Liquidità in continua crescita: quali conseguenze per il risparmio gestito?

A cura di Michaël Lok, Co-CEO Asset Management di Union Bancaire Privée

Le politiche monetarie accomodanti adottate dalle banche centrali, come quella del 2008 da parte della Federal Reserve, si sono rivelate delle soluzioni di lungo periodo, che hanno avuto un impatto significativo e strutturale sul settore del risparmio gestito.
Le conseguenze sono state molteplici e si sono verificate in due periodi differenti. Il primo è stato in un periodo di euforia, quando tutti gli asset finanziari erano stati riprezzati dopo la crisi del 2008. Persino la crisi sistemica dell’Eurozona nel 2011, che è stata complessa e senza precedenti, non ha messo un freno all’ondata di liquidità. Si è trattato di un momento eccezionale per le società di asset management e ne ha conseguito una rapida crescita per tutti i segmenti d’investimento, in particolar modo per il comparto obbligazionario.
Negli Stati Uniti, il patrimonio in gestione dei fondi obbligazionari (di tutte le categorie) è cresciuto del 151% dal 2007. Gli AuM dell’azionario hanno seguito lo stesso trend, supportati da una volatilità storicamente bassa. Anche il livello degli investimenti nel settore immobiliare è aumentato, a prescindere dalla loro qualità intrinseca, riportando un incremento del 145% negli asset relativi al real estate europeo.
Nello specifico, in Europa alcune tipologie di fondi hedge sono quelle che hanno beneficiato meno nell’ambito di questo movimento di riallocazione. Questi fondi sono stati incapaci di spiccare, a causa di un’assenza di dispersione, di situazioni particolari e di oscillazioni di mercato. La liquidità abbondante ha messo fine al loro dominio e alle loro posizioni di eccellenza, generate dalle forti performance ottenute durante la crisi dei primi anni duemila.
Il secondo periodo è cominciato nell’agosto del 2015, quando la fine della politica straordinaria da parte della Fed venne prima annunciata, poi anticipata dai mercati e infine realizzata. Accordi straordinari richiedono un’uscita straordinaria. I mercati hanno risposto violentemente a questo cambio di paradigma, così come avevano fatto quando la Banca centrale svizzera, a gennaio del 2015, ha slegato il franco dall’euro. Sebbene fondamentalmente prevedibile, la mossa della SNB ha sorpreso il mercato, causando un immediato calo del 15% nel prezzo delle azioni svizzere. La volatilità è così tornata sui mercati ed è stata amplificata da forti dubbi sul fatto che le politiche monetarie straordinarie, adottate recentemente, riuscissero ad avere realmente un impatto positivo. Sebbene i mercati non siano necessariamente entrati in una correzione sostenuta, l’evidente incremento in termini di rischio può nuovamente alterare il campo di gioco per le attività di asset management.
L’alto livello di liquidità ha spinto molti asset manager e in seguito anche gli investitori a spostare i portafogli verso asset più rischiosi, in particolar modo nel comparto obbligazionario, vista la ricerca di rendimento da parte degli investitori. I gestori azionari sono diventati più focalizzati sui titoli di compagnie in crescita, poiché cercano di trarre vantaggio dallo spostamento nei fondamentali in favore di questa tipologia di titoli.
Dal 2007, l’ammontare degli asset in investimenti focalizzati sulla crescita è cresciuto il doppio più velocemente di quello in investimenti focalizzati sul valore.
I gestori obbligazionari hanno diversificato investendo in aree che spesso sono meno liquide. In Europa, durante questo periodo, gli AuM delle obbligazioni High Yield sono cresciuti di oltre il 430% e quelli del debito dei Mercati Emergenti del 330%. Anche le strategie convertibili hanno visto forti flussi in entrata, registrando un incremento del 170%, grazie ai vantaggi legati alla loro convessità. La gamma dei fondi offerti è diventata pro-ciclica, così come le politiche monetarie.
Se il rischio di mercato dovesse continuare a crescere, potrebbe sottolineare la debolezza di un modello di business adottato dalle società di gestione del risparmio che, dal 2008, hanno gradualmente modificato la loro offerta per trarre vantaggio dall’abbondante liquidità. Il recente salto nel prezzo dell’oro, il più ampio dal 2011, è probabilmente un segnale del fatto che gli investitori stanno perdendo fede nelle soluzioni di investimento che adesso considerano troppo rischiose.
Con regolamenti più rigidi che rendono la situazione ancora più difficile, noi vediamo due possibili scenari. Il primo è quello in cui le politiche monetarie daranno finalmente una spinta sufficiente alla crescita macroeconomica, permettendo agli asset manager di continuare ad attrare denaro con la loro gamma di soluzioni pro-cicliche.  La seconda è meno positiva e rievoca la situazione giapponese. Gli stimoli monetari si dimostrano inefficaci, con una vera disconnessione tra la realtà economica debole e le posizioni dei fondi di investimento, che al momento sono eccessivamente pro-cicliche. Ciò richiederebbe alle società di gestione del risparmio di assumere un nuovo approccio e di modificare la propria gamma di soluzioni.

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