossimi. Nemmeno a febbraio è stato possibile fermare completamente il trend al ribasso delle borse cinesi, ma esso è comunque rallentato. Con quasi il 2%, le perdite delle azioni quotate sul continente (azioni A) sono risultate molto contenute. Le azioni H di Hong Kong sono calate del 4% circa e temporaneamente avevano segnato un nuovo minimo degli ultimi sei anni.
India. La crescita economica dell’India è scesa leggermente al 7,3% p.a. nel terzo trimestre 2015/2016; l’autorità statistica prevede comunque una ripresa al 7,6% per l’intero anno. La produzione di beni di capitale rimane, tuttavia, in netto calo, mentre quella dei beni di consumo è in forte espansione. I prezzi al consumo sono rimasti praticamente stabili, i prezzi all’ingrosso, tuttavia, hanno segnalato un ribasso per la 15esima volta consecutiva. Rispetto a dicembre il deficit commerciale si è ridotto significativamente grazie al calo delle importazioni di petrolio. Nei prossimi 10-20 anni la dipendenza dal petrolio dell’India dovrebbe comunque rapidamente aumentare ancora di più se i programmi economici ambiziosi del governo Modi dovessero essere implementati.
Tenuto conto dei bassi prezzi del petrolio, al momento ciò non rappresenta un problema, ma è estremamente poco probabile che questi bassi prezzi continueranno nei prossimi decenni. Il bilancio preventivo per il 2016/2017 prevede la continuazione del percorso di risanamento fiscale e mira a una riduzione del disavanzo di bilancio al 3,9% (2016) e 3,6% (2017). Si vuole migliorare la situazione reddituale della popolazione in particolare nelle zone rurali, sia tramite investimenti nei sistemi di irrigazione sia tramite il sostegno attivo al mercato del lavoro. Il mercato azionario indiano ha deluso a febbraio e con un ribasso del 7,5% è stato uno dei più deboli. Hanno ceduto in modo significativo soprattutto le banche, le utility e i titoli immobiliari.
Brasile. Il risultato economico del Brasile ha subito una contrazione del 3,8% circa nel 2015 e quindi ancora di più di quanto temuto. I recenti dati dimostrano inoltre che il settore aziendale privato al momento si sta restringendo a tempi di record. Intanto, per l’anno in corso si prevede un netto calo dell’economia quasi come nel 2015. Di conseguenza, il Brasile potrebbe addirittua soddisfare i criteri di una depressione economica. Il sistema bancario sembra essere sufficientemente solido per sostenere i prevedibili default dei crediti, ma in compenso si potrebbe limitare la concessione di nuovi crediti, cosa che rappresenterebbe un ulteriore problema per la congiuntura.
Dopo la presidente Rousseff, ora è finito al centro di indagini sulla corruzione anche il suo predecessore Lula da Silva. Rousseff, a sua volta, sta affrontando un procedimento di impeachment in cui è accusata, tra l’altro, di aver finanziato in parte in modo illegale la sua campagna elettorale e di aver utilizzato illegalmente i soldi delle banche statali per così minimizzare artificialmente il deficit di bilancio.
Russia. A gennaio l’economia russa ha tenuto evidentemente meglio di quanto previsto, sia la produzione industriale sia le vendite al dettaglio sono calate meno delle attese. Inflazione e tasso di disoccupazione sono diminuiti; il forte calo dell’inflazione è da ricondurre in particolare agli effetti statistici di base. Il rublo ha tratto relativamente poco vantaggio dalla ripresa dei prezzi del greggio. Per il clima sul mercato azionario e i nervi tesi di chi pianifica i bilanci, il netto rialzo delle quotazioni del petrolio è stato, però, senza dubbio uno sviluppo positivo. Nel conflitto relativo all’Ucraina orientale finora non è stato conseguito ancora nessun vero progresso. Per ora Kiev non ha implementanto nessuna delle sue promesse politiche nel quadro dell’accordo di Minsk-2. Non ha, però, nessun incentivo in tal senso, perché finché non si registreranno progressi in merito, l’occidente prolungherà le sanzioni contro la Russia. Indipendentemente da ciò, il governo di Kiev intanto è vicino alla paralisi e la situazione politica interna in Ucraina rischia di inasprirsi di nuovo. Anche questo non aiuta a rendere più probabile una soluzione del conflitto nei prossimi mesi.
 

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!