Robo-advisor vs consulenza tradizionale: ad ognuno il suo cliente

a cura di Thomas Schneider, Managing Director Sud Europa e Responsabile per l’Italia Russell Investments

Da tempo, anche nel nostro Paese, si parla molto di robo-advisory e del possibile impatto di queste piattaforme sul settore della consulenza finanziaria. Ma il robo-advisor non è niente di nuovo: due dei maggiori player negli Stati Uniti sono attivi dal 2008 e una delle società più note nel settore opera addirittura dal 1975. Nel Regno Unito qualche società sta iniziando a guardare con interesse a modelli di robo-advisory offrendo servizi di consulenza a basso costo: definizione del profilo e dell’obiettivo di investimento, offerta di un pacchetto di fondi appropriati al profilo di rischio, fine del lavoro. In maniera simile, le caratteristiche chiave di questi modelli di robo-advisory sono bassi costi (propongono essenzialmente ETF) e una tecnologia snella (che può essere una app sullo smartphone). Il servizio associato consiste di una newsletter mensile e dei factsheet dei fondi inseriti nel portafoglio del cliente.

Non denigro questi servizi, che sono molto buoni. Buoni abbastanza perché i consulenti “in carne e ossa” debbano prenderne nota. I clienti che non comprendono il valore della consulenza, ad esempio che la fee periodica non è un mero costo legato alla pura selezione degli investimenti, sono quelli più a rischio. Soprattutto se sono attirati dalla comunicazione roboante e da come vengono pubblicizzati questi modelli: “ribilanciamento gratis”, “nessun costo di transazione”, “nessuna commissione”. Ma, come qualcuno ha detto una volta: “il prezzo è ciò che si paga, il valore è quello che si ottiene.”

C’è certamente valore in ciò che i robo-advisor offrono – in particolare per le nuove generazioni per le quali avere una app che permette loro di controllare i propri investimenti, dare indicazioni e monitorare i progressi verso il proprio obiettivo di investimento è un importante punto a favore. Come fiero membro della prima generazione di cittadini digitali, che sono cresciuti in un mondo dove l’accesso immediato a quantità quasi illimitate di informazioni non è solo possibile, ma necessario, posso garantire che queste caratteristiche non sono affatto inutili.

Le mie parole potrebbero suonare ora come una campana a morte per la consulenza finanziaria fornita da una persona fisica piuttosto che da un algoritmo, ma vi assicuro che niente potrebbe essere più lontano dalla verità. La consulenza non consiste semplicemente nel seguire un percorso decisionale con l’esito predeterminato di investire denaro in un particolare tipo di ETF. Il consulente considera ogni aspetto della situazione finanziaria di un individuo e formula la propria consulenza di conseguenza, ad esempio può suggerire di pagare un mutuo in anticipo, stipulare un’assicurazione sulla vita, una copertura in caso di malattie gravi o redigere un testamento, piuttosto che investire in un fondo.

Quindi, non ci dovrebbe essere alcun dubbio sul fatto che la concorrenza è in arrivo, né sul fatto che ciò che ha avuto un successo eccezionale in mercati come gli Stati Uniti arriverà anche in altri paesi. Tuttavia, sono fiducioso che i due modelli (consulenza finanziaria tradizionale e robo-advisory) si spartiranno i clienti in modo efficiente. Vale a dire, coloro che apprezzano e sono disposti a pagare per la consulenza finanziaria lo faranno, mentre coloro che sono alla ricerca di una piattaforma di investimento economica si rivolgeranno invece alle macchine.

A tale tematica, sarà dedicata la conferenza di Russell Investments in occasione del Salone del Risparmio. Adattare i modelli di servizio in funzione del profilo della clientela: dal robot advisor al consulente finanziario Giovedì 7 aprile 2016 – Ore 11,45/12,45 Sala Blue2

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