Il futuro del settore bancario in Europa e Gran Bretagna

A cura di Charles French, Head of Investment, Newton Investment Management (BNY Mellon)
“Incertezza, volatilità e nuove risposte fiscali e monetarie: saranno queste le principali conseguenze del referendum in Gran Bretagna. Quando il Paese avrà formalizzato la decisione di lasciare l’UE, attivando così l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, il futuro delle banche britanniche e della cornice normativa in cui operano dipenderà dall’esito di un lungo processo di negoziazioni. Lo scenario, che era già incerto e difficile per il settore bancario, lo diventerà ancor di più all’indomani del voto in favore del “Leave” e dell’incertezza che ne consegue.
Tipicamente, le valutazioni azionarie dei titoli finanziari reagiscono in maniera negativa al deteriorarsi delle condizioni economiche o a eventi politici estremi. Subito dopo il referendum, le banche britanniche hanno registrato andamenti deboli in Borsa – e così quelle europee, soprattutto nei mercati periferici. Questo rispecchia uno scenario in cui i bassi tassi d’interesse sottopongono a pressioni significative i flussi di fatturato del settore bancario ed erodono ulteriormente la profittabilità. Le banche hanno strutture di business grandi e articolate, e stentano ad adattarsi alle sfide del nuovo scenario emerso dopo la crisi finanziaria del 2008.
Alcuni istituti di credito hanno compiuto progressi in tal senso, soprattutto in Gran Bretagna, e versano in condizioni migliori rispetto a sei o sette anni fa. I bilanci sono più solidi e le strutture di finanziamento sono migliorate. Tuttavia, la Gran Bretagna può aspettarsi un periodo di ridotta crescita economica durante la fase di transizione politica, in cui le società e i consumatori saranno sempre più prudenti. Questo lascia presagire uno scenario operativo difficile per il settore bancario britannico.
La concentrazione e la polarizzazione del settore a Londra, centro finanziario dominante in Europa, si è andata affermando nell’arco di molti anni. Molte banche d’investimento hanno la maggior parte del proprio staff nella capitale inglese. Mi aspetto che questi business possano allontanarsi da Londra come conseguenza degli sviluppi politici, reindirizzandosi verso una Francia e una Germania più che disposte a sviluppare e potenziare i propri centri finanziari.
I membri dell’Eurozona hanno tollerato la concentrazione di business verso Londra, ma quando l’uscita dall’UE sarà formalizzata, c’è da aspettarsi che aumentino le pressioni per una migrazione verso Francoforte o Parigi, ad esempio. Allo stesso modo, le banche possono giungere autonomamente alla conclusione che, con la Gran Bretagna fuori dall’Unione, sia necessario reindirizzare operazioni e risorse verso Paesi membri dell’UE.
Per quanto concerne gli altri segmenti dei servizi finanziari, molto dipenderà dall’esito delle negoziazioni tra Gran Bretagna e UE, e se si arriverà ad applicare dei “passaporti” che permetteranno di mantenere l’accesso ai mercati europei. Al di là della futura uscita dell’Inghilterra dall’UE, gli investitori devono considerare anche altre sfide globali come il rallentamento della Cina o il tentativo del Giappone di liberarsi dalla deflazione.
I mercati finanziari sono stati supportati dalle politiche monetarie aggressive delle autorità, che non si sono dimostrate efficaci, aumentando invece vulnerabilità specifiche su alcuni settori. Per gli investitori, questo rinforza la necessità di operare una selezione rigorosa di società in grado di prosperare in tutte le condizioni di mercato”.

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