Valute, materie prime, trimestrali Usa: cosa aspettarsi?

A cura di Stefano Gianti, Arnaud Masset e Yann Quelenn analisti di Swissquote
La situazione nuovamente intricata a livello geopolitico a seguito degli attentati a  Bruxelles ci impone una valutazione continua per capire quali potrebbero essere i rischi e quali le valute o le materie prime da guardare con attenzione, individuando dei temi di trading o comunque di interesse per gli investitori in quello che purtroppo sembrerebbe segnare l’inizio di un nuovo tunnel della paura sui mercati.
Cosa potrebbe succedere da qui alle prossime trimestrali USA?Analizzando a mente fredda le conseguenze sui mercati degli attacchi di ieri a Bruxelles, non si può non notare che tra i movimenti più marcati abbiamo certamente assistito alla debacle della sterlina inglese. Gli investitori hanno fatto una prova generale di ciò che potrebbe accadere in caso di Brexit, in quanto l’evento terroristico potrebbe agire implicitamente come possibile detonatore per un consenso più sostenuto al distacco dei britannici dall’Unione Europea. Le pressioni in vendita sulla valuta inglese potrebbero infatti venire esacerbate dalla pubblicazione di ulteriori dati negativi relativi all’andamento dell’economia.
Sicuramente le prossime trimestrali USA detteranno il trend dei mercati nelle settimane che verranno. La debolezza delle ultime trimestrali a stelle e strisce ha evidenziato una forte compressione degli utili aziendali e in molti casi abbiamo assistito a dei profit warning per quelle future. La paura è proprio che il prossimo ciclo possa confermare questi timori. Sull’azionario arriviamo dai primi due mesi dell’anno estremamente deboli, ed un recupero prossimo al 15% rispetto ai minimi di periodo. E’ estremamente interessante notare che il movimento al rialzo dello SPX500 è iniziato quando il rapporto prezzo/utili è tornato sotto 16.50. Questo pattern si è verificato per 4 volte di fila dal 2014.
Siamo convinti che lo stato di salute dell’economia a stelle e strisce in questo momento sia largamente sovrastimata: il debito Usa è imponente e il calo della disoccupazione è comunque controbilanciato da una minore partecipazione alla ricerca del lavoro. Per questo riteniamo che l’insicurezza legata all’occupazione degli americani sia un fattore che – per quanto non correttamente evidenziato dalle statistiche –  potrebbe manifestare i suoi effetti negativi in futuro, oltre al fatto che gli interventi massicci della Fed hanno semplicemente creato una crescita artificiale.
Gli ultimi commenti “rialzisti” di Charles Evans (membro votante della Fed di Chicago) non fanno che sostenere il dollaro contribuendo a tenere bassi i prezzi delle materie prime. In questo momento Russia e Cina in primis stanno comprando ingenti volumi di oro, esattamente come sta facendo anche la Fed, nel timore che questi Paesi possano smobilitare una quantità sempre maggiore di Treasuries americani nel prossimo futuro. Il rialzo dei tassi non dipenderà solo dal reale stato dell’economia americana ma anche dai fattori di rischio insiti nella mappa geopolitica mondiale. In questo momento e nel breve il dollaro continuerà a mantenersi forte nei confronti delle cosiddette commodity currencies come Canada e Australia.
In generale, sui mercati finanziari, siamo ancora in modalità risk on. Interessante notare che il Dollar Index ha già raggiunto un livello prossimo al minimo a 6 mesi, un elemento che potrebbe favorire un ulteriore allungo dei prezzi di molte materie prime nel brevissimo periodo.

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