Prosegue il trend di crescita autodistruttiva del greggio

A cura di Ole Hansen, Head of Commodity Strategy  Saxo Bank
La ripresa delle commodity prosegue per la terza settimana consecutiva con il Bloomberg Commodity Index che ha raggiunto i massimi degli ultimi tre mesi. La correlazione negativa tra USD e materie prime ha dato al settore una generale spinta, in seguito alla riunione sorprendentemente dovish del Federal Open Market Committee di mercoledì scorso. L’abbassamento delle aspettative circa il rialzo dei tassi d’interesse per il 2016, scese da quattro a due, ha spinto i rialzisti del dollaro a correre ai ripari, mentre si sono rallegrati gli investitori di materie prime.
Il greggio ha continuato a recuperare col rallentamento di produzione e scorte negli Stati Uniti che, combinato alle continue speranze di un vero e proprio congelamento della produzione, è stato sufficiente a spingere alla chiusura delle posizioni corte.
L’oro non ha raggiunto nuovi massimi, nonostante il FOMC si sia mostrato più dovish, e ciò rivela la necessità di un prolungato periodo di consolidamento, dopo aver registrato un rialzo del 18% dall’inizio dell’anno.
È stata invece una grande settimana per l’argento, che ha toccato il massimo degli ultimi cinque mesi, sovraperformando l’oro del 2%. Il metallo giallo ha ricevuto una spinta dall’indebolimento del dollaro, ma non essendo riuscito a raggiungere nuovi massimi per l’anno nemmeno in risposta al FOMC, rivela la necessità di un ulteriore consolidamento dei risultati prima di poter puntare a nuovi massimi.
Le preoccupazioni di una siccità nella regione americana della wheat belt (la cosiddetta “cintura del grano”) hanno indebolito il cereale (CBOT) nel corso della scorsa settimana. Il suo premio sul mais si è, infatti, riportato nell’estremità bassa del range attuale di 1,0-1,3$. Le vendite di mais si sono indebolite dopo il record di posizioni corte sul mercato dei futures.
Le grandi vincitrici della settimana sono state le soft commodity, non ultimo il caffè Arabica. Le condizioni di siccità in Brasile, Colombia e Vietnam sono note da settimane, ma solo ora questo potenziale fattore di riduzione dei raccolti inizia a essere preso in considerazione su larga scala. Dopo la rottura al di sopra della media mobile a 200 giorni, per la prima volta da dicembre 2014, il caffè ha registrato un forte balzo che ha il potenziale per invertire la tendenza al ribasso dell’anno passato.
La salita del greggio a rischio di autodistruzione.  Il WTI è tornato sopra i 40 $/b per la prima volta da inizio anno, supportato questa settimana da una tripla dose di notizie positive per i prezzi.
Il dollaro più debole ha supportato l’effetto della combinazione del rallentamento della produzione USA e dell’andamento delle scorte. Il tentativo fallito di un incontro il 20 marzo tra membri Opec e non-Opec è stato rilanciato per il 17 aprile a Doha: questa riunione potrebbe aprire la strada all’annuncio di un congelamento della produzione.
Poiché il prezzo è sceso al di sotto dei 30 $/b, i produttori sono sempre più propensi a intervenire, almeno verbalmente, in sostegno dei prezzi. In questo modo, sono stati in grado di guadagnare un po’ di tempo senza in realtà cambiare nulla.
I mercati petroliferi stanno in questo momento correndo contro il tempo, basandosi sulla convinzione che il prezzo si riprenderà. Il rallentamento della produzione USA e un continuo, sebbene lento, aumento della domanda sposteranno l’ago della bilancia. A questo punto, l’attenzione del mercato passerà, nel giro di pochi anni, da un eccesso a un deficit potenzialmente a supporto dei prezzi.
Un aumento molto al di sopra dei 40 $/b – come si è visto la settimana scorsa – ha spinto i produttori a coprirsi sul mercato dei futures: un chiaro segnale che i produttori statunitensi, tendenzialmente scoperti, sono disposti a bloccare prezzi a termine su livelli non lontani da quelli attuali. Un picco in questa fase comporta quindi il rischio di rovinare la strategia rialzista, in quanto il calo della produzione americana non può raggiungere le previsioni.
La combinazione del trend al rialzo e dell’ondata di coperture sul mercato a termine ha appiattito la curva forward del greggio. Con i prezzi a pronti che salgono più veloci di quelli a termine, il contango si è contratto sia sul Brent che sul WTI.
Cushing (Oklahoma), l’hub degli scambi per i futures sul WTI, ha visto le scorte variare in un range sostenibile: la loro crescita è attesa in calo nel corso delle prossime settimane, sebbene una reale riduzione non sia prevista fino al mese di aprile.
I money manager detenevano a fine settimana oltre 700 mln di barili tra WTI e Brent. Vediamo comunque un limite superiore per il rialzo, a causa del permanere del rischio d’inversione di alcuni dei fattori positivi che recentemente lo supportano, quali la riduzione della produzione USA. Vediamo, infatti, il rialzo del Brent limitato a 44 $/b, il ritracciamento di Fibonacci del 61,8% del calo ottobre-gennaio. Una rottura sotto i 38,3 $/b segnalerebbe una rinnovata debolezza verso i 35 $/b.
In seguito ad una salutare correzione in cui l’oro ha trovato sostegno a quota 1227 $/oz, il metallo giallo è tornato a salire, spinto dalla dichiarazione sorprendente dovish del FOMC. Eppure, nonostante le limitate proiezioni dei tassi d’interesse e l’indebolimento del dollaro, l’oro non è riuscito a toccare un nuovo massimo.
Una salita del 18% nell’ultimo anno, potrebbe indicare la necessità per l’oro di un periodo più lungo di consolidamento rispetto a quello visto finora, sostenuto dalla domanda di investitori delusi dalla montagna sempre crescente di Titoli di Stato che scambiano a rendimenti negativi.
Mentre il prezzo dell’oro si stabilizza l’interesse si sposta sull’argento che, solo poche settimane fa, ha raggiunto un minimo rispetto all’oro negli ultimi sette anni. Dopo aver raggiunto il 29 febbraio un rapporto di 84 once d’argento per una d’oro, ha ritracciato tornando a 78 a fine settimana: una sovraperformance settimanale del 3%.
Fino al 50% dell’argento estratto è un sottoprodotto derivante dall’estrazione di altri metalli industriali, dal rame allo zinco. Con la riduzione della produzione di entrambi i metalli, anche la produzione di argento dovrebbe diminuire. Il rapporto medio di lungo termine dell’argento sull’oro è di 60, lasciando quindi al metallo bianco ampia libertà di movimento.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!